martedì 17 marzo 2009

Diagnosi a Istanbul operazione a Pavia

La tribuna di Treviso — 14 marzo 2009 pagina 06

MANTOVA. Ormai ha nove anni e forse nemmeno si ricorda più di quando era talassemico. E’ il nipote di una immigrata turca che abitava a Castiglione delle Stiviere. La sua vita era già un calvario di trasfusioni e forse sarebbe stata breve, ma all’età di 4 anni è stato operato al San Matteo di Pavia, ricevendo in dono cellule staminali del cordone ombelicale delle sue sorelline che, in un certo senso, devono il fatto di essere venute al mondo proprio alla malattia del primogenito che grazie a loro oggi sta benone. La mamma infatti aveva già un secondo figlio, ma il suo midollo non era compatibile. Così i genitori con la fecondazione in vitro ottennero embrioni da sottoporre alla diagnosi pre-impianto, ne furono scelti due «sani» e adatti al primogenito malato. Tutto ciò però avvenne a Istanbul, visto che in Italia la legge 40 vieta la diagnosi pre-impianto e obbliga a impiantare tutti gli embrioni senza sapere se portano malattie genetiche. Per i primi anni dopo il trapianto, il bambino che era tornato con i genitori ad Ankara, è venuto a Pavia due volte all’anno per controlli. Finchè nel 2006 è stato dichiarato completamente guarito. Nel 2004 il suo trapianto finì su tutti i giornali perché era il primo caso di bambino talassemico guarito grazie a fratellini nati apposta per salvarlo, ma l’allora ministro della sanità Sirchia aveva lodato il successo medico, trascurando di citare la triangolazione vietata dalla legge e cioè che mamma Esra per salvare il figlio aveva dovuto tornare in Turchia e fare la diagnosi preimpianto al Memorial Hospital di Istanbul. Poi dal cordone ombelicale delle gemelline furono prelevate le cellule staminali che a Pavia furono trapiantate al bimbo talassemico.

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