mercoledì 11 marzo 2009

«Tra i duemila bimbi che ho aiutato a nascere ne manca uno: il mio»

Corriere della Sera - 9 marzo 2009

Novella Esposito, ostetrica senza figli. Nel '93 fu la prima in Italia a sperimentare l'utero in affitto. Con la madre

SALERNO - Il bimbo che non ha mai avuto Novella Esposito lo fa nascere ogni giorno. Una, due, tre volte... il suo lavoro di ostetrica dà vita ma anche felicità. Quella stessa felicità che quindici anni fa Novella cercò di afferrare con un esperimento che in tanti definirono «contronatura». Fu lei a uscire su tutti i giornali italiani, e non solo, per essersi sottoposta ad una fecondazione in vitro extracorporea che prima di allora aveva solo tre precedenti nel mondo: negli Stati Uniti, in Sud Africa e in Francia. I suoi ovociti, fecondati dal liquido seminale del marito, furono trasferiti nell'utero della madre, Regina Bianchi, che a 42 anni rischiò di diventare la prima mamma-nonna d'Italia.

Poi cosa accadde, Novella?
«Il tentativo purtroppo non andò bene, a mia madre vennero le mestruazioni e lo sconforto fu grande. Ma non ci rassegnammo e provammo ancora. Alla fine ho avuto due gravidanze e due aborti spontanei».

Prima però lei era rimasta incinta in modo naturale.
«A ventitrè anni, portai avanti la gravidanza per nove mesi. Tutto normale e poi, al momento del parto, un distacco di placenta all'improvviso e persi il bambino, anzi la bambina ».

A chi venne l'idea dell'utero in affitto?
«A mia madre che ha una forza d'animo che fa paura. L'utero, diceva, non è un organo vitale, come un polmone, un rene. Serve solo come contenitore per la gravidanza. E poi, aggiungeva, sono tanti i genitori che donano ai propri figli un rene o un occhio. Io dono a mia figlia l'utero».

All'epoca la pressione mediatica fu impressionante. E finiste sotto accusa...
«Partecipai due volte a «Porta a porta», fummo attaccate da monsignor Ersilio Tonini e dal presidente del comitato di bioetica, dicevano che facevamo qualcosa di innaturale. La Prestigiacomo invece mi accusò di desiderare un clone di me stessa».

Non era qualcosa di innaturale?
«E perchè? Non è il parto che fa una madre, i figli sono di chi li cresce. Al fratello di mia madre è morta la moglie di parto, dodici anni fa. Ebbene, la figlia è stata cresciuta da mia madre che lei chiama mamma pur sapendo che è la zia. I bambini sono intelligenti, le cose basta spiegargliele».

Dopo i quattro tentativi andati male cosa è successo?
«Mi ero stancata e ho rinunciato. Però non mi piango addosso, vuol dire che così doveva andare. Ora preferisco crescere i miei nipoti».

Non ha mai pensato all'adozione?
«Iniziammo le pratiche ma ci perdemmo per strada. Percorso troppo irto di ostacoli. Sono tanti i bambini negli istituti ma pochissimi gli adottabili, è una cosa che non ho mai capito».

Quanti bambini ha aiutato a nascere?
«Lavoro alla Salus di Battipaglia dal 1993, facendo un po' di conti credo almeno duemila ».

Ricorda il parto più bello?
«Quello di una ragazza di 23 anni, di Nocera: fece un travaglio di dodici ore e quando nacque il figlio era così felice che mi disse: il prossimo anno ne faccio un altro. E l'ha fatto!».

E il parto più brutto?
«Quello spontaneo di un bambino di quasi cinque chili: rischiammo che il neonato restasse incastrato, ebbi paura».

Si muore ancora di parto?
«Disgraziatamente sì. Si sente di meno, però purtroppo succede ancora».

È cambiato negli anni il mestiere di ostetrica?
«Le nuove generazioni lo fanno come se fosse un posto di lavoro, con minore professionalità. Non hanno la concezione del dolore, non si compenetrano. Io una volta ho fatto un travaglio al telefono e la paziente ha partorito regolarmente ».

Oggi è la Festa della Donna...
«Non l'ho mai sentita. E poi è triste come ricorrenza, ricorda un incendio in una fabbrica di New York in cui morirono decine di operaie. Non bisognerebbe festeggiare».

Cosa consiglia alle coppie con problemi di sterilità che si rivolgono ai centri di fecondazione assistita?
«Di non lasciarsi scoraggiare da nessuno e di essere sempre coppia fino alla fine. Se un bambino dev'essere motivo di divisione, non ne vale la pena ».

Oggi rifarebbe quello che ha fatto nel 1993?
«La legge 40 non lo permette più, però una fecondazione assistita a 40 anni forse sì, la farei. La voglia di essere mamma non passa mai, in un angolo del cuore quel piccolo dolore resta sempre».

Gabriele Bojano

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