martedì 31 marzo 2009

Lo Stato difende la legge 40, ma per i movimenti è "restrittiva"

Roma, 31 mar. (Apcom) - Nel corso dell'udienza di questa mattina alla Consulta sono emerse tutte le anime che danno vita al dibattito sulla fecondazione assistita. La legge 40, ha sottolineato in udienza l'avvocato Gian Carlo Muccio, rappresentante della Warm, una delle principali associazioni che si occupano di procreazione, "compromette il diritto alla salute del concepito e la donna è considerata come un contenitore. Dal registro europeo emerge un dato esplicativo di come questa legge sia portatrice di effetti limitativi: su 100 cicli, il numero di gravidanze portate a termine risulta pari ad 8, mentre la media europea e' intorno a 18-20". L'Avvocatura dello Stato, invece, si è schierata a favore della legge: "La mia è una difesa giuridica della legge - ha detto infatti l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri - che ha connotati forti e di impatto, non vi è nessuna insensibilità da parte mia. Anche la legge francese e quella svedese pongono il limite di tre embrioni. In Inghilterra, poi, si raccomanda un impianto non superiore a due". Palmieri, poi, ha ricordato anche i dati diffusi il 27 marzo scorso dal ministero della Salute: "Oltre il 100% dei centri ha risposto e devo dare credito alle conclusioni, secondo le quali nonostante l'età elevata di chi si sottopone ai trattamenti i risultati sono in linea con quelli europei". "Anche i commentatori più critici - ha aggiunto l'avvocato dello Stato - osservano che da una lettura combinata dei diversi articoli della legge, emerge che il consenso della donna non e' affatto irrevocabile". Parola anche ai legali della Federazione nazionale dei centri e dei movimenti per la vita. Per l'avvocato Giovanni Giacobbe "il valore principale sul piano della Costituzione è quello della vita e il diritto alla procreazione è il diritto alla libertà. Il limite di tre embrioni è discrezionale ma non lede la ragionevolezza della legge; l'articolo 32 della Costituzione non risulta violato perchè se il trattamento non va a buon fine una volta, la donna non ha la necessità costituzionalmente garantita di sottoporsi ad ulteriori trattamenti". Per questo i rappresentanti dei movimenti per la vita hanno chiesto l'inammissibilità della questione sollevata dal Tar del Lazio. Anche secondo Antonio Baldassarre, altro rappresentante dei movimenti, la Corte COstituzionale "non può modificare il numero massimo di embrioni, ma solo far cadere il limite: questa sarebbe una soluzione profondamente irragionevole poichè la tutela dell'embrione sparirebbe e si darebbe piena espansione all'interesse della salute della donna". Ultimo intervento per gli avvocati che rappresentano due coppie con problemi di procreazione che si sono rivolte al tribunale di Firenze. "Abbiamo due coniugi sterili, con la donna affetta da malattie ereditarie - ha ricordato l'avvocato Giandomenico Caiazza - e i medici dicono che sarebbe necessario prelevare almeno sei embrioni. Ciò che contestiamo è la manifesta irragionevolezza di una legge che sconta una matrice ideologica, i cui obiettivi sono resi impossibili da una insensata rigidità".

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