giovedì 21 febbraio 2013

Chi ha diritto di decidere quante volte posso provare ad avere un figlio?



Corriere della sera - 20 febbraio 2013 - dal blog "la 27ma ora" di Angela Frenda

Le abbiamo ascoltate. Sollecitate. E poi, alla fine, la sensazione è che sui temi etici e (anche) quelli sociali, le nostre donne candidate riescano ad avere almeno un approccio “diverso” da quello al quale siamo abituati un po’ tutti. Ci consegnano una politica più umana, e meno barbarica del solito. Matrimoni  gay, adozioni, fecondazione eterologa, cittadinanza ai figli degli immigrati, testamento biologico, politiche della scuola… I temi etici e sociali sui quali si sono confrontate sono tanti e li potete scoprire cliccando IoPolitica (GUARDA), il nostro docuweb.  Mi ha colpito però che sulla fecondazione, sulla “famigerata” legge 40, siano venute fuori comunque differenze evidenti. Fare un figlio non per tutte le nostre candidate è qualcosa da agevolare a tutti i costi. E così la normativa che abbiamo per qualcuna ”va bene così”. Quella stessa normativa che oggi costringe tantissime donne a scappare all’estero. E che ha consentito di coniare un nuovo termine: turismo riproduttivo. La Spagna, tanto per fare un esempio, è una delle destinazioni privilegiate, perché adotta una legge che consente la fecondazione assistita per le donne single, l’ovodonazione, l’embriodonazione e l’anonimato dei donatori.
Mi chiedo: ma è giusto? Eppure, per effetto di alcune decisioni della Corte Costituzionale, è stata accertata l’illegittimità su alcuni aspetti controversi della legge 40. In particolare è stato ritenuto incostituzionale il limite di produzione di tre embrioni nonché l’obbligo legislativo di “un unico e contemporaneo impianto”. Della serie: qualcosa da rivedere ci sarebbe. Perché non riaprire il  dibattito, magari provando a rendere questa legge più umana e più a misura delle donne di oggi?In molte arriviamo tardi a concepire un figlio, spesso per ragioni lavorative… E tantissime incontrano ostacoli nel concepimento. Perché uno Stato moderno dovrebbe porne altri, di ostacoli? Perchè poi penalizzare, anche su questo punto così delicato, chi magari ha meno possibilità economiche? Personalmente, da laica, credo che non basti trincerarsi dietro motivazioni etiche, perché la sofferenza e il dolore di moltissime donne parla da solo. Ecco perché mi aspetterei dalla componente femminile che si candida a rappresentarci in Parlamento un impegno trasversale almeno su questo tema prioritario, se non altro perché ci tocca tutte da vicino. Senza distinzioni.
Provocatoriamente chiedo a loro, ma soprattutto a voi, lettori: chi ha diritto di decidere quante volte devo provare ad avere un figlio? E perché dobbiamo tenerci (in semi-silenzio) questa benedetta legge 40?

sabato 26 gennaio 2013

Bebè in provetta, stangata in arrivo ora si pagherà anche in ospedale

La Repubblica - 26 gennaio 2013

La Regione Sicilia taglia la spesa: da aprile duemila euro per ogni ciclo di procreazione assistita. Insorgono i medici dei centri privati: "Così si favorisce l'emigrazione". In molte altre regioni la fecondazione è gratuita. E a Palermo uno dei due centri pubblici non funziona da anni

Stangata in arrivo per le 5 mila famiglie siciliane che ricorrono alla fecondazione assistita. Nell'Isola sono circa 6.500 all'anno le coppie che hanno difficoltà ad avere figli: oltre 5 mila di esse richiedono la procreazione medicalmente assistita, ma le strutture siciliane coprono solo 3 mila prestazioni all'anno. E così quasi duemila donne emigrano al Nord, dove le prestazioni sono gratuite: viaggi della speranza che costano alla Regione sei milioni all'anno. Attualmente in Sicilia l'80 per cento delle fecondazioni viene effettuata nei centri privati: solo il 15 per cento delle coppie riesce ad accedere negli unici due ospedali pubblici che garantiscono il servizio a costo zero. E da aprile avere un figlio in provetta sarà solo un privilegio per chi ha soldi: un decreto di ottobre fissa una tariffa di 3187 euro a ciclo anche per le strutture pubbliche e fissa un tetto di duemila prestazioni parzialmente rimborsabili. La Regione contribuirà con mille euro. Tutto il resto sarà a pagamento. A lanciare l'allarme sono le associazioni che raccolgono le coppie con problemi di sterilità.

"Il costo è troppo alto e gli esclusi ritorneranno in Lombardia e nelle regioni del Nord", denuncia Hera, un'onlus che da anni opera nel settore. E sul piede di guerra sono anche le 23 strutture private escluse dal nuovo network di centri autorizzati, che hanno proposto un ricorso in massa al Tar per chiedere l'annullamento del decreto. "Perché indurre migliaia di coppie alla migrazione procreativa. A chi giova?",

si chiede Antonino Guglielmino, professionista che da anni effettua la procreazione medicalmente assistita. Una delegazione di associazioni di famiglie e centri privati è stata ricevuta da un rappresentate dell'assessorato regionale ala Salute. Ma, a meno di passi indietro del nuovo assessore Lucia Borsellino, le nuove regole entreranno in vigore tra poco più di tre mesi e avere un figlio in provetta diventerà un lusso.

Con il nuovo decreto firmato a ottobre dall'ex assessore Massimo Russo viene istituito un network di centri autorizzati, di cui fanno parte 9 strutture pubbliche e 6 private, e fissato un costo di 3.178 euro per un ciclo completo. La Regione rimborsa fino a mille euro a ciclo per un massimo di duemila cicli, il resto è a carico delle famiglie. Le strutture dovranno raggiungere quota 200 cicli all'anno per rimanere in vita.

A Palermo sono solo due gli ospedali pubblici attrezzati per la in vitro. Ma il centro dell'ospedale Ingrassia, che effettuava in media 200 cicli all'anno con liste d'attesa di un anno e mezzo, è chiuso dal giugno 2010, quando arrivarono i Nas in corsia e l'allora direttore Serafino Garda decise di chiudere in autotutela le sale operatorie del reparto di Ginecologia e l'annesso laboratorio per la procreazione in vitro.

Sono passati due anni e mezzo ma il progetto di ristrutturazione da un milione e 700 mila euro è ancora al palo e le attrezzature per la procreazione costate nel 2005 quasi 300 mila euro sono ferme. Resta attivo solo il Policlinico, che nel 2011 ha effettuato solo 92 cicli a fronte di una lista d'attesa di 300 persone. Il nuovo decreto prevede l'istituzione di un terzo centro a Villa Sofia-Cervello. "Anziché creare nuovi centri - commenta il professore Antonio Perino, primario al Policlinico - si potrebbero potenziare quelli esistenti". Non va meglio nella Sicilia orientale, dove il servizio è appaltato ai privati e l'unica struttura pubblica a offrirlo è l'ospedale Cannizzaro.

Per uno dei padri della fecondazione assistita, Ettore Cittadini, il decreto non farà altro che incoraggiare la fuga verso le altre regioni: "Al Nord - dice - il servizio è inserito nel prontuario sanitario delle prestazioni rimborsabili. Per fermare l'emorragia bisognerebbe fare così anche in Sicilia".


Giusi Spica