Repubblica - 11 febbraio 2009
Ricerca del Censis con la Fondazione Serono: la quasi totalità delle coppie in difficoltàsi dice penalizzata dalla normativa. Oltre la metà pronta ad andare all'estero
Più svantaggiate le persone che hanno situazione economica e culturale deboleLa difficoltà di avere figli rimane un tabù: uno su tre non ne parla con nessuno
ROMA - In Italia avere un bambino con le tecniche di procreazione assistita è sempre più difficile. La legge 40, che regolamenta la materia da cinque anni, è un ostacolo per la maggior parte delle coppie che cercano di avere un figlio, ma soprattutto per chi deve già affrontare difficoltà economiche ed è meno "attrezzato" culturalmente. E' quello che rileva una ricerca promossa dal Censis insieme alla Fondazione Serono, secondo cui l'80,5% delle coppie italiane con problemi di fertilità si sente sfavorita dalla norma. Ma nel rapporto del Censis emerge anche la permanenza di un tabù sull'infertilità: una coppia su tre non ne parla con nessuno e, quando lo fa, trova scarsa comprensione. Non solo: alcuni si ritrovano a subire pesanti ripercussioni sulla vita sociale e su quella sessuale.
Legge-ostacolo. Il rapporto Il desiderio di diventare genitori, problemi e speranze di chi combatte l'infertilità, rileva in modo netto l'inadeguatezza della norma attuale: per il 77,4% delle coppie intervistate la legge 40 di fatto riduce le possibilità di diventare genitori. La ricerca, presentata oggi a Roma, è stata effettuata su 606 coppie prese in carico dai centri di procreazione medicalmente assistita (l'età media degli uomini è pari a 37,7 anni, quella delle donne a 35,3). La normativa è criticata soprattutto perché "si preoccupa troppo degli aspetti etici" (71%), mentre solo il 37,7% pensa che metta al centro la salute delle donne.
Il turismo della procreazione. I numeri delle persone che hanno problemi ad avere figli sono in crescita. "L'infertilità è un problema diffuso che in Italia riguarda 1 coppia su 5 di quelle in età fertile", spiega Giovanni Scacchi, presidente della Fondazione Cesare Serono. Di fronte alle difficoltà legali, molti sono disposti a "emigrare" per avere un figlio (il 55,5%). Più bassa ma comunque consistente (32,5%), la percentuale di chi dice di non avere problemi a sottoporsi a fecondazione eterologa (ovvero con seme o ovuli di donatori e donatrici), una tecnica vietata nel nostro Paese.
I più svantaggiati. Il 77,4% del campione è convinto che le famiglie con minori possibilità economiche siano le prime vittime della legge. In effetti, i dati mostrano che il tempo che intercorre tra la presa di coscienza del problema e le prime terapie lievita per le coppie meno abbienti e con basso livello di scolarizzazione: in questi casi si arriva a 20,1 mesi, contro gli 8,5 impiegati da persone con un livello culturale più alto. Concetta Vaccaro, responsabile del settore welfare del Censis, spiega: "Il percorso è tendenzialmente più facile per chi ha un livello culturale e socioeconomico più elevato. Queste coppie individuano prima il problema e riescono in tempi brevi ad avviare gli interventi più appropriati, senza perdersi nei meandri di un sistema frammentato e pieno di ostacoli".
I centri specialistici. Il quadro italiano si caratterizza per una fortissima presenza del privato (il 55% del totale), specialmente al Centro e al Sud. Il primo medico a cui le coppie fanno riferimento (nel 74,8% dei casi) è il ginecologo, che nella maggioranza dei casi avvia il percorso diagnostico (50% circa dei casi), ma a volte invita alla pazienza (il 23,4% delle coppie ha ricevuto questa indicazione dal primo medico cui si sono rivolte), rallentando quindi il ricorso a terapie specialistiche.
Argomento tabù. Il rapporto rivela inoltre che gli italiani patiscono molto a livello psicologico quando non riescono ad avere figli: una coppia su tre non ha confidato a nessuno di soffrire del problema, né di essere in cura; il 20% circa non si sente compreso da amici e parenti; quasi il 30% lamenta un peggioramento della qualità della vita sessuale. La genitorialità mancata congela l'esistenza: l'87,3% vive questa condizione come un disagio, quasi la metà, il 44,5%, soffre per il sentimento di "diversità". Però la speranza è l'ultima a morire: il 65% delle coppie afferma che, se la terapia che sta seguendo non avrà successo, ci riproverà e il 70% è convinto che, prima o poi, riuscirà ad avere un bambino.
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