lunedì 6 aprile 2009

«Fecondazione assistita il bisogno di chiarezza»

Corriere della Sera - 5 aprile 2009 - pagina 9

La recente decisione della Corte costituzionale sulla fecondazione medicalmente assistita è molto semplice e lineare. La Corte ha dichiarato incostituzionali il limite della produzione dei tre embrioni e il contestuale obbligo del contemporaneo impianto di tutti gli embrioni prodotti, con il divieto di crioconservazione. Al giudice costituzionale era stato in particolare sottoposto il caso di coppie che, sulla base dei limiti irrazionali, fondati sulla scelta ideologica della legge di proteggere prima di tutto l' embrione, non potevano ottenere la «miglior terapia medica» per la loro infertilità, che invece richiedeva la creazione di un numero di embrioni superiori a tre e la crioconservazione degli embrioni soprannumerari, in vista di un successivo trasferimento, ove il primo non avesse dato l' esito sperato. La Corte ha quindi stabilito, con una decisione che di fatto riscrive la norma e che entrerà in vigore dal giorno «successivo alla pubblicazione della decisione», che una coppia ha diritto al trattamento più adatto sulla base delle proprie condizioni e concordando con il medico il percorso da seguire, senza che una legge possa imporre a priori una procedura terapeutica piuttosto che un' altra. Ciò significa, allora, che in concreto il medico potrà produrre in tutti i casi che lo richiedono un numero di embrioni «necessario» al caso specifico (non più limitato a tre) e, conseguentemente, potrà crioconservare gli embrioni, decidendo il numero da impiantare nella concreta situazione, in relazione alle condizioni di salute della donna. La norma «prodotta» dalla Corte è quindi completa e operativa, non necessita di alcun aggiustamento, né in sede parlamentare, né in sede regolamentare. Come componente del collegio che, insieme ai colleghi Alesso, Clara, Costantini e Papandrea, ha difeso l' ordinanza che ha prospettato la soluzione concretamente accolta dalla Corte, voglio sottolineare che nel caso concreto si tratta di coppie, che hanno scelto di rivolgersi a un giudice e di fare una battaglia per tutti, anziché affidarsi al «turismo procreativo individuale». Si tratta anche della vittoria di una impostazione specifica, quella del tribunale di Firenze, che non ha inteso mettere in discussione l' impianto della legge 40 del 2004, ma soltanto modificarne, con l' intervento della Consulta, un aspetto profondamente incostituzionale. In pratica, si ottiene una eccezione alla regola generale, che non viene toccata, del divieto di crioconservazione e di soppressione degli embrioni (art. 14, comma 1 della legge n. 40). Una decisione importante, perché corregge uno degli aspetti più irragionevoli della legge, dando una speranza a tante coppie per cui il limite rigido dei tre embrioni e il divieto generale di crioconservazione rendevano inesistente la possibilità di affidarsi alla fecondazione medicalmente assistita per avere un bambino; una decisione corretta che non mette in discussione il bilanciamento compiuto dal legislatore, ma corregge un aspetto irragionevole della disciplina, valorizzando la tutela della salute della donna, sacrificata incostituzionalmente da una norma troppo rigida; una decisione equilibrata, da parte del giudice costituzionale che ha il compito di difendere la Costituzione, rispetto alle decisioni del Parlamento. In gioco non è la sovranità del Parlamento, ma la difesa effettiva dei diritti fondamentali che, in uno stato costituzionale, sono garantiti dal legislatore, dai giudici e dalla Corte costituzionale.

Marilisa D' Amico Ordinario di Diritto costituzionale all' Università Statale

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