mercoledì 12 dicembre 2012

La legge 40 di nuovo alla Consulta. "Via il divieto di sperimentazione sugli embrioni"

La Repubblica - 12 dicembre 2012

Il giudice civile di Firenze solleva la questione di legittimità costituzionale sulla norma che vietala la sperimentazione scientifica sugli embrioni non utilizzati e su quella che impedisce di revocare il consenso al trattamento

Parte da Firenze un nuovo ricorso alla Corte Costituzionale sulla legge 40. Il giudice civile ha sospeso il giudizio sul caso di una coppia sollevando la questione di legittimità costituzionale della parte della norma che vieta la sperimentazione scientifica sugli embrioni che non vengono utilizzati per la pma. La Consulta dovrà così decidere su un nuovo aspetto della legge sulla fecondazione assisitita, già modificata in molti aspetti dalla magistratura negli ultimi anni.

Gli embrioni da destinare all'attività scientifica sono quelli crioconservati e rimasti inutilizzati dopo i trattamenti di pma (perché malati o in sovrannumero) e per questo destinati all'autodistuzione dopo qualche anno. "In tal caso il divieto di utilizzo, a maggior ragione nell'ipotesi di precisa indicazione, come in questo caso, dei generanti, per finalità costituzionalmente rilevanti quali la ricerca finalizzata collegata alla tutela della salute degli stessi pazienti o della collettività risulterebbe del tutto illogico e irragionevole", spiega l'avvocato Gianni Baldini, che assiste la coppia da cui è partito il ricorso. Il giudice civile di Firenze si è attestato sulla stessa linea. Del resto, spiega il giudice Patrizia Pompei, l'articolo 9 delle Costituzione promuove la ricerca scientifica quando questa sia collegata alla tutela della salute individuale o collettiva prevista dall'articolo 32. Tra l'altro la legge italiana permette di fare sperimentazione su linee embrionali provenienti dall'estero.

Ma
il ricorso alla Corte Costituzionale riguarda anche il consenso informato. Secondo la legge 40 la donna dopo aver accettato di sottoporsi alla pma e aver creato l'embrione non può in nessun caso revocare il proprio consenso al trattamento. Teoricamente, se ad esempio litiga con il compagno, deve comunque avviare la fecondazione e casomai dopo interrompere chirurgicamente la gravidanza. Sempre secondo Baldini si tratta di una cosa illogica e irragionevole. Il giudice ha ritenuto che tale situazione è contraria ai principi generali secondo i quali il consenso informato costituisce la condizione di legittimità di qualsiasi trattamento che può essere revocata in qualsiasi momento. In caso contrario si configurerebbe un'ipotesi di trattamento sanitario obbligatorio, tso.

Il giudice rileva anche che la scarsa chiarezza sul concetto di embrione, mai precisamente definito dalla legge, ha implicazioni sia sulla libertà di ricerca che sull'irrevocabilità del consenso.


Michele Bocci

mercoledì 28 novembre 2012

Legge 40, ricorso del governo contro sentenza della Corte europea sulla diagnosi preimpianto

Repubblica - 28 novembre 2012

Nell'ultimo giorno a disposizione è stato presentato il ricorso alla Grande Chambre di Strasburgo contro la condanna di agosto. La presidente dell'associazione Luca Coscioni: "Tentativo disperato di salvare l'insalvabile"

Il governo ha fatto ricorso, all'ultimo minuto dell'ultimo giorno utile, contro la sentenza della Corte europea di Strasburgo che il 28 agosto ha condannato l'Italia e la legge 40 per violazione dell'art. 8, ovvero il rispetto della vita familiare. Il motivo? Impediva alle coppie fertili ma portatrici di malattie genetiche di accedere alla fecondazione assistita e alla diagnosi preimpianto.

Il governo ha fatto ricorso contro una sentenza che, ancora una volta dopo tribunali regionali e Corte Costituzionale, dichiara ammissibile la diagnosi preimpianto e condanna l'italia perche "incoerente" dal punto di vista legislativo. Visto che alle coppie portatrici di malattie genetiche la legge autorizzava l'aborto ma non la diagnosi preimpianto che quel trauma avrebbe evitato.

"Questo ricorso rappresenta davvero un tentativo disperato di salvare l'insalvabile: ovvero una legge 40 che 19 decisioni italiane ed europee stanno smantellando, perché incostituzionale ed ideologica". Filomena Gallo, presidente dell'associazione Luca Coscioni che in più sedi ha fatto ricorso e difeso coppie in cerca di un figlio ma non tutelate dalla legge 40, è scandalizzata.

La decisione italiana di presentare la domanda di rinvio per riesame alla Grand Chambre della Corte Europea per i Diritti dell'Uomo si fonderebbe sulla necessità di salvaguardare l'integrità e la validità del sistema giudiziario nazionale.

In particolare, il caso sarebbe stato esaminato dalla Corte di Strasburgo "senza rispettare la regola del previo esaurimento dei ricorsi interni, prevista nella Convenzione europea quale precondizione essenziale per adire la Corte". Questo c'è scritto, peccato che sull'argomento in Italia si siano espressi in perfetta linea con Strasburgo, diversi tribunali regionali e persino la Corte Costituzionale, per un totale di ben 19 sentenze.

"La possibilità di effettuare una diagnosi pre-impianto comporta due importanti risultati: evitare un aborto e mettere al mondo un figlio che non soffra. Mi chiedo come questo Governo non abbia agito mosso da questi semplici pensieri di rispetto del diritto della salute e abbia invece operato contro i cittadini italiani". E cosi l'avvocato Gallo chiede al ministro della salute Balduzzi di emanare un atto che consenta a queste coppie di avere un figlio ed evitare un aborto. Un decreto ministeriale per estendere anche a queste coppie il concetto d'infecondità come già previsto nelle attuali linee guida sulla L.40 che consentono anche all'uomo fertile portatore di HIV di accedere alla fecondazione.


Caterina Paolini

Legge 40, l’Italia ricorre contro la sentenza della Corte europea

La Stampa - 28 novembre 2012

Il governo: decisione che si fonda sulla necessità di salvaguardare l’integrità e la validità del sistema giudiziario nazionale
 
Allo scadere previsto dei termini, il governo italiano ha chiesto il riesame della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo che boccia la legge 40 sulla procreazione assistita. La sentenza, emanata lo scorso 28 agosto, prevedeva tre mesi di tempo per l’eventuale presentazione del ricorso. E la decisione di `opporsi´ è stata comunicata oggi da palazzo Chigi, accendendo immediatamente le polemiche.
«Il Governo italiano ha depositato presso la Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo, quale Giudice di seconda istanza, la domanda per il riesame» della sentenza Costa-Pavan sulla procreazione assistita, annuncia una nota di Palazzo Chigi. E precisa: «La decisione italiana di presentare la domanda di rinvio alla Grande Chambre della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo si fonda sulla necessità di salvaguardare l’integrità e la validità del sistema giudiziario nazionale, e non riguarda il merito delle scelte normative adottate dal Parlamento né eventuali nuovi interventi legislativi». La domanda di rinvio, infatti, si è resa necessaria, sottolinea palazzo Chigi, «in quanto l’originaria istanza è stata avanzata direttamente alla Corte europea per i diritti dell’uomo senza avere prima esperito - come richiede la Convenzione - tutte le vie di ricorso interne e senza tenere nella necessaria considerazione il margine di apprezzamento che ogni Stato conserva nell’adottare la propria legislazione, soprattutto rispetto a criteri di coerenza interni allo stesso ordinamento». La Corte cioè, si sottolinea, «ha deciso di non rispettare la regola del previo esaurimento dei ricorsi interni, ritenendo che il sistema giudiziario italiano non offrisse sufficienti garanzie».

Sulla decisione di presentare ricorso, duro il giudizio di Livia Turco (Pd): «Molti di noi - afferma - avevano chiesto al governo di venire a spiegare in Parlamento le ragioni di un’eventuale decisione in questo senso. Mi dispiace molto che il governo, invece, non abbia sentito il dovere di farlo, scegliendo in modo clandestino di presentare ricorso. Una decisione, secondo me, del tutto sbagliata». Di «fatto gravissimo» parla il senatore del pd Ignazio Marino, sottolineando come «sarebbe sorprendente che un governo tecnico ed europeista in economia non fosse altrettanto tecnico ed europeista quando ci sono da tutelare i diritti e la salute delle persone e anzi agisca in danno dei cittadini più poveri. Questi, in caso di ricorso - rileva - si vedranno discriminati nel loro desiderio di maternità e paternità mentre i più ricchi potranno rivolgersi alle cliniche per l’infertilita’ degli altri Paesi europei». Il ricorso, commenta Filomea Gallo, segretario dell’Associazione Luca Coscioni, rappresenta un «tentativo disperato di salvare l’insalvabile: ovvero una legge 40 che 19 decisioni italiane ed europee stanno smantellando, perché incostituzionale ed ideologica». Il portavoce di Fli, Giulia Bongiorno, affida invece a twitter il proprio commento: «Gravissimo errore ed ennesimo schiaffo alle donne la scelta di ricorrere alla Grand Chambre per salvare la legge 40».

Di segno opposto il giudizio del presidente Udc Rocco Buttiglione: «Se come pare il Governo avesse presentato ricorso alla Corte Europea a difesa della Legge 40 avrebbe fatto correttamente il suo dovere. Il Governo - afferma - è tenuto a difendere in sede europea gli atti della Repubblica italiana».   

venerdì 26 ottobre 2012

giovedì 25 ottobre 2012

mercoledì 24 ottobre 2012

Carmen Russo: Aspetto un figlio a 53 anni

«Io e Enzo Paolo diventeremo genitori. Sono al quarto mese di gravidanza», dice a Chi Carmen Russo. «Ho 53 anni e siamo ricorsi alla fecondazione assistita. Non giudicateci».

lunedì 22 ottobre 2012

GRAN BRETAGNA - Fecondazione assistita. Donna incinta senza usare farmaci

Nel Regno Unito e' stata la prima a tentarci e riuscirci, e ora ha deciso di raccontare pubblicamente, in un'intervista al quotidiano 'The Independent', la sua storia per invogliare altre donne, che hanno abbandonato il sogno di un figlio, a seguire il suo esempio. Tina Milkovic, 34 anni, e' stata la prima donna britannica ad usare con successo una tecnica di fertilita' per cui non sono necessari i farmaci: la maturazione in vitro (ivm).
A differenza della fecondazione in vitro (fivet), in questo caso si prelevano gli ovociti dalle ovaie materne per farli maturare in laboratorio, e senza usare farmaci. Un'alternativa piu' sicura per le tante donne che soffrono di sindrome dell'ovaio policistico, e che possono avere gravi reazioni ai farmaci di stimolazione ormonale delle ovaie. Tina, con suo marito Joe, 48 anni, ha avuto cosi' due gemelli che ora hanno 5 anni.La sindrome dell'ovaio policistico colpisce 1 donna su 10 e circa il 40% necessita di trattamenti di fertilita'. Il 25% di loro e' piu' a rischio di iperstimolazione ovarica, che puo' essere fatale. Circa l'1% delle donne che si sottopone a fivet finisce all'ospedale per questo motivo. Il problema e' che la fivet usa dosi massicce di farmaci della fertilita' per far maturare gli ovociti dentro i follicoli ovarici, prelevandoli poi per fertilizzarli con lo sperma. Con l'ivm invece gli ovuli non ancora maturi sono raccolti dalle donne, a cui non sono state stimolate le ovaie, e vengono fatti maturare in laboratorio fino a 48 ore per poi fertilizzarli con lo sperma.L'ivm inoltre costa 2.100 sterline a ciclo, contro le 4mila della fecondazione in vitro, ma e' efficace la meta' delle volte. Prima del Regno Unito, la tecnica era stata sperimentata in Corea del Sud e Canada. 'La notte prima di iniziare la fivet - racconta Tino - scoprimmo che il nostro medico era stato autorizzato a provare la ivm. Cosi' ci abbiamo provato, ed e' andata bene al primo tentativo. Molte donne non sanno che questa tecnica e' disponibile in Inghilterra'.


Aduc - 22 ottobre 2012

giovedì 27 settembre 2012

Via libera al transgender "Può congelare i gameti"


Repubblica - 27 settembre 2012


Poter avere un figlio anche nell'ipotesi di tornare indietro, ed essere di nuovo donna. Lo ha stabilito il comitato etico del Policlinico di Bari. Il direttore generale: "Una decisione coerente con le norme e coi principi che tutelano il diritto dei cittadini"


Un transessuale può conservare i gameti in vista di una futura fecondazione: lo ha stabilito il comitato etico del Policlinico di Bari, presieduto da Francesco Paolo Romanelli. Anche se a maggioranza, la decisione di questo tribunale indipendente che interviene per garantire la tutela dei diritti, è innovativa perché consentirà a una donna di conservare l'ovocita prima dell'intervento chirurgico che la trasformerà in un uomo e, dopo, andarsene all'estero per effettuare la fecondazione eterologa vietata in Italia.

È vero che il comitato etico, nel consentire la conservazione dei gameti da parte di transessuali prima dell'intervento che ne cambierà il sesso, subordina "un loro eventuale utilizzo" a un'autorizzazione del giudice, ma è innegabile il valore che la decisione assume nella vita di questa donna che, nel travaglio della sua identità sessuale, non vuole disperdere per sempre quel pezzo di sé che è l'istinto della maternità.

Il caso è nato nella clinica universitaria di psichiatria del professor Orlando Todarello che aveva in "cura" la paziente pronta a cambiar sesso ma dilaniata dal dubbio: poter avere un figlio anche nell'ipotesi di ritornare donna. Non un dubbio da poco perché, rispetto alla possibilità di procreare, la scelta di un transessuale è irreversibile. Un transessuale può anche decidere di ritornare alla sua iniziale identità sessuale, ma, in quel caso, ha perso per sempre la capacità di procreare. Perché i genitali si possono ricostruire, ma l'apparato riproduttivo è perso per sempre nel primo intervento.


"È raro che si torni indietro, il 90% di chi si sottopone all'intervento non lo fa", spiega il professor Todarello che nella sua clinica ha un day hospital dedicato ai transessuali "la cui condizione - aggiunge - fra poco non sarà più considerata un disturbo dell'identità". Il caso è stato condiviso con la clinica di ginecologia del professor Luigi Selvaggi che ha formalmente posto il quesito al comitato etico all'inizio di agosto. Soddisfatto il direttore generale del Policlinico, Vitangelo Dattoli, Per "un lavoro coerente con le norme e coi principi che tutelano il diritto dei cittadini". Quel sì, è il passaporto che serviva per arrivare in un centro di Barcellona dove si sta avverando un traguardo che sembrava impossibile per i transessuali italiani.

Piero Ricci

mercoledì 19 settembre 2012

L' era delle post-mamme record d' ovociti congelati / 'Mamme sì, ma domani' così manager e single fermano l' orologio biologico


Repubblica - 19 settembre 2012

L' orologio biologico e quello amoroso, lavorativo, personale, sono difficili da sincronizzare. Ci prova il "social freezing", una tecnica che furoreggia negli Stati Uniti - dove sono le mamme a proporla alle figlie - e che si sta diffondendo anche in Italia, non senza polemiche. La ricetta è semplice: poiché quello che conta quando si parla di fertilità non è tanto l' età anagrafica della madre. MA QUELLA biologica dei suoi ovociti, perché non prelevarli a 30 o 35 anni, quando sono ancora giovani, lasciando alla donna diversi anni di tempo per decidere, incontrare il partner giusto, consolidarsi nel proprio lavoro, prima tentare la strada della maternità? Negli Stati Uniti sono almeno 15.000 le giovani donne che hanno "messo in banca" gli ovociti, in attesa di una decisione che potrebbe anche non arrivare mai, in Italia si raggiungerà presto quota 500: piccole cifre, che però crescono costantemente e cominciamo a occupare spazio nei convegni e nella letteratura medica. «Le prime sono state alcune nostre colleghe - racconta Alberto Revelli, docente di Fisiopatologia della riproduzione umana alla clinica universitaria del Sant' Anna di Torino - che essendo più informate hanno colto le potenzialità di questa tecnica, ma anche i suoi limiti: il "social freezing" lascia libertà alle pazienti, ma va fatto nel momento giusto e a certe condizioni. È una chance, non una certezza». Ma Revelli pensa anche che la tecnica abbia grandi possibilità di sviluppo: «Che l' età della prima gravidanza si stia spostando sempre più in là (oggi è già stabile verso i 32 anni, ndr) è una tendenza ormai consolidata. Purtroppo anche le percentuali di successo nella fecondazione assistita scendono drasticamente, specie dopo i 40 anni. È facile immaginare che un numero crescente di pazienti possa fare questa scelta, che oltretutto ha il vantaggio di non coinvolgere nessun altro e di essere perfettamente legale». «L' importante è non creare false speranze - aggiunge Andrea Borini, responsabile clinico del centro Tecnobios di Bologna - Diciamo che congelare gli ovociti a 30 o 35 anni aumenta le possibilità di una donna che non abbia già in partenza forti problemi di infertilità di diventare mamma a 40, se deciderà di farlo». «Segnalo questa possibilità a tutte le mie pazienti - dice invece Alessandra Graziottin, ginecologa e oncologa - In Italia c' è troppa reticenza nell' informare con chiarezza sulle alternative esistenti». E precisa: «Congelare gli ovociti è da tempo una scelta che è doveroso suggerire a chi deve sottoporsi a una chemioterapia, nel qual caso non si può definire "social freezing", ma la verità è che bisognerebbe consigliarlo anche alle fumatrici, a chi ha problemi di cisti ovariche o precedenti familiari di menopausa precoce». L' idea non piace a tutti. E se negli Stati Uniti anchorwoman come Diane Sawyer hanno espresso in diretta tv il loro entusiasmo, in Italia il gruppo Donnamed, centro romano specializzato guidato dal dottor Angelo Tocci, dissente dal congelamento indiscriminato: «Può funzionare per le pazienti giovani, fermo restando che anche per loro è meglio tentare con altre procedure, a cominciare da quelle naturali, senza rinviare». Dal punto di vista scientifico, non c' è niente di meglio che diventare mamma a 25 anni. Basta aver trovato l' uomo giusto, avere una ragionevole sicurezza economica e una casa. Facile, no?

Vera Schiavazzi

Non ho deciso se avere un figlio ora mi sento libera di scegliere


Repubblica - 19 settembre 2012

«È una possibilità, non una garanzia. Averlo fatto è come sapere di avere un paracadute». Francesca Bongioanni, 37 anni, occhi azzurri e gran sorriso, è una ginecologa torinese che si occupa di fecondazione assistita.È stato facile per lei sapere tutto sul "social freezing" e, un anno fa, decidere di congelare quelli che domani, una volta fecondati, potrebbero diventare i suoi figli: dieci ovociti prelevati a una donna ancora giovane che però non ha deciso se e quando diventare madre. Come è andata? «Benissimo. Ho fatto la stimolazione ormonale senza effetti collaterali. Sono un' accanita tennista, e non ho smesso di fare sport se non il giorno del prelievo, fatto con l' anestesia locale, da colleghi con i quali lavoro tutti i giorni. Oggi, anche se non penso spesso a quelle dieci uova congelate, credo di vivere e lavorare più serenamente sapendo che sono lì ad aspettare». Prima di decidere si è consultata con qualcuno: il partner, gli amici? «Sì, certo, ne abbiamo parlato ampiamente e direi che tutti hanno capito le mie ragioni. Per me, il cosiddetto "desiderio di maternità" non è così netto, al tempo stesso incontro ogni giorno troppe donne che si rammaricano di avere deciso troppo tardi. Penso che a prevalere in una scelta del genere sia più la situazione personale che quella lavorativa, che nel mio caso è buona». Perché l' uso del "social freezing" si sta diffondendo in Italia prima che nel resto d' Europa? «È paradossale, ma si tratta dell' unico effetto positivo della legge 40 sulla fecondazione. All' inizio, la legge obbligava a trasferire a ogni paziente tutti gli ovuli fecondati, costringendo noi medici a usare tecniche alternative, come il congelamento degli ovociti. Così siamo diventati un paese all' avanguardia per questa tecnica». A chi serve? «Chi ha una situazione stabile sul piano privato farebbe meglio a non rinviare, una volta presa la decisione di diventare genitore, perché si tratta di uno svantaggio sul piano riproduttivo. Ma i casi della vita sono molti, ed è giusto che le donne possano accedere anche a questa proposta». Si sa quante nascite possono derivarne? «Non ancora. Sappiamo però che quando gli ovociti sono giovani il congelamento dà buoni risultati».

V. Sch.

venerdì 31 agosto 2012

La procreazione davvero responsabile


Repubblica - 31 agosto 2012

Il quotidiano Avvenire, con la consueta pesantezza di toni quando si tratta di diritti dell' embrione e di status della "vita nascente", ha agitato lo spauracchio dell' eugenetica nel caso l' Italia adeguasse la legge 40 sulla fecondazione assistita per rispondere ai rilievi critici della Corte europea dei diritti dell' uomo. Il ministro della Sanità si è subito accodato, senza un attimo di riflessione. Tra l' accusa di omicidio e quella di pratiche eugenetiche sembra non ci siano soluzioni possibili - salvo la castità e la non procreazione - per chi, consapevole della potenzialità distruttiva dei propri geni, vuole evitare di generare figli destinati quasi subito a morte orribile e certa. Il fantasma di Mengele e dei suoi "esperimenti" nei campi di sterminio viene sovrapposto a quello di aspiranti genitori responsabili, che non vogliono un bambino perfetto, ma solo un bambino che abbia la possibilità di crescere. E non vogliono neppure accettare l' ipocrita, e fisicamente e psicologicamente costosa, scappatoia offerta dalla contraddittorietà delle leggi italiane. Mentre una vieta la diagnosi pre-impianto e la stessa fecondazione assistita ai portatori sani di malattie gravi che mettono a rischio i nascituri, un' altra consente l' aborto di feti che abbiano queste stesse malattie.È questa contraddittorietà ipocrita- per altro ampiamente nota al legislatore italiano, come ha ammesso lo stesso ministro della Salute - che è stata giudicata inaccettabile dalla Corte europea. Così come è stato giudicato inaccettabile che sia sottratta agli aspiranti genitori la decisione ultima rispetto alle condizioni in cui mettere al mondo un figlio, incluse le conoscenze necessarie per valutare ragionevolmente i pro e i contro. L' idea che ci sia una responsabilità non solo verso i figli che si mettono al mondo, una volta nati, ma prima ancora rispetto alla stessa decisione di metterli al mondo è una conquista culturale relativamente recente. Implica che ci si interroghi non solo sullo spazio che si è in grado di fare nella propria vita al nuovo nato, ma sulle condizioni in cui, appunto, lo si mette al mondo. Condizioni materiali, sociali, relazionali, ma anche di possibilità ragionevoli di sopravvivenza e di protezione da sofferenze gravi durante il processo di crescita. Come si può giudicare egoista o irresponsabile, o peggio ancora un epigono di Mengele, un genitore che vuole evitare non solo a sé lo strazio di perdere un bambino fortemente voluto, ma soprattutto a questo bambino di morire soffocato dalla propria incapacità a respirare (è il caso della fibrosi cistica)? Certo, come tutte le conoscenze, anche quella sulle caratteristiche sanitarie e il sesso degli embrioni può avere effetti perversi, non sulle norme in sé, ma sui comportamenti. Esattamente come già oggi l' amniocentesi può dare di fatto luogo ad aborti selettivi, non solo per motivi compassionevoli, come nel caso ricordato dalla Corte Europea, ma eugenetici, ed anche per sessismo culturale. È il caso degli aborti di embrioni di femmine in molti Paesi, e presso gruppi sociali, in cui la vita di una donna non conta nulla e una figlia femmina è percepita come una disgrazia. La soluzione non è mantenere le persone nell' ignoranza. Abbandoni, uccisione di neonate femmine o disabili, maltrattamento di bambine, ragazze, donne fanno parte purtroppo della storia dell' umanità ben prima, e indipendentemente, dell' accesso alle conoscenze mediche sugli embrioni. Contrastare questi abusi richiede forme di controllo efficaci, ma anche mutamenti culturali profondi e una diversa distribuzione di risorse, non un aumento dell' ignoranza e dei vincoli alla assunzione di responsabilità da parte degli individui. Al contrario, questa responsabilità va coltivata e fatta maturare con tutti i mezzi possibili. Per altro, la diagnosi pre-impianto, dato che avviene solo in caso di embrioni fecondati al di fuori dell' utero e di un rapporto sessuale, riguarda casi molto più circoscritti e individuabili dell' amniocentesi. Consentirla (dopo una sentenza di un tribunale italiano del 2009) a chi ricorre alla fecondazione assistita perché ha difficoltà a procreare per le vie "naturali", e non a chi rischia di procreare bambini destinati a sofferenze e morte precoce certa, non risponde ad alcuna logica. È troppo sperare che il ministro della Salute e il governo di cui fa parte, prima di decidere se ricorrere contro la sentenza della Corte europea, si interroghino su quanto di irrispettoso della vita umana e del senso di responsabilità individuale ci sia nella legge 40? Senza cedere ai ricatti morali più o meno ipocriti di chi agita lo spettro dell' eugenetica per nascondere la propria incapacità a rispettare la durezza dei dilemmi in cui si trovano molti aspiranti genitori e la delicatezza di quella scelta complessa, per nulla solo biologica, e comunque non di pertinenza dello Stato, che riguarda il generare un figlio.

Chiara Sareceno

mercoledì 29 agosto 2012

Fecondazione, Balduzzi annuncia ricorso

La Repubblica - 29 agosto 2012

Il ministro della Salute anticipa l'intenzione di andare in appello, ma al centro delle preoccupazioni c'è soprattutto il rapporto tra giustizia italiana e comunitaria. Contrario al ricorso il presidente della Camera Gianfranco Fini

ROMA - "Credo che sia forse opportuna una richiesta di un punto giurisdizionale fermo per quanto riguarda la Corte europea dei diritti dell'uomo e che dunque un ricorso da parte del nostro paese valga proprio a consolidare un punto di riferimento". Lo ha detto il ministro della Salute, Renato Balduzzi, rispondendo a margine di un convegno sul gioco d'azzardo circa il pronunciamento della Corte di Strasburgo sulla legge 40. E Gianfranco Fini "condivide" e "si riconosce" nella posizione espressa dalla deputata di Fli, Giulia Bongiorno sulla legge 40, "odiosa e sbagliata". La deputata di Fli ha invitato il governo a non presentare ricorso contro la sentenza della Corte di Strasburgo che ha bocciato la legge stessa.

E il ministro della Salute, "è riuscito a dare una lettura un po' frettolosa alla sentenza e ci stanno lavorando anche i miei uffici" tuttavia "ci sono poi dei profili di carattere processuale che andrebbero attentamente monitorati perché è chiaro che si riferiscono non solo al caso di specie ma a tutti i casi possibili". Il titolare del dicastero della Salute ha anche sottolineato: "Siccome stanno aumentando le ipotesi di confronto tra ordinamenti, quello italiano e quello del Consiglio d'Europa, credo che anche sotto questo profilo un nostro ricorso potrebbe servire a un chiarimento giurisprudenziale. Con riserva di un approfondimento, una volta presa in esame questa pronuncia, mi sembra che ci siano gli elementi per promuovere un ulteriore chiarimento giurisprudenziale". 

Sulla sentenza dei giudici di Strasburgo che ha bocciato la legge italiana in quanto lesiva dei diritti umani, è intervenuto oggi anche il presidente della Cei Angelo Bagnasco
.  Il cardinale ha voluto sottolineare in particolare come "non si è passati attraverso la magistratura italiana" che è stata "surclassata". Parere opposto arriva invece dalla radicale Emma Bonino che ricorda come "questa è una legge ormai completamente svuotata da sentenze italiane ed europee. Resta l'articolo sul divieto di fecondazione eterologa, che aspetta una sentenza della Consulta".

Legge 40, lo stop dell' Europa Il no alla diagnosi preimpianto incoerente col diritto all' aborto

La Repubblica - 29 agosto 2012 pag. 12 sez. CRONACA

ROMA - Coppia fertile vince a Strasburgo contro l' Italia. La Corte europea ha bocciato la legge 40 sulla fecondazione assistita che consente la diagnosi preimpianto degli embrioni solo se si è sterili. Una legge «incoerente», secondo Strasburgo, che sottolinea le incongruenze del nostro sistema normativo: da una parte proibisce l' indagine clinica degli embrionia coniugi fertili ma portatori di malattia genetica, dall' altra consente l' aborto terapeutico nel caso in cui il feto sia affetto dallo stesso male. Il giudizio è stato promosso da Rosetta Costa e Walter Pavan, romani, portatori di fibrosi cistica, che hanno chiesto alla Corte europea di intervenire sulla legge 40 e di condannare l' Italia. Cosìè stato. Perché le norme sulla fecondazione assistita violano «l' articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell' uomo: lo Stato non può intervenire nella vita privata delle persone». Anzi in questo caso «l' ingerenza nel diritto dei richiedenti al rispetto della loro vita privata e familiare è sproporzionata». Per riparare al danno morale il governo dovrà versare 15mila euro, a meno che entro tre mesi non presenti ricorso alla Grande Camera. Allora si dovrà attendere la sentenza di secondo grado. Tuttavia dopo la battaglia in Parlamento, 17 giudizi di cui 5 alla Consulta, la novità introdotta dalle toghe europee è dirompente. «Sono contenta, certo - dice Rosetta Costa - ma di che devo parlare? Delle sofferenze che subisco ogni giorno?». Ha una bambina di sei anni ammalata di fibrosi cistica che quasi ogni mattina accompagna in ospedale. Lei e il marito proprio in occasione della nascita della figlia nel 2006 hanno scoperto di essere portatori sani della malattia. Di nuovo incinta nel 2010, da un esame diagnostico prenatale, la donna ha scoperto quel male nel feto e ha deciso per l' aborto terapeutico. «Oggi la coppia desidera fare ricorso alla fecondazione assistita con una diagnosi preimpianto», spiega l' avvocato Nicolò Paoletti. Ma la legge italiana non consente le indagini a chi è fertile. La diagnosi preimpianto infatti è solo per le coppie sterili o se l' uomo è affetto da una malattia virale trasmissibile per via sessuale (come l' Hiv o l' epatite B o C). Adesso lo stop dell' Europa riapre la partita. Se non farà ricorso, l' Italia è chiamata a colmare «l' incongruenza». «La questione della compatibilità tra legge 40 e la legge 194 è problema già noto», dice il ministro della Salute Renato Balduzzi, sottolineando che «una riflessione va affrontata». La riflessione «deve partire dal bilanciamento di due principi: sono beni da tutelare la soggettività giuridica dell' embrione e la salute della madre». La questione, ha spiegato Balduzzi, «nel nostro paese era già stata posta dai giudici di merito e in prospettiva probabilmente sarà riproposta alla Corte». Il ministro anticipa: «Faremo presto, deciderà il governo collegialmente, siamo rispettosi delle indicazioni europee». Le polemiche sono iniziate subito, dividendo il Parlamento. Per la capogruppo dei senatori pd, Anna Finocchiaro, «è venuto il momento di riscrivere completamente la legge 40, sbagliata, crudele e inumana». Questo sarà «l' impegno del Partito democratico», assicura Ignazio Marino. Esponenti del Pdl come Maurizio Lupi ed Eugenia Roccella sperano in un ricorso del governo. Tranchant il Centro di bioetica dell' università Cattolica di Milano, che parla di «eugenetica liberale». Non mancano i distinguo negli schieramenti. Il capogruppo del Pdl, Fabrizio Cicchitto, non tace le «forzature» nella legge 40, e Francesca Martini (Lega) valuta la sentenza europea come «un passo di civiltà». L' ex presidente della Consulta, Valerio Onida, sottolinea che se non si rivolgerà alla Grande Camera, «l' Italia è obbligataa conformarsi alla pronuncia di Strasburgo, e di fatto dovrà cambiare la legge». 

Elsa Vinci

In 8 anni 17 bocciature nei tribunali cosa resta delle norme sulla provetta

La Repubblica - 29 agosto 2012 pag. 13 sez. CRONACA
 
Sepolta dalle sentenze, bocciata dalla Scienza, spesso definita "inumana". Ciò che resta della legge 40, causa diretta di centinaia di rischiosissime gravidanze trigemine, e causa indiretta di centinaia di aborti terapeutici frutto del diktat contro la diagnosi preimpianto, è un cumulo di divieti "bruciati". E le (poche) norme ancora in vigore, tra cui la proibizione di fecondazione eterologa o l' impossibilità di accesso alle tecniche per le donne single, sono già minate da cause e ricorsi che ne hanno messo radicalmente in discussione l' impianto giuridico. Approvata nel 2004 dopo una feroce battaglia politica, confermata da un referendum senza quorum del 2005, la legge 40 sulla "Procreazione medicalmente assistita" è stata bocciata nelle aule dei tribunali ben diciassette volte in otto anni, e con la fuga delle coppie italiane all' estero ha provocato il più grande "esodo sanitario" che si ricordi. Oggi in Italia, dopo la sentenza della Consulta del 2009, molte tecniche sono di nuovo consentite, in particolare il congelamento e lo screening genetico degli embrioni. A quest' ultimo però possono accedere soltanto le coppie sterili, e non quelle fertili pur affette magari dalle stesse anomalie genetiche trasmissibili al feto. Le coppie fertili, invece, dopo l' amniocentesi possono ricorrere alla drammatica scelta dell' aborto terapeutico... Una incoerenza appunto, come Strasburgo ha contestato all' Italia.
 
Maria Novella De Luca

martedì 28 agosto 2012

Procreazione, la Corte Europea rimette in discussione la legge 40

La Repubblica - 28 agosto 2012
 
Bocciata una parte della normativa, quella che riguarda l'impossibilità per una coppia fertile ma portatrice sana di fibrosi cistica di accedere alla diagnosi preimpianto degli embrioni. Balduzzi: "Aspettiamo di leggere le motivazioni della sentenza". Il Centro di Bioetica della Cattolica di Milano: "Si tratta di eugenetica liberale"
 
STRASBURGO - La Corte europea dei diritti umani rimette in discussione la legge 40. E' infatti stata bocciata la parte della normativa che riguarda l'impossibilità per una coppia fertile ma portatrice sana di fibrosi cistica di accedere alla diagnosi preimpianto degli embrioni. Secondo i giudici della Corte di Strasburgo, la cui decisione diverrà definitiva entro tre mesi se nessuna delle parti farà ricorso per ottenere una revisione davanti alla Grande Camera, "il sistema legislativo italiano in materia di diagnosi preimpianto degli embrioni è incoerente" in quanto allo stesso tempo un'altra legge dello Stato permette alla coppia di accedere a un aborto terapeutico in caso che il feto venga trovato affetto da fibrosi cistica. La replica del ministro Balduzzi: "La questione della compatibilità tra legge 40 e legge 194 sollevata dalla Corte di Strasburgo e un problema già noto". E, il governo, "aspetta di leggere le motivazioni della sentenza".

La Corte ha quindi stabilito che cosi com'è formulata la legge 40 ha violato il diritto al rispetto della vita privata e familiare di Rosetta Costa e Walter Pavan a cui lo Stato dovrà versare 15 mila euro per danni morali e 2.500 per le spese legali sostenute. Non è la prima volta che la Corte europea si pronuncia sulla legge 40. Nel 2010 fu stabilito che la fecondazione eterologa non poteva essere impedita, perché sarebbe stato violato l'articolo 8 della Convenzione europea per i diritti dell'uomo. Articolo in contrasto con le disposizioni contenute nell'articolo 4 della legge 40 che sancisce, in Italia, il divieto di diventare genitori con l'ausilio del seme di un donatore o dell'ovocita di una donatrice.

La Corte ha rilevato l'incoerenza del sistema legislativo italiano che "da una parte priva i richiedenti dell'accesso alla diagnosi genetica pre impianto" e "d'altra parte li autorizza a una interruzione di gravidanza se il feto risulta afflitto da quella stessa patologia". La Corte conclude che "l'ingerenza nel diritto dei richiedenti al rispetto della loro vita privata e familiare è quindi sproporzionata". In base alle disposizioni degli articoli 43 e 44 della convenzione dei diritti dell'uomo, questa sentenza non è definitiva; entro tre mesi entrambe per parti possono chiedere il rinvio della vicenda davanti all'alta camera della corte per i diritti dell'uomo. In questo caso un collegio di 5 giudici valuterà se la vicenda meriti un esame più ampio. In questo caso l'alta camera esaminerà il caso e darà una sentenza definitiva.

E i tentativi di modifica della legge 40 sono numerosi. Nel 2005 fu sottoposta a referendum: vinse l'astensionismo e non fu raggiunto il quorum. La disciplina produsse i suoi effetti e restò intatta fin quando, nel 2008, il ministro della Salute del governo Prodi, Livia Turco, ne riscrive le linee guida. Due le novità introdotte: il sì alla possibilità di effettuare la diagnosi preimpianto sull'embrione da impiantare in utero (prima vietata, eccetto la diagnosi preimpianto di solo tipo osservazionale) e la possibilità di ricorrere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita (Pma) anche per le coppie in cui l'uomo sia portatore di malattie virali sessualmente trasmissibili, in particolare virus Hiv ed epatiti B e C, riconoscendo che tali condizioni sono assimilabili ai casi di infertilità per i quali è concesso il ricorso alla fecondazione assistita.

Le reazioni. Livia Turco, Pd, ex ministro alla Sanità commenta: "Dalla corte di Strasburgo arrivano parole sagge e ineccepibili". Perchè "sono state confermate le incongruenze legate al divieto di diagnosi preimpianto, come peraltro segnalato dalla sottoscritta e da molti altri fin dalla discussione parlamentare". In particolare, è stata condannata "la decisione di  evitare la diagnosi pre impianto per accertare lo stato di salute dell’embrione consentendo poi l’interruzione di gravidanza". Per Antonio Palagiano, Idv, "la sentenza è l’ennesima conferma dell’incostituzionalità di questa legge che non tutela affatto i diritti e la salute dei cittadini. Per questo, insistiamo nel dire che la legge 40 va riscritta al più presto”. Nichi Vendola, Sel: "La saggia sentenza della Corte Europea sulla legge 40 ci dice che occorre liberare l'Italia da un'insopportabile ipoteca, fatta di oscurantismo e di crudelta', sul terreno dei diritti delle persone".

Il Movimento per la Vita. Il comitato che riunisce oltre 600 associazioni che si battono per i diritti del concepito, criticando la sentenza di Strsburgo, rilancia: "Bene farà, quindi, il legislatore a portare anche nella legge 194 la logica dell'articolo 1 della legge 40 che riconosce il concepito anche in provetta come un soggetto titolare di diritti al pari degli adulti coinvolti". Ancora più netta la posizione del Centro di Bioetica dell'Università Cattolica di Milano: "La Corte europea interpreta il divieto di accesso alla fecondazione assistita per la selezione degli embrioni come un'ingerenza e una violazione dei diritti alla vita privata e familiare, alla privacy". In realtà, "accogliendo questo ricorso si allinea a quella tendenza, definita di eugenetica liberale, che privilegia gli interessi della coppia e pone sotto silenzio il problema della tutela della vita nascente, specie quando è malata".

domenica 5 agosto 2012

5 anni fa....5 anni dopo....



OGGI - 5 Agosto 2012

Alle ore 12.17 con il peso di 2.740 kg è nato Pietro.  La mamma è stata forte, è stanca ma felicissima. Il papà ha tenuto in braccio il suo bambino ed è orgoglioso della sua splendida famiglia. E’ stata un esperienza unica ed indimenticabile! Un saluto a tutti Fabio Silvia ed il piccolo Pietro….che fantastica storia è la vita!

….sono trascorsi già cinque anni da quando ci hai reso genitori per la prima volta e da quando ho spedito questo sms. Oggi come allora in ufficio tra mille carte …. Con quei maledetti cassetti che si riaprono. Sembra che la vita lo faccia apposta. Un amico che lotta per avere un figlio con la PMA, una bimba appena nata, qualche cucciolo che se ne è andato…. E tutte quelle facce che mi guardano come fossero figurine appiccicate ad un album ogni volta che vengo a trovarti. ……Ormai li conosco tutti!
La vita mia e di mamma si sono riempite della vivacità dei due monelli e delle loro piccole conquiste quotidiane, delle preoccupazioni che cambiano, di nuove amicizie e di impegni alla lotta alla Sma…ma nel nostro cuore rimane sempre un grande vuoto.
Un bacio piccolo mio….

lunedì 2 luglio 2012

Francesca Vecchioni, figlia di Roberto: “Ho avuto due gemelle con la mia compagna”


OGGI - 2 luglio 2012


La figlia di Roberto Vecchioni svela di essere diventata madre con la fecondazione artificiale. E racconta il suo amore per Alessandra

Francesca Vecchioni, figlia di Roberto, sceglie Oggi, in edicola da mercoledì, per raccontare il suo amore per la compagna Alessandra. E per svelare che hanno avuto due gemelle con la fecondazione eterologa, in Olanda. Pratica vietata in Italia, un divieto che recentemente la Corte europea ha giudicato legittimo, come confermato anche dalla Corte costituzionale italiana.

“SIAMO UNA FAMIGLIA” – “Voglio rendere pubblica la mia storia”, dice Francesca Vecchioni a Oggi, “per dimostrare che la famiglia nasce da un’unione sentimentale onesta e profonda che prescinde dal sesso dei suoi componenti”. Il parto delle due gemelle è avvenuto due mesi fa. “Mi sembra superfluo sottolineare che l’omosessualità non è una malattia, né un devianza. Io e la mia compagna Alessandra ci amiamo, abbiamo due figlie e vorremmo che fossero tutelate attraverso l’affermazione dei nostri diritti. È assurdo che, per esempio, nel caso io venissi a mancare la mia compagna per la legge italiana sarebbe una perfetta estranea rispetto alle bambine, le quali sarebbero le prime vittime di una situazione ingiusta”. E tornano in mente le le recenti parole di Antonio Cassano sui gay, con polemiche annesse e connesse.

IN OLANDA - Racconta a Oggi Francesca Vecchioni: “Io e Alessandra siamo andate in Olanda dove nessuno si è meravigliato per la nostra unione, trovando strano solo il fatto che non fossimo sposate. Abbiamo scelto l’Olanda perché in questo Paese la donazione è considerata un servizio sociale. Chi dona il seme lo fa gratuitamente e non può restare nell’anonimato. Se le nostre figlie vorranno, al compimento del sedicesimo anno potranno conoscere il loro padre biologico”.

E IL PADRE? - Non crede che ogni bambino dovrebbe avere un padre e una madre, chiede Oggi. “La domanda è inevitabile, ma tutte le recenti ricerche dimostrano che la capacità genitoriale prescinde dal sesso. Non per niente le più avanzate democrazie occidentali, come il Canada, la Gran Bretagna, la Germania e il Belgio hanno da tempo leggi che tutelano genitori e figli nella situazione mia e di Alessandra”, risponde Francesca. Che aggiunge: “Spero tanto che un giorno potremo sposarci. Potremmo farlo subito, a New York o a Oslo, dove il matrimonio omosessuale è consentito anche alle coppie non residenti. Ma io e Alessandra vogliamo sposarci in Italia. Ormai di famiglie come la nostra ce ne sono tante e non possono essere ignorate”.

FISICHELLA: “NON E’ RISPETTOSO PER I FIGLI” - All’intervista-confessione, Oggi accompagna un’inchiesta con il parere di sessuologi, psicologi, esperti di infanzia. E con l’autorevole opinione di monsignor Rino Fisichella. “Quando nasce una nuova vita il primo sentimento deve essere sempre quello della gioia. Sono contento per Nina e Cleo e le benedico”, scrive monsignor Fisichella. Che però precisa la posizione della Chiesa: “Un figlio non può essere solo la conseguenza del desiderio irrefrenabile di una persona adulta, ma frutto di un amore che, nella complementarità, permette la crescita e lo sviluppo armonico dei figli. Ciò che si ritiene un diritto per sé, non sempre è rispettoso del diritto del figlio che vorrebbe avere anche un padre!”.

sabato 2 giugno 2012

Le difettose


«Detesto tutti i ritardi. Tranne uno».

Ci sono figli cercati con un’ostinazione cristallina, perché il tarlo della loro assenza scava fino a occupare tutto lo spazio di una vita. Quando Carla comincia a frequentare il «reparto delle donne sbagliate», scopre un esercito allegro e disperato di donne normali», vitalissime, che percorrono la strada della fecondazione artificiale come la loro personale via crucis. Un eccentrico gineceo, ma soprattutto una specie di grande famiglia, di rete carbonara invisibile a occhio nudo, che protegge e sostiene.

Carla ha quasi quarant’anni, un compagno praticamente perfetto, un lavoro stimolante e un certo fascino. Ma non riesce ad avere un figlio. E per una come lei, abituata a centrare l’obiettivo, il senso di fallimento brucia senza consumarsi. Perché l’ossessione della maternità si può affinare al punto da dare dipendenza. Le donne che Carla incontra quando tenta la fecondazione assistita stanno tutte in fila, mese dopo mese, per eseguire lo stesso rituale: gli ormoni, il pick-up, il transfer, l’attesa. Conoscono il proprio corpo e i suoi segnali con una precisione maniacale.
Usano un oscuro gergo da iniziate. Perché loro non aspettano un bimbo, « fanno la cova», non rimangono incinte, «s’incicognano».
Nel suo viaggio alla ricerca della maternità e di una forma di saggezza che pare sempre scivolarle fra le dita , Carla può contare su di loro, ma anche su due guide spirituali d’eccezione: Seneca, oggetto dei suoi studi di latinista, e nonna Rina, che prima di diventare solida come una quercia era stata fragile come un albero rinsecchito.
Nonostante persino la Bibbia sia piena di vecchie sterili che all’improvviso riescono a procreare, Carla forse deve mettersi in testa che un figlio non è un diritto, come le dice Marco, il suo compagno, con quella sua franchezza generosa e un po’ leggera.

Eleonora Mazzoni è un’attrice italiana che ha interpretato molti ruoli in teatro, in televisione e al cinema. Le difettose è il suo primo romanzo.

domenica 27 maggio 2012

Quella madre che darà alla luce il figlio del marito scomparso

Repubblica - 27 maggio 2012 —   pagina 1   sezione: BOLOGNA

Si può avere un figlio da embrioni congelati anche dopo essere rimaste vedove. Dall'uomo che si è perso, nel dolore, ma che rimane il padre di quel bambino che ora la donna vuole dare alla luce. Il via libera è arrivato dal Comitato di Bioetica dell'Alma Mater. Un caso esaminato la scorsa settimana, non il primo in Italia, che ha portato a un responso quasi unanime: nove voti favorevoli, due astensioni. Senza spaccature tra laici e cattolici.
Il comitato, presieduto dal giurista Stefano Canestrari, ex preside di Giurisprudenza, membro del Comitato nazionale per la bioetica, ha dato il nulla osta. «Non si tratta di una fecondazione post-mortem, vietata per legge», spiegano i saggi dell'Ateneo. «È il completamento di un percorso iniziato molti anni or sono quando il marito era ancora in vita». In questo caso c'è un embrione già fecondato e una madre che desidera accoglierlo, anche se il padre non c'è più. È la storia di una donna di 47 anni che si è rivolta al Centro di infertilità e procreazione assistita del Sant'Orsola, diretto dalla dottoressa Eleonora Porcu, vicepresidente del Comitato accademico. Rimasta vedova da alcuni mesi, ha richiesto il trasferimento in utero di embrioni crioconservati presso il centro stesso da 16 anni e generati con il seme del marito poi defunto. «È un suo diritto», ha sentenziato il Comitato, chiamato ad esprimersi sui casi (l'anno scorso quello delle gemelline siamesi nate con un cuore unico) solo sotto il profilo bioetico e non medico. Dopo un'ampia discussione (gli astenuti sono la psicologa Fiorella Giusberti e il chirurgo Giampaolo Ugolini), si legge nell'atto pubblico già trasmesso alla direzione sanitaria del policlinico, il comitato di Bioetica ha ritenuto che «nulla osti» alla richiesta della donna. Tra le motivazioni, anche il rispetto della legge 40 e la garanzia di tutela della salute della donna e dell'eventuale nascituro. «Esiste documentazione in letteratura relativa a bambini sani nati da embrioni crioconservati fino a venti anni», è scritto. È la stessa dottoressa Eleonora Porcu ad aver ottenuto il risultato di un bambino nato da un embrione congelato per undici anni, il periodo più lungo riportato in Italia. Bambini venuti dal freddo, nati da coppie che hanno tentato la strada della procreazione assistita e che hanno congelato gli embrioni non impiantati. Ora si dà speranza affinché una donna possa generare il figlio dell' uomo che ha perduto. 

Ilaria Venturi

mercoledì 23 maggio 2012

Fecondazione eterologa, la battaglia di una coppia bresciana

Corriere della Sera - 23 maggio 2012

Due anni fa hanno presentato ricorso al tribunale di Firenze contro la legge 40 del 2004. La donna: “Pronti a rivolgerci alla corte europea per i diritti dell'Uomo”

Tutto è iniziato con Giulia e Sergio. Una coppia giovane - i nomi sono di fantasia - con il desiderio di avere un figlio. La legge 40 glielo ha negato e loro, decisi a non darsi per vinti, hanno presentato un ricorso, per avere la possibilità di utilizzare quell'unica tecnica che potrebbe rendere possibile il loro sogno: la fecondazione eterologa. Il loro ricorso, che definiscono una «battaglia per la giustizia», è arrivato fino alla Consulta, che il 22 maggio ha deciso di restituire gli atti ai Tribunali che l'avevano investita del caso. Giulia e Michele vivono a Brescia, poco più di 30 anni lei e 35 anni lui. Michele è sterile. L'idea di rivolgersi a qualche centro estero per effettuare la fecondazione eterologa la escludono sin da subito: hanno paura, troppe le storie di esperienze negative di loro amici o conoscenti. E poi c'è il fattore, non trascurabile, di natura economica: hanno entrambi un lavoro dipendente e non abbastanza soldi per affrontare un simile «viaggio della speranza».Da qui la decisione, due anni fa, di rivolgersi ad un avvocato, per «affermare i propri diritti proprio qui, in Italia». Il ricorso è stato presentato al tribunale di Firenze, ed il giudice decide di sollevare il dubbio di legittimità costituzionale per il divieto dell'eterologa. Altre due ordinanza sulla stessa questione, dei tribunali di Catania e Milano, sono state riunite con il provvedimento del tribunale di Firenze ai fini del pronunciamento della Consulta. «Non so se riuscirò mai ad avere una gravidanza - afferma Giulia - ma volevo affermare un diritto. La nostra, arrivata fino alla Consulta, è una battaglia di giustizia. Siamo pronti, nel caso di un pronunciamento negativo, a rivolgerci alla Corte europea dei diritti dell'uomo». La decisione della Consulta. La decisione della Consulta è stata definita interlocutoria. I magistrati che hanno sollevato dichiarazione di incostituzionalità dovranno riformulare il quesito, basandosi solo sulle norme nazionali e non avendo come parametro la sentenza della Corte Ue per i diritti dell'uomo che trattava del divieto parziale alla fecondazione eterologa riferito alla legge austriaca.

martedì 22 maggio 2012

Eterologa, la Consulta non boccia la legge. "Non viola i princìpi Ue, decidano i tribunali"

Repubblica - 22 maggio 2012

La Corte Costituzionale ha invitato i giudici che avevano sollevato la questione (Firenze, Catania e Milano) a riconsiderare quanto deciso nel novembre 2011 dalla Corte europea che non ha ravvisato violazioni dei diritti dell'uomo: "I tribunali ora valutino se infrange la Costituzione italiana e nel caso formulino nuovi ricorsi"

ROMA - La Corte Costituzionale, che ha esaminato oggi il divieto di fecondazione eterologa stabilito dalla legge 40, ha restituito gli atti ai Tribunali che l'avevano investita del caso, chiedendo di valutare la questione alla luce della sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo pronunciata il 3 novembre 2011, sullo stesso tema.

La Consulta, in sostanza, invita i tribunali che avevano sollevato la questione (Firenze, Catania e Milano) a considerare la sentenza della Camera Grande della Corte di Strasburgo, che il 3 novembre scorso di fatto aveva giudicato legittimo vietare la fecondazione eterologa nei paesi comunitari. La sentenza si riferiva al ricorso di due coppie austriache sterili contro il divieto, stabilito dalla legge austriaca, di ricorrere a tecniche di fecondazione eterologa. Il divieto, secondo i giudici europei, non viola "l'articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) della Convenzione dei diritti dell'uomo".

La decisione di oggi della Consulta dunque non boccia la questione di incostituzionalità né dà un via libera definitivo alla legge 40. Spiega Valerio Onida, ex presidente della Corte Costituzionale e attualmente docente di Giustizia costituzionale presso l'università degli Studi di Milano: ''La Corte Costituzionale ha deciso di riproporre ai giudici di primo grado la questione, dicendogli di tenere conto di quanto deciso dalla Corte di Strasburgo'', la cui decisione è arrivata dopo che era stata sollevata dai tribunali la questione di costituzionalità.

''I giudici dovranno perciò rivalutare la questione - conclude - e decidere se riproporre il giudizio di costituzionalità alla Consulta, perché secondo loro continua a sussistere un contrasto con la Costituzione italiana, o invece valutare che, alla luce della sentenza europea, l'incostituzionalità non esiste più''.

Una sentenza accolta con toni decisamente favorevoli dai sostenitori della legge (come il Movimento per la Vita). Ma - sulla scia della spiegazione dei costituzionalisti - gli avvocati delle coppie che hanno sollevato la questione già annunciano la possibilità di un ricorso per la violazione del diritto all'uguaglianza sancito dalla Costituzione italiana.

LE SENTENZE DI STRASBURGO. In una prima sentenza, il primo aprile 2010, la Corte di Strasburgo aveva dato ragione alle due coppie, per le quali l'unico modo per avere un figlio è il ricorso alla fecondazione eterologa in vitro, ma il governo austriaco, sostenuto da quello italiano e quello tedesco, aveva chiesto una revisione del caso davanti alla Grande camera. A novembre la Corte ha invece ribaltato il proprio giudizio esaminando una legge austriaca, sottolineando che, viste le questioni etiche sollevate ma anche la rapidità dei progressi medici, ogni paese ha un ampio margine di manovra nel normare questa materia, e quindi la decisione di Vienna non lede di per sé i diritti delle due coppie.

LE REAZIONI. "Con il rinvio della questione di costituzionalità del divieto italiano di fecondazione eterologa ai giudici a quo, la Corte ha ritenuto preminente la soluzione negativa sul tema della discriminazione offerta dai giudici europei nel simile caso austriaco, ma ha lasciato aperta la questione in ordine a conflitti del divieto con altri principi costituzionali, non dando così una lettura definitiva". Con queste parole ha commentato la sentenza il prof. Alberto Gambino, ordinario di diritto Civile e direttore del dipartimento di Scienze umane dell'Università europea di Roma. "Mi dichiaro soddisfatto della decisione della Corte sulla fecondazione eterologa perché si allinea con la decisione del 3 novembre scorso della Corte europea dei diritti umani. La sentenza della Grande Camera non si era limitata a distruggere l'argomento con il quale i giudici ordinari avevano dubitato della costituzionalità del divieto di pma eterologa. La sentenza finale infatti nega che il divieto di pma eterologa violi i diritti umani e di conseguenza lascia liberi gli Stati di decidere sulle modalità della pma. E questo legittima le scelte che in Italia erano state fatte con la legge 40". Una decisione 'discutibile', secondo Marilisa D'Amico, ordinario di Diritto costituzionale all'Università degli Studi di Milano e legale di alcune coppie, "la decisione della Corte Costituzionale di restituire gli atti ai tribunali anziché esaminare la legittimità o meno del divieto di fecondazione eterologa stabilito dalla legge 40, come invece abbiamo chiesto nell'udienza di stamattina. Noi andremo comunque avanti". Non vede nella scelta della Consulta di non decidere un segnale del tutto negativo Maria Paola Costantini, uno dei legali delle coppie sterili i cui casi sono giunti oggi davanti alla Corte: "La Corte costituzionale, in pratica, ha deciso di non decidere. Ma se avesse dichiarato costituzionalmente legittimo il divieto di fecondazione eterologa previsto dalla legge italiana, nel nostro Paese questa pratica non sarebbe stata possibile per molti anni. La questione, in questo modo - dice Costantini - non è affatto chiusa". Di "sentenza positiva, anche se interlocutoria" parla Filomena Gallo, segretario dell'associazione Luca Coscioni e legale di una delle coppie coinvolte: "La Consulta poteva dichiarare che il divieto di fecondazione eterologa è costituzionale, invece ha rinviato la questione ai tribunali ricorrenti invitandoli a tener conto della sentenza di Strasburgo. La Consulta ha respinto le tesi dell'avvocatura di Stato - spiega Gallo - e ha accolto le nostre. La sentenza di Strasburgo è vero che sanciva la legittimità del divieto di eterologa, ma in modo parziale: si prescrive infatti ai singoli stati di adeguare la propria legislazione ai progressi delle tecniche. Ora i tribunali potranno riformulare l'eccezione di costituzionalità in maniera più precisa alla luce della sentenza di novembre della Corte europea, e ritornare alla Consulta, che a quel punto non potrà che dichiarare incostituzionale la legge 40".

L'ITER DAVANTI ALLA CONSULTA. Due ore di udienza pubblica, poi i giudici della Corte Costituzionale si sono ritirati in camera di consiglio per raggiungere il verdetto sul divieto di fecondazione eterologa - ossia con ricorso a ovociti o gameti non appartenenti alla coppia - stabilito dalla Legge 40 del 2004 che regola in Italia la disciplina della procreazione assistita. Il dubbio che i giudici dovevano sciogliere era quello sulla possibile incostituzionalità del divieto, sollevato con ordinanza di rinvio alla Consulta da tre tribunali in seguito al ricorso di tre coppie sterili che si ritevano discriminate dal comma 3 dell'articolo 4 della legge 40. Ma, alla fine, la Consulta ha scelto di non decidere.

L'udienza pubblica, che si è aperta con l'intervento del giudice Giuseppe Tesauro, riguardava tre specifiche ordinanze con cui si sono rimessi gli atti alla Corte Costituzionale: quella emanata il 6 settembre 2010 dal
Tribunale di Firenze 1, con cui per la prima volta in Italia un giudice ordinario ha ritenuto costituzionalmente illegittimo il divieto di procreazione eterologa per una coppia in cui l'uomo soffre di mancanza di spermatozoi causata da terapie fatte in adolescenza; quella del Tribunale di Catania 2 del 21 ottobre 2010, riguardante il caso di una coppia in cui la donna ha problemi di fertilità per una menopausa precoce; e quella del 2 febbraio 2011 del Tribunale di Milano, legata a una coppia in cui l'uomo è affetto da infertilità totale e irreversibile.

In realtà, teoricamente, l'abolizione del divieto non comporterebbe la "caduta" dell'intera legge perché questa disciplina l'intera materia della fecondazione assistita e della tutela dell'embrione. Il vuoto normativo eventuale riguarderebbe di fatto la decisione, tutta politica, di consentire alle coppie sterili italiane di ricorrere alla fecondazione eterologa in patria, senza dover andare all'estero, come anche l'anno scorso hanno fatto oltre 4mila coppie con problemi di sterilità.

È su questo punto che si è sempre acceso il dibattito, con il centrodestra e la Chiesa saldamente immobili nel negare questo diritto con una posizione che isola l'Italia dal resto d'Europa.

venerdì 18 maggio 2012

La truffa dei centri per l'infertilità, 4 arresti. Falsi tumori per lucrare sui farmaci gratis

Repubblica - 18 maggio 2012

Quattro ginecologi ai domicialiari, tra cui uno del policlinico di Bari. Diagnosticavano gravi malattie inesistenti alle aspiranti mamme per caricare sul servizio sanitario nazionale i costi dei medicinali e ofrrire prezzi vantaggiosi per la fecondazione assistita. Indagati altri tre medici e due pazienti

Prescrivevano farmaci per curare tumori al seno o altre gravi malattie alle stesse donne che tre settimane dopo si sottoponevano a fecondazione assistita. Un'anomalia possibile solo nel piano messo a punto dalla 'cricca' dei ginecologi pugliesi accessibili a prezzi concorrenziali, in virtù del fatto che i costi dei medicinali sommistrati in clinica venivano addebitati al Servizio sanitario nazionale. Quattro ginecologi sono stati arrestati dai carabinieri del Nas con le accuse di truffa aggravata ai danni dello Stato e diverse ipotesi di falso materiale e ideologico. I professionisti, due donne e due uomini, sono in servizio presso i centri per la cura dell'infertilità San Luca di Bari Pro Andros di Barletta, perquisizioni anche nell'Amalthea di Lecce; uno di loro è anche in servizio presso il Policlinico di Bari: Franco Causio. Con lui, nei guai, anche Simona Geusa e Teresa Leonetti che con lui operavano nel centro di procreazione assistita San Luca e nella Pro Andros di Barletta. L'altro arrestato è Edoardo Di Naro. Altri tre ginecologi pugliesi e loro due pazienti risultano indagati.

I fatti contestati si riferiscono agli anni compresi tra il 2008 e il 2011, nel corso dei quali i medici, secondo la ricostruzione effettuata dai militari dell'Arma, avrebbero effettuato una serie di diagnosi evidentemente non corrette, con tanto di certificati medici e piani terapeutici, per spingere le pazienti ad effettuare cure tramite costosi farmaci, che alle cliniche venivano poi rimborsati dal Servizio sanitario nazionale.

E se le diagnosi e le conseguenti cure erano del tutto false, veri risultavano invece i rimborsi agli istituti privati, che ammonterebbero a circa 200.000 euro. E' questa la cifra che i quattro operatori sanitari avrebbero indebitamente ottenuto a danno dello Stato. Nel corso delle indagini sono stati effettuati capillari controlli sulle aspiranti mamme, che negli anni sono state curate nelle tre cliniche, e sulle patologie ad esse diagnosticate, che hanno fatto emergere l'esistenza di un sistema truffaldino a detta degli investigatori ben collaudato. L'inchiesta è stata coordinata dal sostituto procuratore Michele Dentamaro, mentre l'applicazione delle misure cautelari è stata disposta dal gip Michele Parisi.

L'inchiesta della Procura di Bari, delegata ai carabinieri del Nas, nasce da una segnalazione di un dirigente della Asl Bt che evidenziava alcune anomalie relative alla prescrizione di un farmaco a pazienti alle quali veniva diagnosticata una grave malattia (tumore alla mammella, endometriosi, fibromi uterini...). In virtù della presenza di queste gravi diagnosi il medicinale era a totale carico del Servizio Sanitario nazionale. Poi, però, alle stesse pazienti dopo tre settimane, veniva prescritto un altro farmaco che invece, serve nella seconda fase della fecondazione assistita. Di qui i sospetti denunciati dal dirigente sanitario della Asl della Bat: donne affette da gravi malattie mai avrebbero potuto assumere il secondo farmaco a meno che il primo non fosse stato utilizzato per un altro scopo terapeutico: quale, appunto, la prima fase della fecondazione assistita.

Quindi le diagnosi che davano diritto alla prescrizione gratuita del costoso farmaco potevano essere false. In realtà, secondo l'accusa, servivano solo per la fecondazione assistita, ma in quel caso il costo sarebbe dovuto essere a carico del paziente o del Centro al quale si rivolgeva per iniziare un percorso di Procreazione medica assistita (Pma). Lo stesso dirigente denunciava anche che le maggiori prescrizioni anomale veniva effettuate da una precisa Clinica ginecologica del Policlinico di Bari. Gli accertamenti dei militari del Nas, coordinati dalla Procura, sono così risaliti a un vero e proprio "modus operandi" che permetteva agli arrestati non solo di essere concorrenziali rispetto ad altre Centri di procreazione assistita perchè il costo dei farmaci era sostenuto dalla Sanità pubblica, ma anche di truffare sul costo dei medicinali che in alcune occasioni veniva addebitato in fattura alla paziente. Da primi accertamenti risulta che sarebbero stati truffati almeno 200mila euro al Ssn.

In modo particolare i medici-ginecologi che operavano, come ricercatori al Policlinico di Bari, rilasciavano falsi certificati di diagnosi di gravi malattie a donne che in realtà si rivolgevano a loro solo con la speranza di diventare mamme. Queste donne poi venivano indirizzate nei Centri di Pma privati e qui iniziavano le procedure assumendo i suddetti e costosi farmaci forniti dagli stessi Centri che riuscivano a procurarseli a carico della Sanità pubblica, ma che venivano calcolati direttamente o indirettamente nel "pacchetto terapeutico" (composto di quattro fasi) che le donne acquistavano.


CHIARA SPAGNOLO

martedì 10 aprile 2012

Barry e i suoi seicento fratelli il papà era il dottore della clinica

La Repubblica - 10 aprile 2012 — pagina 20 sezione: CRONACA

LONDRA - Quando negli Anni ' 40 il biologo Bertold Wiesner e sua moglie, la dott.ssa Mary Barton, fondarono una clinica per la fecondazione assistita a Londra, le loro attività furono presto definite alla Camera dei Lord "opera di Belzebù". Chissà che si sarebbe detto se si fosse saputo che lo stesso Weisner era il padre naturale di almeno 2/3 degli oltre 1500 bambini che la coppia aiutò a concepire tra il 1943 e il 1962. A scoprirlo mezzo secolo dopo sono stati due dei suoi circa 600 ignari figli biologici: un documentarista canadese, Barry Stevens, e un avvocato londinese, David Gollancz. Appreso a 12 anni di essere stato concepito grazie all' inseminazione artificiale, Gollancz ha prima individuato il suo padre biologico in Wiesner e si è poi messo alla ricerca dei suoi fratellastri rintracciandone almeno 11, tra cui Stevens. Insieme hanno scoperto che 12 persone su 18 concepite nella "clinica Barton", com' era chiamata, erano figli di Wiesner. «Secondo stime al ribasso, potrebbe avere fatto 20 donazioni l' anno e aver messo al mondo tra 300 e 600 bambini», ha detto Gollancz al Sunday Times. «Persino 1000», azzarda Stevens. Calcoli considerati "plausibili" dagli esperti. Oggi sarebbe vietato. Più che per delirio d' onnipotenza, Weisner donò per necessità. «Tutti i donatori sono molto intelligenti», diceva la dottoressa Barton nel ' 59. Del resto, date le alte parcelle, la clientela era altolocata, o persino aristocratica, e quindi esigente. Ma i donatori scarseggiavano, troppi tabù. «Non mi piace l' idea di essere un "prodotto" su larga scala. Ma incontrare i fratellastri che sono riuscito a rintracciare è stato emozionante», ha detto Gollancz. «È però frustrante sapere che molti non li incontrerò mai». La dottoressa Barton distrusse gli archivi prima di morire: la maggior parte della cosiddetta "Prole di Barton" non conoscerà mai la sua vera storia familiare.
 
ROSALBA CASTELLETTI

sabato 7 aprile 2012

Verso la fecondazione di ovuli ottenuti da staminali

La Repubblica - 7 aprile 2012

Se le autorità britanniche daranno il via libera, l'esperimento potrebbe essere effettuato entro l'anno nei laboratori del Regno Unito. Al progetto lavorano gli scienziati dell'Università di Edimburgo e della Harvard Medical School

LONDRA - Le prime cellule di ovulo umano cresciute interamente in laboratorio potrebbero essere fecondate entro l'anno in laboratori britannici, sempre che le autorità sanitarie del Regno Unito diano il via libera. Lo scrive oggi il quotidiano The Independent in un articolo dedicato alle ricerche che potrebbero portare scienziati britannici e americani a riscrivere le regole della riproduzione: i biologi dell'Università di Edimburgo e della Harvard Medical School, a lungo rivali, lavorano ora assieme per produrre i primi ovuli umani maturi da cellule staminali isolate da tessuto ovarico di donne. Finora era stato possibile isolare un numero relativamente piccolo di cellule di ovulo mature direttamente dalle ovaie di donne stimolate con ormoni. Questa limitazione tecnica aveva fatto sì che il numero di queste cellule, o ovociti, fosse limitato.

L'esperimento rivoluzionario, se e quando sarà autorizzato, potrebbe aiutare donne sterili ad avere figli ma avrebbe anche il potenziale di evitare l'insorgere della menopausa e prolungare la vita riproduttiva femminile.

Fatto il primo passo - riporta The Independent - gli scienziati vogliono adesso tentare di fecondare gli ovociti cresciuti in laboratorio con sperma umano. Evelyn Telfer, dell'Università di Edimburgo, ha contattato informalmente la Human Fertilisation and Embryology Authority in vista della richiesta ufficiale per avere luce verde. "La fecondazione potrebbe avvenire entro l'anno", ha detto la Telfer al giornale.

Gli embrioni che risulteranno dall'esperimento saranno studiati per un periodo fino a 14 giorni, il massimo consentito dalla legge, per vedere se sono normali: non saranno mai impiantati in un utero umano perché considerati materiale da sperimentazione ma saranno congelati o lasciati morire.

Se dal test usciranno embrioni sani le implicazioni potrebbero essere enormi: gli scienziati che adesso parlano della prospettiva di creare un 'elisir della vita' probabilmente esagerano ma se si dimostrerà che gli ovuli da laboratorio si comportano esattamente come normali ovuli umani una conseguenza potrebbe essere l'addio alla menopausa, scrive il giornale britannico.

L'esperimento parte dal lavoro di uno dei componenti del team, Jonathan Tilly di Harvard, tra i primi in Occidente a confutare il cosiddetto 'dogma di Zuckerman', dal nome dello scienziato britannico Sir Solly Zuckerman che negli anni Cinquanta proclamò "inequivocabilmente" che le ovaie umane hanno un numero limitato di ovuli in esaurimento. Ricerche condotte negli ultimi otto anni hanno invece dimostrato che le ovaie dei mammiferi sono molto più versatili e contengono cellule in grado di produrre una costante riserva di ovociti.