martedì 10 marzo 2009

Eugenia Roccella: «La legge 40 funziona, non va cambiata»

Il sottosegretario al Welfare: «E’ venuto il momento di considerare i tanti aspetti positivi di questa legge»

ROMA - «E’ venuto il momento di considerare i tanti aspetti positivi di questa legge e smettere di criticarla a priori. Per la prima volta disponiamo di un rapporto dettagliato sulla procreazione medicalmente assistita. Sappiamo dove è necessario intervenire per migliorare la situazione e facilitare, oltre che rendere più sicura, la strada delle coppie sterili», afferma Eugenia Roccella, sottosegretario al ministero del Welfare.

Quali gli aspetti positivi secondo lei?
«I centri per migliorare le performance hanno dovuto affinare certe tecniche e dunque intensificare la ricerca. Il che ha giovato alle coppie in termini di sicurezza. Le donne hanno compreso che non è sempre necessario andare all’estero. E questo fenomeno è dimostrato dall’aumento di attività dei centri italiani. Al 2005 ad oggi le coppie che hanno richiesto semplice inseminazione oppure le tecniche di secondo e terzo livello come Fivet e Icsi sono passate da 43.000 a 55.500. Un segnale di fiducia. Tra gli aspetti positivi inoltre il miglioramento di efficienza di una tecnica alternativa al congelamento degli embrioni. Aumentano le percentuali di successo di gravidanze ottenute dopo il congelamento o la vitrificazione di ovociti. Molti centri stanno percorrendo questa strada».

Però la legge mostra risvolti molto negativi. Non sono diminuiti i parti trigemini, legati all’obbligo di trasferire in utero tre embrioni. Come interverrete?
«I parti trigemini non sono diminuiti rispetto al 2005 ma neppure aumentati. Certo la media italiana è troppo superiore a quella europea, il 2,7% rispetto all’1,3%.. Credo che dobbiamo migliorare il sistema di rilevamento dei dati per arrivare a identificare i centri dove il numero di trigemini è inaccettabile, con punte che raggiungono il 7%. Ricordo che i dati relativi al 2007 sono stati raccolti senza poter introdurre novità. Esiste ora una direttiva europea, già recepita dall’Italia nel novembre del 2007, che impone regole severe per quanto riguarda la conservazione di cellule e tessuti e obbliga di prevedere la tracciabilità dei dati. Invece da noi questa via non è ancora accessibile. Occorre risolvere definitivamente il problema con l’Autority della privacy».

Secondo il terzo rapporto, le gravidanze ottenute attraverso tecniche in vitro sono aumentate in tre anni passando da 6.200 a 7.850 e lo stesso vale per i bambini nati, da 3385 a 6486. Lei ritiene che sia un successo. Ma non tiene conto del crollo di gravidanze e bambini nati successivo all’introduzione della legge 40?
«I dati odierni non possono essere confrontati con quelli precedenti il 2005, anno del primo rapporto. Allora mancava un sistema affidabile di raccolta dati. L’adesione al registro innanzitutto non era obbligatoria, i centri comunicavano i dati in modo spontaneo tanto che soltanto la metà delle strutture venivano censite. Dunque, come ha dichiarato anche il presidente dell’Istituto superiore di sanità Enrico Garaci, non si può paragonare la situazione attuale a quella del passato. Non è serio e corretto sul piano scientifico».

È aumentata l’età media delle donne, da 35,4 anni a 36. Un fenomeno che la preoccupa?
«Sì perché il successo delle tecniche si abbassa con l’aumento dell’età. Le donne devono cambiare atteggiamento. Il ricorso alla procreazione medicalmente assistita è l’ultima spiaggia. Non devono essere alimentate false speranze. I tassi di successo sotto i 30 anni sono del 30-33%, tra i 40 e 42 anni si abbassano al 12%, a 43 anni si assottigliano ancora, al 6%. Questo deve essere chiaro».

La legge però contiene limiti penalizzanti, come il divieto di diagnosi reimpianto sull’embrione e il divieto di fecondare più di tre ovociti per volta. Prevedete un correttivo?
«No, questa legge è stata confermata da un referendum popolare. Non c’è dunque esigenza di cambiarla. Per quanto riguarda il limite dei tre embrioni siamo in attesa della sentenza della Corte Costituzionale, prevista a fine marzo. Poi vedremo».

Per aggirare l’ostacolo del divieto di analizzare l’embrione in modo da prevenire malattie genetiche ereditarie alcuni laboratori hanno indirizzato la ricerca verso la diagnosi pre concepimento, sul globulo polare, eticamente praticabile. Che ne pensa?
«I risultati sono ancora molto incompleti. Siamo ai primi passi.. Sembra tuttavia una strada promettente».

Margherita De Bac

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