Corriere della Sera - Pagina 11 - 15 febbraio 2009
L' arcivescovo: una vita non può essere un esperimento di laboratorio. L' equipe veneta: la procedura sarà rispettosa della legge
PAVIA - «Credo che un figlio debba essere sempre un atto d' amore, non un esperimento di laboratorio»: le parole di monsignor Rino Fisichella, pronunciate ieri pomeriggio, suonavano come una bocciatura al desiderio della 35enne di Vigevano, che ha chiesto di avere un figlio dal marito ricoverato in coma irreversibile al San Matteo di Pavia. E invece l' appello della donna ha trovato seguito: ieri sera, al termine di una riunione lunga e sofferta, Carlo Foresta, lo specialista di Padova a cui la donna si era rivolta, ha deciso di procedere al prelievo di liquido seminale dal paziente privo di conoscenza. «Tutto dovrà avvenire nel rigoroso rispetto della legge italiana» ha precisato ieri sera il professor Foresta. E non bastassero quelli etici, anche gli ostacoli medici e legali sono numerosi. Per l' inseminazione «in vitro» è necessario il consenso di entrambi i coniugi, ma poiché uno dei due è in coma, è stato necessario che il tribunale di Pavia nominasse un tutore in grado di esprimerne la volontà (è stato scelto il padre dell' uomo). Poi c' è la legge sulla procreazione assistita, che consente la fecondazione artificiale solo se la coppia ha problemi di sterilità. E infine c' è il fattore tempo: l' uomo, 40 anni, malato terminale per un tumore al cervello, potrebbe non avere davanti a sé molti giorni. Se dovesse morire, il suo campione di seme andrebbe obbligatoriamente distrutto. Nei prossimi giorni l' équipe di Padova arriverà a Pavia per effettuare il prelievo; al momento della fecondazione vera e propria sarà necessario un ulteriore ok del tribunale. «Noi abbiamo dato la nostra disponibilità - precisa ancora Carlo Foresta, che dirige un centro specializzato nella conservazione dei gameti maschili - e non ci nascondiamo che il cammino sia irto di problemi. Ma con il dialogo e la collaborazione di tutti contiamo di affrontarli». «Da parte nostra non c' è nessuna preclusione - fa sapere Marco Bosio, direttore sanitario del San Matteo di Pavia - e se all' inizio abbiamo risposto negativamente alle richieste della donna è solo perché il nostro ospedale non ha l' autorizzazione per questo genere di prestazioni». Sulla richiesta della donna, la prima nel suo genere in Italia, è arrivata però ieri la doccia fredda della Chiesa. Monsignor Rino Fisichella, pretore della Pontificia Università Lateranense è intervenuto su quello che, fatte le debite proporzioni, rischia di di trasformarsi in un nuovo caso Englaro: «Non credo che dobbiamo violentare la natura - ha affermato Fisichella - se c' è una condizione che non lo consente; la mia posizione è di dover dire che, pur con molta comprensione per chi vive queste situazioni, non ogni desiderio è legittimo».
La malattia e la richiesta
È stato un gravissimo tumore al cervello a ridurre in coma il quarantenne di Vigevano, la cui moglie ha chiesto che venga raccolto il liquido seminale dell' uomo per poi sottoporsi alla fecondazione assistita
I vincoli legali
La legge prevede che al momento della raccolta del liquido seminale, sia stata espressa la volontà esplicita dell' interessato. In Italia inoltre è vietata la fecondazione con gameti di persone decedute
La corsa contro il tempo
È stato il padre dell' uomo, nominato suo tutore, ad esprimere il consenso per l' uso dei gameti. Ma se il paziente dovesse morire, anche a prelievo già avvenuto, la legge proibirebbe l' inseminazione.
Del Frate Claudio
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