giovedì 28 aprile 2011

Miguel Bosè è diventato papà

Corriere della Sera - 27 aprile 2011

Il cantante spagnolo, 55 anni, padre di due gemelli grazie ad una mamma in affitto

MILANO - Miguel Bosè è diventato papà di due gemelli. «Ho una bellissima notizia da dare - ha scritto il cantante sul suo profilo Facebook e su Twitter - sono padre di due bellissimi gemelli che hanno compiuto un mese. Si chiamano Diego e Tadeo. Stiamo già a casa e stiamo bene. Sono l'uomo più felice della Terra. Un abbraccio forte e a presto. Miguel».

UTERO IN AFFITTO - Bosè, 55 anni, è diventato padre grazie a una madre in affitto negli Stati Uniti. La notizia è stata confermata al quotidiano spagnolo «El Mundo» dall'agente di Bosè, senza però fornire maggiori dettagli. Secondo la giornalista di «Telecinco» Mercedes Mila, che ha saputo dallo stesso cantante della nascita dei due «miguelitos», Bosè aveva espresso da tempo il desiderio di diventare padre e, ispirato da Ricky Martin, suo amico, ha deciso di ricorrere a un utero in affitto.

mercoledì 20 aprile 2011

Lo stress non compromette la fecondazione artificiale

Corriere della Sera - 20 aprile 2011

Secondo nuovi dati ansia e stanchezza non riducono le possibilità di concepimento con le tecniche in vitro

MILANO - Una rassegna pubblicata di recente sul British Medical Journal rassicura le donne che si sottopongono alle tecniche di fecondazione in vitro: lo stress emotivo causato dall’infertilità o da altri fatti della vita non sembrerebbe ridurre le possibilità di successo.

STRESS E ANSIA - La buona notizia è frutto dell’analisi, da parte di alcuni ricercatori britannici, dei dati raccolti in 14 studi precedenti su più di 3.500 donne con problemi di fertilità che avevano optato per la riproduzione assistita. Tutte le partecipanti erano state sottoposte a una valutazione di ansia e stress prima di procedere con i trattamenti per la fecondazione. Confrontando i dati sullo stato emotivo delle donne e le gravidanze portate a termine con successo, si è visto che le chance di successo delle donne più "stressate" non erano diverse da quelle delle compagne più serene. Piuttosto eventuali esiti negativi sarebbero più da attribuire all’età: i dati raccolti indicano infatti che la fecondazione in vitro ha successo in circa un terzo delle donne sotto i 35 anni, ma solo nel 5-10 per cento di quelle che hanno superato i 40.

RASSICURAZIONE - Molte donne con problemi di fertilità sono convinte che il proprio stress emotivo sia una delle cause dell’incapacità di concepire naturalmente o con l’aiuto delle procedure di fecondazione assistita. E in effetti quando non si riesce ad avere un figlio la frase che ci si sente più spesso dire da chi ci sta vicino è «rilassati e vedrai che resterai incinta». In realtà, fanno notare gli autori della rassegna, questo non è che uno dei tanti falsi miti che circondano il concepimento. «I dati che abbiamo raccolto dovrebbero rassicurare le donne che temono che il proprio stress emotivo, legato all’incapacità di concepire naturalmente o ad altri eventi negativi verificatesi in corso di trattamento, possano ridurre le possibilità di rimanere incinte» riferisce Jacky Bovin della School of Psycology della Cardiff University che ha guidato lo studio.

INFERTILITÀ IN ITALIA - Secondo i più recenti dai del Ministero della Salute l’infertilità in Italia riguarda circa il 30 per cento delle coppie, un dato simile a quello di altri Paesi industrializzati. Nel nostro Paese, solo nel 2008 sono state più di 59mila le coppie che si sono rivolte a uno dei centri autorizzati per la procreazione assistita, per un totale di più di 79mila cicli di trattamento, da cui sono state ottenute quasi 13mila gravidanze con 10.212 bambini nati vivi. Per quanto riguarda l’età media delle donne che accedono alla fecondazione assistita negli ultimi hanno è stato evidenziato un trend in aumento: nel 2005 l’età media era di 35 anni, mentre nel 2008 è salita a 36,1 anni, con un ciclo su 4 effettuato da donne con età superiore ai 40 anni.

Antonella Sparvoli

sabato 16 aprile 2011

Le famiglie dei figli in provetta? Più equilibrate e solide

Corriere della Sera - 16 aprile 2011 - Pagina 47

Fresca di laurea in biologia, sana, graziosissima è lei la più bella pubblicità alla fecondazione assistita. Nata nel 1983 a Napoli, Alessandra Abbisogno è il primo essere umano concepito fuori dal corpo della donna in Italia, cinque anni dopo il «miracolo» di Louise Brown, mitica figlia della provetta che ha valso cinquantadue anni dopo al suo artefice, Robert Edwards, il Nobel per la medicina. Lo scienziato, oggi ottantacinquenne, mantiene con la donna, adulta e madre a sua volta, un' affettuosa amicizia, analogamente a quanto avviene fra Alessandra e il ginecologo che l' ha fatta nascere, Vincenzo Abate. Ma sono casi «storici»; nella vita di ogni giorno l' essere venuti al mondo grazie alla tecnologia resta un segreto gelosamente custodito all' interno della coppia. È prassi corrente in Italia, come testimoniano gli operatori dei centri di procreazione assistita; tra questi Andrea Borini, direttore scientifico di Tecnobios, a Bologna: «Forse la mentalità sta lentamente cambiando, ma la scelta prevalente è ancora oggi quella del silenzio». In altri paesi le cose non vanno in modo diverso. Come testimonia il ginecologo Carlo Flamigni, uno dei maggiori scienziati italiani in questo ambito del quale è appena uscito per le Edizioni Pendragon, Figli del cielo, del ventre e del cuore: «Una ricerca condotta da uno psicologo dell' università di Londra e pubblicata su Human Reproduction nel 2006 ha studiato le famiglie di bambini nati con la fecondazione assistita che avevano raggiunto i dodici anni, scoprendo che nel 65 per cento dei casi i figli non sono a conoscenza della loro storia. Quando poi è in gioco una donazione di spermatozoi, il silenzio sfiora il 90 per cento». «E certamente in Italia, il divieto di quest' ultima esperienza con il conseguente turismo sanitario, oggi rivolto soprattutto alla Spagna e alla Grecia, non è stato di aiuto» aggiunge Claudia Livi, direttore del Centro Demetra di Firenze. D' altro canto, la stessa ricerca ha messo in evidenza che questi ragazzi sembrano tranquilli e sereni e le famiglie reggono nel tempo: i tassi di divorzio sono bassissimi. Questa della family stile Mulino Bianco è una storia ricorrente fra le coppie che l' hanno formata grazie al laboratorio e alle provette; emerge da ricerche condotte negli Stati Uniti (alcune, molto superficiali), ma anche dall' unica finanziata dalla Commissione europea che ha riguardato l' Italia insieme alla Gran Bretagna, l' Olanda e la Spagna. Lo studio si è articolato in due fasi: la prima ha coinvolto 400 famiglie con bambini fra i quattro e gli otto anni nati con il seme di un donatore, con la fecondazione omologa (spermatozoi e ovuli della coppia), adottati e concepiti naturalmente; la seconda ha testato di nuovo le stesse famiglie cinque anni dopo per vedere che cosa succede con la crescita dei figli. Il quadro più roseo, dove i legami affettivi risultano più solidi e equilibrati (emerso dal primo studio, confermato dal secondo) è quello delle famiglie dove c' è stata l' esperienza della fecondazione assistita. Anche quando il padre non è quello biologico e vive, inevitabilmente, il «fantasma» del donatore: sente il bisogno di diventare protagonista del rapporto col figlio e, di conseguenza, gli si dedica molto. «È un risarcimento - conferma Carla Facchini, che insegna sociologia della famiglia all' università di Milano-Bicocca -; l' equivalenza fra fertilità e virilità è un patrimonio interiorizzato dell' uomo di oggi; fare il superpapà è una sorta di battaglia contro questo. Peraltro siamo di fronte a realtà che pongono quesiti nuovi sulla genitorialità». «Forse certi fantasmi potrebbero essere meno ingombranti se cambiassero le parole per dirlo, la terminologia medica - aggiunge la sociologa Marina Mengarelli -; aver chiamato queste procedure tecniche di tipo eterologo, averle definite una sorta di adulterio legalizzato, è stato privo di conseguenze sul loro impatto sociale? Non si può più semplicemente parlare di donazione?». «Credo - conclude Flamigni - che il desiderio di avere un figlio trascenda l' ordine biologico, sia da riferire prima di tutto al mondo del simbolico. Se cominciamo a ragionare così, la biologia perde, finalmente, un po' della sua tirannia».

Porciani Franca

venerdì 8 aprile 2011

Fecondazione assistita gratuita, vincono le mamme: non erano al corrente dei costi

Corriere del Veneto - 8 aprile 2011

PADOVA - Le pazienti, che tra il 2003 e il 2010 si sono sottoposte gratuitamente al trattamento di fecondazione in vitro nel centro di procreazione assistita dell'Azienda ospedaliera, non erano state informate del fatto che quelle prestazioni fossero invece a pagamento. Per la precisione: 400 euro le Fivet («fertilizzazione in vitro con embryo transfer»), 700 le Icsi («inseminazione intracitoplasmatica dello spermatozoo»). Dunque il buco da 300 mila euro nelle casse dell'ospedale, venutosi a creare proprio per la mancata riscossione degli interventi, non può essere a loro addebitabile. E' questo il punto a cui è arrivata la commissione interna dell'ospedale, istituita lo scorso 23 febbraio dal direttore dell'Azienda ospedaliera Adriano Cestrone, d'intesa con il segretario regionale alla Sanità Domenico Mantoan, con il compito di chiarire le eventuali responsabilità delle pazienti, che ha chiuso ieri i lavori.

Secondo la commissione, quindi, che ora preparerà un rapporto e lo consegnerà allo stesso Cestrone, le donne si sarebbero comportante in buona fede, versando solo quello che era stato richiesto loro dal personale della Clinica. E non dovranno essere loro, insomma, a risarcire l'ospedale. «E' una nostra vittoria, siamo contentissime - esulta Cristina Bernardi, la coordinatrice del comitato «Sosinformazioni», che in questi mesi ha guidato la battaglia delle pazienti -. E' l'epilogo che si poteva immaginare. Troppe erano state le dichiarazioni delle donne, che hanno sostenuto che nessuno le aveva informate di pagare quelle prestazioni». La Bernardi, che per raggiungere l'obiettivo aveva mobilitato anche il telegiornale satirico di Canale 5 Striscia la Notizia, è un fiume in piena. «Non è finita qua - dice -. L'Azienda nei giorni scorsi ci ha mandato una raccomandata, nella quale ci è stato anticipato che non dovremo rimborsare gli interventi. Ora, però, bisogna vedere se c'è qualche donna che, dopo l'ingiunzione avanzata dall'ospedale, per timore ha pagato. Anche quei soldi, come ci è stato promesso, dovranno essere restituiti».

Da parte della coordinatrice del movimento non manca, tuttavia, una riflessione amara. «Se non avessimo sollevato questo polverone non so com esarebbe andata a finire - afferma -. Qualcuno forse si sarebbe preso la briga di verificare che le pazienti non avevano pagato le fecondazioni solo perché nessuno le aveva chieste loro? Né le donne, né i medici erano a conoscenza del fatto che quelle fecondazioni andassero pagate. Adesso non so chi dovrà tirare fuori i soldi, ma è chiaro che c'è stato un errore dell'amministrazione. E anche la Regione ha le sue responsabilità. Non è normale, infatti, che in Veneto ogni centro di procreazione assistita abbia regole diverse». Alla fine, dunque, la Bernardi annuncia. «Non ci fermeremo - dice -. Da questa esperienza sono nate tante cose belle. Abbiamo deciso di fondare una Onlus, che si occupi della ricerca sulla fecondazione assistita. E presto ci sarà anche un grande concerto».

E una parola arriva anche dal professor Guido Ambrosini, l'ex responsabile del centro di procreazione, licenziato dall'Azienda ospedaliera per la mancata riscossione delle prestazioni e poi reintegrato dopo la sentenza del tribunale del Lavoro. «E' stata tutta un'operazione politica - confida -. Come si è visto le donne non avevano nessuna responsabilità. Ma anche noi medici. La Regione doveva informarci chiaramente che, dopo il passaggio dal trattamento in day hospital a quello ambulatoriale, le fecondazioni dovevano essere fatte pagare».

Giovanni Viafora