sabato 4 aprile 2009

Nelle cliniche i primi sì alla sentenza Pronti a produrre più di tre embrioni

ROMA - Nell' atmosfera ovattata della clinica sulla Nomentana, affondate nelle poltrone di velluto azzurro fuori dalla stanza del ginecologo, stanno donne dall' aria tesa, ansiosa. Qualcuna invece ha lo sguardo di chi già sente vicino il traguardo. Parlottano, chiedono, si informano della sentenza che forse cambierà la loro vite. Vittoria, 40 anni che sembrano 30, sorride. È venuta per un controllo reduce da una viaggio in una clinica spagnola. E adesso che le beta hanno cominciatoa galopparee quello che sembrava solo un sogno si avvicina alla realtà, sospira. «Ecco, con questa sentenza, adesso avrei potuto evitare la trasferta e le spese, molto alte. Ma dopo quattro tentativi falliti e lo spreco di ovociti non potevo più aspettare e perdere tempo. Ho deciso di partire perché ad ogni stimolazione producevo anche undici ovuli ma era inutile, più di tre la legge non consentiva di inseminarne e alla mia età è difficile che attecchiscano. A Malaga invece cinque ovuli prodotte, cinque inseminati, cinque embrioni... e adesso spero». Mille altre sono in dubbio se rimandare la trasferta all' estero: «Posso cancellarla e fare il trattamento qui?». Hanno chiamato i centralini delle cliniche, degli ospedali e delle associazioni per capire che succede, cosa abbiano deciso i medici che a loro volta ieri hanno tempestato amici avvocati per avere certezze. Sono confusi, anche se tutti soddisfatti «perché adesso si riconosce l' importanza della valutazione medica e si difende la salute della donna. Si può valutare caso per caso a seconda dell' età e delle condizioni, così ad una giovane impianteremo due embrioni ad una di 40 che ha più difficoltà magari quattro», dice il professor Claudio Piscitelli di Villa Margherita che vuole aspettare la pubblicazione della sentenza. Da Milano a Roma, da Bologna a Napoli e Palermo, pochi hanno deciso di "partire" subito. Tra loro l' European Hospital di Roma che da ieri ha deciso di fecondare più di tre ovociti, se necessario, a seconda dei casi. E il professor Gugliemino del centro Hera di Catania che si muove da subito per «produrre più embrioni». La maggior parte resta ferma, continua secondo i vecchi protocolli alla Mangiagalli o al Niguarda di Milano, negli ospedali pubblici bolognesi, fiorentini, torinesi e napoletani o alla Tecnobios (duemila cicli l' anno nei cinque centri italiani). «Se in teoria da ora potremmo fecondare più ovociti, resta sempre aperta la questione di come conservare quelli che non si utilizzano visto che la legge non consente di congelarli e chi si avventura su questa strada rischia sanzioni penali», sottolinea Guido Ragni, primario del centro sterilità della Mangiagalli e presidente delle Associazioni per la riproduzione assistita. La gran parte dei medici dei centri pubblici e privati condivide il dubbio. «Ora possiamo produrre più embrioni, ma visto che la Consulta ha confermato il divieto a distruggere o congelare quelli in sovrannumero, come facciamo?». Così in ospedali e cliniche molti da ieri consigliano di rimandare di qualche settimana gli "interventi" fissati in attesa di chiarimenti. E da tutto il mondo medico - e Borini, presidente dell' Osservatorio turismo procreativo ha scritto al sottosegretario Roccella una lettera aperta - viene la richiesta perché vengano emanate al più presto linee guida non in contrasto con la sentenza della Corte costituzionale. «Altrimenti cosa faranno nel frattempo i centri e le donne in attesa costrette sino ad oggi a continui viaggi all' estero quando in Italia ci sono capacità e tecnologia?». E sono più di diecimila ogni anno, anche se molte per la fecondazione eterologa, le coppie in trasferta in cerca di un bimbo. Per dare informazioni e chiarire i dubbi le associazioni che hanno presentato e vinto i ricorsi hanno messo a disposizione alcuni numeri di telefono: 800 097 999 (www. sosinfert i l i t a . n e t ) , 0 9 5 / 7 3 3 5 1 9 9 (www.hera.it) e 06/36718444 (www. cittadinanzattiva. it).

CATERINA PASOLINI

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