domenica 17 maggio 2009

Infertilità: ora la cura è libera

Corriere della Sera - 17 maggio 2009

La Consulta ha ribaltato la legge 40: quali regole per fecondazione assistita e diagnosi preimpianto

MILANO - Basta con gli «emigranti per un figlio», i «paradisi del­la provetta» e quant’altro il linguaggio giornalistico si è inventato in questi cinque anni per descrivere il disa­gio delle coppie infertili in cerca del bebè altrove. Una recentissima sentenza della Corte Costituzionale ha ribal­tato gran parte dei divieti della legge 40 sulla feconda­zione assistita (no alla crea­zione di più di tre embrioni, no al congelamento, no alle indagini genetiche sull’embrione), riallineando l’Italia alla maggior parte degli pae­si europei. I punti chiave del cambiamento sono la possibilità di fecondare tutti gli embrioni che si ritiene necessario, di trasferirne in utero quanti sembra utile per ottenere la gravidanza e di congelare gli altri per eventuali successivi tentativi. Ma si apre anche la strada alla diagnosi preim­pianto (per farlo sono neces­sari diversi embrioni) in ca­so di malattie genetiche, messa all’indice dalla legislazione varata cinque anni fa. Uno scenario nuovo che dovrebbe arrestare la fuga al­l’estero delle coppie con pro­blemi di fertilità e permette­re ai centri che operano nel­l’ambito della fecondazione assistita di lavorare con una certa tranquillità. Ma non era di tranquillità l’atteggia­mento prevalente fra gli spe­cialisti riuniti a Roma pochi giorni fa; sembravano, piuttosto, preoccupati di capire meglio che cosa diventa leci­to e cosa è ragionevole aspet­tarsi nel prossimo futuro. Lo hanno fatto con giuri­sti esperti in materia in un convegno organizzato dalla Società italiana di fertilità e sterilità a Palazzo Marini. La libertà ritrovata fa paura — ha detto qualcuno —, cosa comprensibile visto il ribal­tamento che la sentenza del­la Corte Costituzionale ha de­terminato in questa com­plessa materia. Evidentemente basandosi su principi «forti», ma quali esattamente?

TUTELA DELL'EMBRIONE - «Il principio cardine cui si è ispirata la Corte è cha la tutela dell’embrione anziché assoluta (co­me previsto dalla legge 40, ndr), deve essere limitata dalla necessità di trovare un giusto bilanciamento con la tutela delle esigenze di pro­creazione — ha spiegato Ma­rilisa D’Amico, ordinario di diritto costituzionale all’uni­versità Statale di Milano —. In sostanza si 'affievolisce' la tutela dell’embrione per assicurare possibilità concre­te di gravidanza. La Corte ha quindi stabilito che una cop­pia ha diritto al trattamento più adatto nel suo singolo caso, concordato con il me­dico che si assume piena­mente la responsabilità della strategia scelta. Va comun­que precisato che la decisio­ne della Corte è una senten­za 'manipolativa' che riscri­ve la legge per renderla com­patibile con la Costituzione; ha, perciò, un valore incon­futabile. Non troveranno spazio perciò ipotesi come quelle ventilate dal Movimento per la Vita, che alla sentenza vuole contrappor­re la 'tutela giuridica del­l’embrione' ». «Il legislatore di fatto ave­va considerato la donna co­me mero strumento di pro­creazione e aveva annullato completamente la figura del medico e la sostanza dell’at­to terapeutico: ora gli ridà autonomia e libertà di offri­re alla coppia il trattamento che ritiene più idoneo — precisa l’avvocato fiorentino Maria Paola Costantini — . Che cosa succederà adesso? Il ministero dovrà stilare nuove linee guida che armo­nizzino il testo della legge 40 con la presa di posizione del­la Corte costituzionale». E la diagnosi preimpian­to? Già una serie di pronunciamenti del Tribunale di Ca­gliari e del Tar del Lazio, in seguito a richieste di diagno­si genetiche pre-impianto per gravi malattie eredita­rie, aveva aperto la strada al­la sua fattibilità in Italia. «Ora, con questa sentenza, la Corte ha dichiarato illegit­time le limitazioni al nume­ro di di embrioni producibi­li e alla crioconservazione, rendendola finalmente praticabile ». precisa Marilisa D’Amico. In sostanza non ci sono più limiti agli esami per conoscere lo stato di salute dell’embrione e, una volta effettuata la diagnosi geneti­ca prima dell’impianto, è possibile congelare gli em­brioni malati trasferendo in utero soltanto quelli sani o, al massimo, portatori sani della malattia (per lo più si tratta di talassemia e di fi­brosi cistica).

IL RUOLO DEL MEDICO - Si tratta in conclusione di una piccola rivoluzione che riporta sulla scena il medico come figura «forte» delle scelte di cura e enfatizza il patto terapeutico fra lui e le pazienti. «Paradossalmente, da domani per noi medici il lavoro diventa più difficile; utilizzare tre ovociti e trasfe­rire gli embrioni formati è si­curamente più semplice che capire le reali necessità caso per caso — afferma Andrea Borini, direttore scientifico del centro Tecnobios di Bolo­gna — . Non è possibile ipo­tizzare il numero 'giusto' di embrioni che bisogna crea­re. Si dovrà tornare ad utiliz­zare una serie di parametri, quale l’età della donna e i tentativi infruttuosi prece­denti. Spero, però, che non si arrivi al paradosso oppo­sto, che le coppie infertili considerino più attraenti i centri che utilizzeranno mol­ti ovociti». Come dire: dopo i danni della carestia, il rischio è che si punti un po’ troppo sul­l’abbondanza. Vedremo..


Franca Porciani

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