mercoledì 12 dicembre 2012

La legge 40 di nuovo alla Consulta. "Via il divieto di sperimentazione sugli embrioni"

La Repubblica - 12 dicembre 2012

Il giudice civile di Firenze solleva la questione di legittimità costituzionale sulla norma che vietala la sperimentazione scientifica sugli embrioni non utilizzati e su quella che impedisce di revocare il consenso al trattamento

Parte da Firenze un nuovo ricorso alla Corte Costituzionale sulla legge 40. Il giudice civile ha sospeso il giudizio sul caso di una coppia sollevando la questione di legittimità costituzionale della parte della norma che vieta la sperimentazione scientifica sugli embrioni che non vengono utilizzati per la pma. La Consulta dovrà così decidere su un nuovo aspetto della legge sulla fecondazione assisitita, già modificata in molti aspetti dalla magistratura negli ultimi anni.

Gli embrioni da destinare all'attività scientifica sono quelli crioconservati e rimasti inutilizzati dopo i trattamenti di pma (perché malati o in sovrannumero) e per questo destinati all'autodistuzione dopo qualche anno. "In tal caso il divieto di utilizzo, a maggior ragione nell'ipotesi di precisa indicazione, come in questo caso, dei generanti, per finalità costituzionalmente rilevanti quali la ricerca finalizzata collegata alla tutela della salute degli stessi pazienti o della collettività risulterebbe del tutto illogico e irragionevole", spiega l'avvocato Gianni Baldini, che assiste la coppia da cui è partito il ricorso. Il giudice civile di Firenze si è attestato sulla stessa linea. Del resto, spiega il giudice Patrizia Pompei, l'articolo 9 delle Costituzione promuove la ricerca scientifica quando questa sia collegata alla tutela della salute individuale o collettiva prevista dall'articolo 32. Tra l'altro la legge italiana permette di fare sperimentazione su linee embrionali provenienti dall'estero.

Ma
il ricorso alla Corte Costituzionale riguarda anche il consenso informato. Secondo la legge 40 la donna dopo aver accettato di sottoporsi alla pma e aver creato l'embrione non può in nessun caso revocare il proprio consenso al trattamento. Teoricamente, se ad esempio litiga con il compagno, deve comunque avviare la fecondazione e casomai dopo interrompere chirurgicamente la gravidanza. Sempre secondo Baldini si tratta di una cosa illogica e irragionevole. Il giudice ha ritenuto che tale situazione è contraria ai principi generali secondo i quali il consenso informato costituisce la condizione di legittimità di qualsiasi trattamento che può essere revocata in qualsiasi momento. In caso contrario si configurerebbe un'ipotesi di trattamento sanitario obbligatorio, tso.

Il giudice rileva anche che la scarsa chiarezza sul concetto di embrione, mai precisamente definito dalla legge, ha implicazioni sia sulla libertà di ricerca che sull'irrevocabilità del consenso.


Michele Bocci