mercoledì 28 luglio 2010

Ospedale di Padova: in partenza gli avvisi di pagamento a 900 donne

Il mattino di Padova — 28 luglio 2010 pagina 19 sezione: CRONACA

La vicenda Fivet e Icsi, un milione di prestazioni di fecondazione assistita erogate e mai pagate, ora corre su due binari ben distinti: l’azienda ospedaliera, pronta a far salire sul banco degli imputati coloro che avevano il compito di far pagare le prestazioni, si muove anche per recuperare il denaro mai incassato. Sul tavolo del direttore generale Adriano Cestrone da un lato novecento lettere destinate ad altrettante pazienti in cui si chiede loro di pagare la prestazione ricevuta e non ancora saldata, dall’altro le controdeduzioni presentate ieri mattina da Guido Ambrosini, responsabile dell’Unità operativa semplice di Fisiopatologia della Riproduzione, centro in cui vengono effettuate sia le Fivet che le Icsi. Nelle poche pagine recapitate in direzione la difesa del ginecologo dalla pesante accusa di «gravi inadempienze nei doveri d’ufficio», che potrebbe costargli sospensione e allontanamento dall’azienda. Dopo l’analisi dei documenti da parte della direzione sanitaria, il plico potrebbe finire nella mani del comitato dei Garanti. Tra lettere e difesa il neonato comitato di donne che non hanno alcuna intenzione di pagare la fecondazione medicalmente assistita effettuata in via Giustiniani. La proposta? Un mega ricorso contro l’azienda ospedaliera. Anima della battaglia Daniela Tosato, madre di una splendida bimba venuta alla luce dopo un trattamento di fecondazione assistita nel centro di Guido Ambrosini: «Lancio un appello a tutte le donne che hanno eseguito queste cure, ma anche a tutti coloro che vorranno sostenerci in questa battaglia etica e morale sul libero accesso alle cure di procreazione assistita. Perché queste cure vengono ritenute non indispensabili? Perché si vuole considerare la volontà di avere figli e costruire una famiglia una prestazione non essenziale, al pari di un intervento di chirurgia estetica?». Daniela ha pensato a tutto: dall’indirizzo mail (dani.tosato@virgilio.it) al telefono (349.3982386). «L’invito è quello di mettersi in contatto con noi», continua «mi rivolgo a tutte le donne che hanno eseguito queste cure, che hanno già pagato di tasca propria sia in termini economici che psicofisici».


Fabiana Pesci

venerdì 23 luglio 2010

Fecondazione assistita, giudice Bologna: si' a diagnosi preimpianto

Il Tribunale di Bologna, con tre ordinanze depositate tutte il 19 luglio scorso ha accolto la richiesta di tre coppie siciliane di accedere alla diagnosi pre-impianto. Ne da' notizia l'Istituto di biologia della riproduzione Hera. Due delle coppie siciliane - sostenute da Hera e dal collegio di difesa composto dalla prof.ssa Marilisa D'Amico e dagli avvocati Maria Paola Costantini, Sebastiano Papandrea, Massimo Clara e Ileana Alesso - avevano problemi gravi di Beta-talassemia con storie dolorose. La terza coppia aveva gia' vissuto il trauma di ripetuti aborti spontanei e conseguenti raschiamenti a seguito di traslocazione cromosomica. Per questo si erano rivolte al Sismer di Bologna che aveva accertato le condizioni cliniche ma rifiutato per l'incertezza sulla possibilita' di effettuare la diagnosi pre-impianto e soprattutto per il fatto che avrebbero dovuto limitarsi a creare solo tre embrioni e trasferirli tutti nell'utero materno a prescindere dalle condizioni della donna e dei rischi che ne potevano conseguire. "Il giudice di Bologna fuga cosi' tutti i dubbi del sottosegretario alla Salute, Eugenia (Roccella) e del ministro Sacconi, che, pur di fronte al chiaro pronunciamento della Corte Costituzionale, si sono ostinati a perseguire una tenace opera di disinformazione nel chiaro intento di non applicare quanto disposto dalla Consulta".

Aduc - 23 luglio 2010

giovedì 22 luglio 2010

SPAGNA - Embrioni sovrannumerari dati in adozione senza consenso coppie

Centinaia di embrioni di coppie inglesi, ma anche di altri paesi, sono stati donati da una clinica spagnola per la fertilita' ad altre coppie senza il consenso dei genitori biologici. Lo afferma un articolo del Daily Telegraph, secondo cui la clinica decide autonomamente il destino degli embrioni in sovrannumero se i genitori non esprimono una preferenza.
Secondo l'articolo l'Institut Marques, poco fuori Barcellona, ha varato il suo programma di adozione degli embrioni nel 2004.
Alle coppie che si sottopongono a procedure di fecondazione assistita nel centro viene chiesto cosa fare degli embrioni in sovrannumero, e fra le opzioni c'e' anche quella di darli in adozione ad altre coppie. In caso non ci sia nessuna risposta, l'ospedale decide autonomamente di 'assegnare' gli embrioni ad altre coppie, cercando di sceglierle geograficamente distanti dai donatori per evitare che due fratelli si incontrino. Su 317 coppie britanniche curate dall'istituto ben 114 non hanno espresso preferenze, mentre 26 hanno accettato l'adozione. In tutto, afferma la clinica, 460 bambini sono nati con il programma di adozione.
'Anche se offriamo alle coppie ogni possibile soluzione per gli embrioni, dalla distruzione alla donazione a scopo di ricerca - spiega Marisa Lpez-Teijn, che ha elaborato il programma - ci troviamo comunque con centinaia di embrioni 'orfani', e vogliamo dar loro la possibilita' di diventare bambini'.


Aduc - 22 luglio 2010

venerdì 9 luglio 2010

Costretti ad andare in Turchia per salvare il proprio figlio

Il Resto del Carlino - 4 luglio 2010

La legge italiana non consente la diagnosi genetica preimpianto. Due coniugi reggiani hanno dovuto sottoporsi a una lunga prova per procreare il secondogenito che (grazie alle staminali) ha salvato la vita al primogenito.

Reggio Emilia, 4 luglio 2010. CARLO oggi ha 13 anni e sta bene. Carlo (è un nome di fantasia, ndr) non deve più sottoporsi a trasfusioni ogni tre settimane, nè tenere un ago nel braccio ogni notte per far sì che un farmaco abbassi il ferro nel suo organismo, nè prendere la terapia anti-rigetto.

E’ un bambino più maturo dei suoi coetanei, con una normale aspettativa di vita e che adora Francesca (anche questo è nome di fantasia, ndr), la sua sorellina di due anni e mezzo. Le vuole bene e basta, indipendentemente dal fatto che è grazie a lei e alla perseveranza dei suoi genitori che oggi può fare programmi per il futuro.

SÌ, perché nonostante la legge 40, che nel 2004 ha vietato la diagnosi genetica preimpianto, sua madre e suo padre sono riusciti a dar vita a un altro bambino che non avesse la sua stessa rarissima malattia e usarne il cordone ombelicale per ricavare cellule staminali per fargli il trapianto di midollo. A raccontare quest’odissea, lunga 13 anni e sette cicli di procreazione assistita, è suo padre, C. P.

«VIVIAMO vicino Reggio Emilia. Nostro figlio è nato — spiega — con l’anemia di Diamond-Blackfan, rarissima malattia genetica per cui il midollo osseo non produce globuli rossi. Patologia per cui le uniche terapie sono o delle cure cortisoniche, rivelatesi efficaci su Federico, o continue trasfusioni di sangue, che però portano ad un sovraccarico di ferro, che negli anni può uccidere o danneggiare gli organi».

«Visto che il trapianto di midollo non era possibile, perché non era stato trovato un donatore compatibile, neanche in famiglia, abbiamo deciso di procedere con le trasfusioni, pur sapendo che la situazione sarebbe comunque peggiorata».

QUESTO finchè un giorno C. non sente per radio di una coppia inglese, in una situazione simile, che ha dato alla luce un altro figlio per salvare il fratello malato. Così lui e sua moglie iniziano tutta la procedura a Bologna, «ma a metà del ciclo viene approvata la legge 40 in Italia — aggiunge — e quindi il medico interrompe tutto».

I DUE non si arrendono, e si rivolgono prima a una clinica di Istanbul, dove tutti e tre i cicli falliscono. Poi provano a Bruxelles, con altri due cicli, e poi di nuovo a Istanbul con altri due. L’ultimo ha finalmente successo, e così nasce Francesca. «Il suo cordone ombelicale è stato congelato — continua il padre — per ricavare staminali. Sei mesi dopo le è stato espiantato un poco di midollo, per integrarlo alle cellule del cordone, dopo di che si è fatto il trapianto a mio figlio, che oggi sta bene».

IN QUESTA lunga odissea, conclude C. P., «abbiamo conosciuto tante persone con problemi analoghi. Chi aveva i soldi andava all’estero, ma la massa non poteva far altro che aspettare la morte del proprio figlio. E questo per colpa di chi fa credere alla gente che la diagnosi preimpianto serva a scegliere il figlio con gli occhi azzurri».

giovedì 8 luglio 2010

Fecondazione, relazione al Parlamento: superata soglia dei 10.000 bambini

Aumentano in Italia i figli della provetta, che per la prima volta superano la soglia dei 10.000, e l'Italia conquista il record dei parti trigemini in Europa.
Aumentano anche i cicli di stimolazione cui sono sottoposte le donne, che affrontano la fecondazione artificiale ad un'eta' sempre piu' avanzata. E' quanto emerge dalla relazione sullo stato di attuazione della legge 40 sulla fecondazione artificiale, presentata al Parlamento dal ministero della Salute.
Presentando i dati, il ministero rileva che 'continua a migliorare l'efficacia delle procedure di procreazione medicalmente assistita, come mostrato da tutti gli indicatori, dal numero dei nati vivi a quello delle gravidanze, anche in percentuale. Tenendo conto di questi dati, quindi, a maggior ragione i risultati ottenuti per l'accesso alle tecniche di fecondazione assistita e la loro applicazione, nelle modalita' previste dalla legge 40/2004, possono essere considerati piu' che soddisfacenti'.
I dati, che si riferiscono al 2008, sono stati raccolti in 354 centri e indicano una crescita, dal 2005 al 2008, del numero dei nati vivi. Risultano infatti essere 10.212, rispetto ai 9.137 dell'anno precedente.
I parti gemellari, pari al 21,0%, si sono attestati intorno ai valori della media europea, mentre i trigemini la superano, con una media nazionale del 2,6%. 'Questo e' pero' - rileva il ministero - un risultato medio di valori che, escludendo i centri con meno di dieci parti, variano da zero al 30,8%'. Nel dato, osserva, 'sono compresi il 67,3% dei centri che presenta valori fra lo zero e il 2,5%, inferiori quindi alla media nazionale, e un 23,9% di centri con valori che variano dal 2,6% al 10%'.
Sempre dal 2005 al 2008 e' aumentato il numero di coppie che hanno scelto di affrontare la fecondazione assistita: nel 2008 sono state 59.174, con un aumento di circa 3.700 rispetto all'anno precedente, e sono diventati piu' numerosi anche i cicli di stimolazione ovarica: nel 2008 sono stati 79.125 (oltre 3.845 in piu' rispetto ai 75.280 del 2007).
E' aumentata anche l'eta' media delle donne che si rivolgono alla fecondazione artificiale, confermando cosi' una tendenza osservata negli ultimi anni. Secondo i dati, relativi al 2008, l'eta' media delle donne che affrontano la fecondazione artificiale e' di 36,1 anni: al di sopra quindi della media europea, che per il 2005 era di 33,8 anni. Il ministero rileva che 'e' ben noto come gli esiti positivi delle procedure siano in rapporto all'eta' delle donne' e che in Italia ben il 26,9% dei cicli, ossia uno su quattro, viene affrontato da donne che hanno piu' di 40 anni. 'Anche questo dato - rileva il ministero in una nota - e' in aumento rispetto al 2007, quando era il 25,3%. Nonostante cio' - osserva - continua a migliorare l'efficacia delle procedure di procreazione medicalmente assistita, come mostrato da tutti gli indicatori, dal numero dei nati vivi a quello delle gravidanze, anche in percentuale'.

Aduc - 8 luglio 2010

mercoledì 7 luglio 2010

Bimbo «guarito» prima del concepimento

Il mattino di Padova — 07 luglio 2010 pagina 16 sezione: CRONACA

Colore dei capelli, degli occhi, nasino all’insù ed un particolare disegno delle labbra. Tratti che si ereditano da mamma e papà. I genitori però possono trasmettere ai figli malattie di cui loro stessi soffrono o di cui sono semplici portatori sani. Patologie gravi. Come ad esempio talassemia, fibrosi cistica, anemia falciforme, emofilia. Un’innovativa tecnica di diagnosi prenatale, fiore all’occhiello del Centro di Crioconservazione dei gameti maschili, permette di far nascere da coppie malate bambini sani come pesci, per di più nel pieno rispetto della legge 40, norma che regola l’accesso e l’uso della procreazione medicalmente assistita. La legislazione italiana vieta infatti di compiere analisi ai fini della selezione genetica, in altre parole impedisce di impiantare embrioni sani a scapito dei «fratelli» malati. L’equipe del direttore del Centro dell’azienda ospedaliera (unica struttura italiana in cui la prestazione viene eseguita al costo di un ticket), il professor Carlo Foresta, ha superato a piè pari i lacci e lacciuoli della legge 40: l’embrione non si tocca, l’analisi viene effettuata ancor prima del concepimento, selezionando gli ovociti esenti da mutazione genetica. E grazie a questa innovativa analisi prenatale da poche settimane è nato il primo bimbo sano da madre portatrice di una sindrome che, se trasmessa, avrebbe provocato al piccolo microcefalia e ritardo nello sviluppo psicomotorio. Ma sono altre due le gravidanze in corso: mamme che, grazie alla tecnologia, potranno coronare il sogno di dare alla luce un figlio sano. L’equipe di Foresta, docente della facoltà medica, è partita da un imperativo categorico: divieto di diagnosi pre-impianto. Quindi la soluzione, risolvendo il problema alla radice, utilizzando cioè la forma più estrema di diagnosi pre-natale consentita: «Nessuno mette mano all’embrione - spiega Foresta - l’analisi genetica avviene sul primo globulo polare, cioè materiale extraembrionale che da un lato non ha alcun ruolo nello sviluppo dell’embrione, ma che dall’altro possiede un corredo cromosomico speculare all’ovocita». «Il primo bimbo nato grazie a questa tecnica è il figlio di una coppia trevigiana in cui la madre è portatrice sana della sindrome di Smith-Lemli-Opitz, una patologia molto rara ma altrettanto grave che provoca microcefalia e ritardo psicomotorio - continua il direttore del centro -. Attualmente abbiamo applicato clinicamente la diagnosi genetica pre-concepimento ad 88 coppie». Tuttavia la tecnica presenta ancora dei limiti: «L’analisi consente di ottenere solo informazioni relative ad anomalie di origine femminile ed è quindi inapplicabile in caso di malattie genetiche dominanti di tipo maschile».

Fabiana Pesci

Padova, bambini sani da genitori malati

Corriere della Sera - 07 luglio 2010

E’ trevigiano il primo piccolo nato dalla diagnosi pre-concepimento sull’ovocita. L'esame renderà felici 88 coppie portatrici di malattie genetiche

PADOVA — E’ un maschio, figlio di una coppia trevigiana colpita da sindrome di Smith Lemli Opitz, il primo bimbo nato sano da genitori portatori di una grave malattia genetica. Un «miracolo» avvenuto all’ospedale di Padova, dove l’équipe del nuovo Centro unico di procreazione assistita sorto dalla fusione dei due interni all’Azienda ospedaliera, ha sviluppato una tecnica per aggirare l’ipocrisia della legge 40 del 2004, che vieta la diagnosi pre-impianto sull’embrione ma non l’eventuale scelta successiva della madre di abortirlo se malato. Il «segreto » che regalerà la stessa gioia insperata ad altre due coppie di Firenze e Frosinone, rispettivamente «incubatori» di fibrosi cistica e Beta talassemia, si chiama «indagine pre-concepimento » e consente di selezionare non gli embrioni ma gli ovociti prima della fecondazione.

«Esaminiamo il primo globulo polare, cioè metà dell’ovocita, che contiene il 50% del corredo cromosomico della cellula —spiega il professor Carlo Foresta, a capo del Centro di procreazione assistita e di quello per la crioconservazione dei gameti maschili—se vi troviamo un’alterazione, utilizziamo per l’inseminazione artificiale la metà sana dell’ovocita. I globuli polari sono materiale extra embrionale, non hanno nessun ruolo nello sviluppo del feto e la loro rimozione non interferisce con la fertilizzazione. Abbiamo già esaminato 88 coppie, provenienti da tutta Italia e portatrici sane di 33 malattie genetiche, come la B-talassemia, la fibrosi cistica e l’emofilia». La diagnosi pre-concepimento può essere applicata a coniugi con alterazioni causate da un solo gene o con anomalie cromosomiche materne, ma non è in grado di individuare eventuali patologie trasmesse dal futuro padre. Per scoprirle è necessaria l’indagine pre-impianto sull’embrione, procedura per la quale l’ospedale di Padova sta aspettando l’autorizzazione dalla Regione, in virtù di una serie di sentenze di tribunali e Corte costituzionale che la consentono in caso di genitori portatori di malattie genetiche. «Analizzeremmo il blastomero, cioè la cellula che deriva dalla segmentazione dell’uovo fecondato — chiarisce Foresta —. Se l’embrione risultasse malato, lo congeleremmo e ne sceglieremmo uno sano da impiantare. Le associazioni sulle malattie rare stanno spingendo perchè ci sia permesso di eseguire questo tipo di analisi. Come per l’indagine pre-concepimento saremmo l’unico polo pubblico a garantirla, e con il solo pagamento del ticket».
Il Veneto conta 38 dei 341 centri italiani di procreazione assistita, che finora hanno trattato 1525 pazienti, con una spesa di 29.953.000 euro e la soddisfazione di aver fatto nascere, solo nel 2007, 775 bambini. «Ma risparmieremmo 9 milioni all’anno con la prevenzione all’infertilità maschile, che potrebbe guarire il 20-30% degli uomini colpiti—osserva Foresta —. La sua mancanza ha causato, in sei anni, l’incremento del 50% del tumore al testicolo, il più diffuso tra i maschi, soprattutto di età compresa tra 18 e 39 anni». L’altro grosso problema riguarda l’infertilità, che gli specialisti padovani hanno collegato anche all’obesità. Il 20% dei veneti sovrappeso ne soffre: ogni 10 chili in più la fertilità si riduce del 10%. La buona notizia è che i farmaci contro la disfunzione erettile, come Viagra, Levitra e Cialis, rimettono in moto la capacità fertilizzante degli spermatozoi in vitro. Un’altra scoperta del team di Foresta, pubblicata sul «Journal of Endocrinological Investigation ».

Michela Nicolussi Moro

GERMANIA - Fecondazione, Corte dice si' a diagnosi preimpianto

La Corte di giustizia tedesca ha dato il via libera alla diagnosi pre-impianto degli embrioni utilizzati nell'inseminazione artificiale per individuare la presenza di eventuali malattie genetiche che verrebbero poi trasmesse al nascituro.
Il verdetto della Corte di Lipsia e' legato a un caso di Berlino, dove un ginecologo aveva ammesso di avere effettuato un test di questo genere su alcuni embrioni per conto di tre coppie, una pratica sulla quale fino a oggi mancava in Germania un chiaro parere giuridico. Il medico aveva scoperto malattie ereditarie in alcuni embrioni ed aveva impiantato nelle donne, attraverso l'inseminazione artificiale, solo gli embrioni sani.
Questa pratica prevede infatti la creazione in laboratorio di numerosi embrioni ricavati dagli ovuli e dallo sperma delle coppie, che poi vengono esaminati per individuare eventuali difetti genetici. Solo un embrione, quindi, viene scelto, mentre gli altri vengono distrutti.
Tuttavia, la legge vieta la distruzione degli embrioni poiche' indica che tutti quelli creati artificialmente devono essere utilizzati per la gravidanza. Il medico era stato prosciolto da un Tribunale di Berlino nel maggio del 2009, ma la Procura della capitale aveva fatto ricorso e il caso era arrivato alla Corte di giustizia di Lipsia.

Aduc - 7 luglio 2010

domenica 4 luglio 2010

Fertilità congelata. In attesa dell' amore o del lavoro sicuro

Corriere della Sera - 4 luglio 2010 (Pagina 57)

Prime richieste anche nel nostro Paese.

La definizione non è di facile comprensione, non solo perché è in inglese: social eggs freezing. Infatti, anche quando la si traduce, "congelamento sociale degli ovociti", le cose non migliorano molto. Urge allora un chiarimento: si tratta della possibilità di congelare gli ovuli non per superare un' infertilità, bensì per posticipare la maternità. Il "social" della definizione si spiega col fatto che non sono ragioni mediche a spingere verso la crio-conservazione dei gameti femminili, ma il ticchettare dell' orologio biologico che si fa sentire quando non si è ancora pronte per un figlio. La quadratura del cerchio, anzi, l' uovo di Colombo, consiste, dunque, nel congelare gli ovuli quando si è ancora piuttosto giovani e gli ovociti hanno buone "potenzialità" riproduttive. Lo scopo è tenerli come riserva per gli anni successivi, quando avere un figlio per vie naturali diventa più difficile. Anche se solo ora cominciano ad arrivare le primissime richieste di social eggs freezing da parte di italiane, il nostro Paese ha fatto da apripista ed è oggi meta di un turismo sanitario che va al contrario di quello al quale di solito siamo abituati. In Italia, infatti, nel 1997 è nata la prima bambina da ovocita congelato e la legge 40, del 2004, che vietava il congelamento degli embrioni, ha ulteriormente portato a concentrarsi su questa tecnica. E l' interesse non è calato anche quando, nel 2009, la Consulta ha cambiato le regole. Quante donne sarebbero interessate a ricorrere a questa risorsa? E le loro ragioni? La risposta viene da due recenti ricerche, una del Centro di medicina riproduttiva di Leeds, in Inghilterra, e l' altra dell' omonimo Centro di Bruxelles, in Belgio. Nella prima si è chiesto a 98 studentesse di medicina, e a 97 studentesse di psicologia e di scienze motorie, se sarebbero state disposte a sottoporsi al congelamento degli ovociti per motivi non medici. Età media delle intervistate: 21 anni. Nel primo gruppo, quello delle studentesse di medicina, ben l' 80% si è dichiarato disponibile, nel secondo la percentuale è scesa al 40%. Sottolinea Srilatha Gorthy, responsabile della ricerca: «Tra le future dottoresse, la prima ragione per ritardare la gravidanza è il desiderio di far carriera, seguito dal bisogno di stabilità finanziaria e di un partner "fisso". Tra le future insegnanti, il problema quattrini viene al primo posto, seguito dalla mancanza di una relazione stabile e da motivi professionali». Nella seconda ricerca si è chiesto a un gruppo di donne (età media, 38 anni), che avevano già chiesto di far congelare i loro ovuli, i motivi di questa scelta. Al primo posto è stato segnalato il desiderio di allentare la pressione della ricerca dell' uomo giusto (53,3% dei casi); seguivano il bisogno di "assicurarsi" contro il rischio di una futura infertilità e il desiderio di concedere più tempo a se stesse, e al partner, per pensare a un figlio. Ma dal punto di vista medico che cosa comporta il congelamento degli ovuli, qualunque sia la ragione per cui si chiede? Risponde Andrea Borini, presidente della Società italiana per la preservazione della fertilità: «La donna deve sottoporsi ad almeno un ciclo di stimolazione ovarica. In una paziente sui 35-40 anni, questo consente la produzione di una dozzina di ovociti, che vengono poi prelevati, per via transvaginale, e conservati in azoto liquido. Oggi abbiamo due tecniche di congelamento: una "lenta" e una più rapida, la "vitrificazione", più efficace nell' impedire la formazione di frammenti di ghiaccio all' interno della cellula uovo. Gli ovociti possono essere conservati per anni, almeno per una quindicina. Quando si scongelano, una metà circa viene persa; tra i "superstiti" si decide quanti fecondarne e, quindi, quanti embrioni ottenere. Una scelta che ora spetta al medico, con l' obiettivo di fornire la migliore assistenza possibile alla donna». Previsioni di successo? Risponde Borini: «Tra i 35 e i 40 anni, le possibilità di successo di una fecondazione in vitro, in generale, sono del 30% per ogni ciclo; con gli ovociti congelati si scende al 25%. Naturalmente, più l' eta avanza più le percentuali calano». Da precisare anche che, se la crioconservazione è "social", si paga. Si possono prevedere circa 800-1000 euro per i farmaci della stimolazione; 300 euro per la conservazione annuale; 3.000 per il prelievo. Chiarisce Paolo Emanuele Levi Scotti, presidente della Società italiana di fertilità e medicina della riproduzione: «La crioconservazione degli ovuli è una grande opzione per le coppie che non riescono ad avere figli, un' opportunità preziosa per donne giovani che affrontano cure che compromettono la fertilità ed è utilissima a chi sa che andrà incontro a menopausa precoce. Se vi si ricorre per altri motivi, mi sembra difficile che il Sistema sanitario possa accollarsi le spese, a differenza di quanto accade negli altri casi. Ma qualora le richieste "social" dovessero diventare numerose, non vedo perché non si dovrebbe offrire la crioconservazione negli ospedali pubblici sotto forma di attività intra-moenia». Insomma, da parte dei medici nessuna perplessità sull' utilizzo di queste tecniche a scopi sociali? «Come medico - risponde Claudia Livi, presidente dei Centri Cecos per la terapia della sterilità - trovo senz' altro positivo che si sia trovata una tecnica così efficace, come donna temo che questo diminuisca gli sforzi per creare un società in cui la maternità non sia più una corsa a ostacoli».




Natali Daniela

sabato 3 luglio 2010

Procreazione: diagnosi preimpianto compie 20 anni

Dal '97 a oggi nel mondo 33mila cicli pma con analisi embrioni

ROMA - Sono 33mila i cicli di procreazione medicalmente assistita (pma) eseguiti dopo diagnosi preimpianto (pgd) in tutto il mondo dal 1997 ad oggi. A tirare le somme e' l'Eshre (Societa' europea di riproduzione umana ed embriologia) in occasione del 20/o anniversario di questa metodica, che consente di identificare la presenza di malattie genetiche o alterazioni cromosomiche negli embrioni ottenuti in vitro.

Risale infatti al 1990 l'annuncio dato dall'equipe guidata dal ricercatore inglese Alan Handyside della prima gravidanza ottenuta dopo biopsia degli embrioni presso l'Hammersmith Hospital di Londra. Secondo i dati raccolti dall'Eshre, dei circa 33mila cicli di pma effettuati con diagnosi preimpianto, circa 5mila sono stati fatti per anomalie cromosomiche, 5700 per malattie monogeniche, 1250 per malattie legate al cromosoma X, circa 20mila per aneuploidie (cioe' alterazioni del numero dei cromosomi non ereditarie), e 780 sono stati gli screening compiuti per ragioni sociali, che consentono di determinare il sesso (pratica questa consentita in alcuni Paesi).

Le gravidanze ottenute nel mondo sono state 4.850. ''In Italia - riferisce Ermanno Greco, direttore del Centro di medicina della riproduzione dell' European Hospital di Roma - e' possibile stimare che siano stati almeno mille i casi di fecondazioni in vitro e 500 le gravidanze ottenute tramite pgd, di cui il 30-40 per cento per malattie monogeniche e il resto per anomalie cromosomiche'.


Ansa - 3 luglio 2010