martedì 13 gennaio 2009

Fecondazione, il punto sulla legge. L'Italia penalizza chi vuole un figlio

Repubblica - 12 gennaio 2008

A quattro anni dall'entrata in vigore della Pma, le possibilità sono sempre di meno
Aumentano le coppie costrette a scegliere l'estero per evitare gli ostacoli
Se ne discute in un convegno in corso a Roma con esperti e politici


ROMA - A quattro anni dall'entrata in vigore della legge 40 sulla procreazione assistita (PMA) le possibilità di avere un figlio continuano a diminuire. Le gravidanze multiple, considerate dagli esperti come estremamente rischiose, costose e da evitare, sono invece in aumento, così come le coppie costrette a scegliere un centro all'estero per ovviare ai divieti della legge, primo fra tutti il congelamento degli embrioni e l'obbligo di fertilizzare solo tre ovociti. E - suggerisce il professor Pasquale Patrizi, direttore della Clinica di Fertilità alla Yale University - smettiamola anche di chiamarlo turismo procreativo: i pazienti italiani non vanno in vacanza, chiamiamolo piuttosto "esilio".

Il panorama, desolante, emerge dal convegno "Legge 40 e turismo riproduttivo: vale ancora la pena?", organizzato dalla Società italiana di fertilità e sterilità e dall'Italia dei Valori. Antonio Palagiano, vicepresidente della Società e deputato, chiede una revisione della legge proponendo ad esempio, come accade in Germania, che si possa autorizzare almeno il congelamento, se non degli embrioni, degli ovotidi, gli ovociti fecondati ma in cui il patrimonio genetico dei due gameti, il Dna maschile e femminile, non si è ancora fuso. Altro punto importante, quello della diagnosi preimpianto, vietata dalla legge. Ma resta irrisolto anche il nodo delle coppie portatrici di patologie genetiche, che a tutt'oggi non possono accedere alle tecniche, riservate solo alle persone sterili.

"I numeri parlano da soli" commenta con amarezza Carlo Flamigni, ginecologo di fama e pionere della fecondazione assistita. Vediamoli, i numeri. In appena tre anni le possibilità di avere un figlio grazie alla fecondazione assistita sono scese nel nostro paese dal 25% del 2003 al 21% del 2006 (fonte: registro nazionale PMA). Ma quel che è peggio, sottolinea Luca Gianaroli, presidente eletto dell'Eshre (European Society of Human Reproduction and Embryology), aumentano, in assoluta controtendenza con l'Unione europea, gli impianti di tre embrioni (più del 50% del nostro paese contro il 21,5% della Ue).
Questo che cosa significa? La risposta la dà il professor Michael Chapman, direttore della Fertility Society australiana. "Mortalità prenatale da due a tre volte più alta, ricoveri nelle rianimazioni neonatali 5 volte maggiori, 4 volte più alta la percentuale di paralisi cerebrale. Con costi economici da 5 a 10 volte maggiori. Ecco perché in Australia, al quarto posto nel mondo per numero di cicli e dove il 3% delle nascite è da fecondazione assistita, si impianta anche un solo embrione e il massimo è comunque di due".


Ci sono, è vero, dei disegni di legge di modifica della legge 40. "Alcuni anche trasversali - precisa l'avvocato Filomena Gallo, presidente dell'associazione di pazienti "Amica Cicogna" e docente di Etica e Legislazione biotecnologica in campo umano all'ateneo di Teramo - depositati anche nella passata legislatura, ma non sono mai stati calendarizzati perché non c'è la volontà di affrontare questo delicato tema. Che riguarda persone malate, ma non considerate tali, che si curano a proprie spese perché non tutte le Regioni hanno inserito nei propri Drg i rimborsi per farmaci e terapie, e infatti la Commissione Europea sta valutando proprio le questioni attinenti il rimborso diseguale per chi si cura all'estero. Nei prossimi mesi sarà la Corte Costituzionale ad affrontare la legge nei punti regolamentati dagli articoli 14 e 6: limite dei tre embrioni, divieto di crioconservarli e di revocare il consenso informato".
Tempi lunghi e risultati incerti. Con un altro capitolo tutto italiano: attualmente ci sono più di 2.500 embrioni congelati prima dell'entrata in vigore della legge, e abbandonati. La Biobanca, costituita a Milano e in funzione, dovrebbe prenderli in carico ma non sono mai stati trasferiti perché - spiega Gallo - non si sa con quali modalità farlo. E potrebbe costare più di 300 mila euro.

Il convegno continua domani con un altro delicatissimo tema: la conservazione della fertilità in uomini e donne. Ancora oggi, infatti, chi sta per sottoporsi a chemioterapia o ad altre terapie aggressive non sa che può congelare gli spermatozoi (per l'uomo), gli ovociti o porzioni di tessuto ovarico (per la donna) e sperare che, dopo la cura, possa ancora avere figli. Per questo è stato messo a punto un progetto, già approvato dal ministero per la Salute con l'Istituto superiore della sanità. Quattro ospedali - il Moscati di Avellino, il Galliera di Genova, Santa Maria la Nuova di Reggio Emilia e il Sant'Anna di Torino - preparano una rete capillare in tutto il territorio, in collaborazione con i centri oncologici, per sviluppare strategie per conservare la fertilità nei pazienti oncologici e in chi ha sterlità iatrogena (malattie autoimmuni, lupus, endometriosi). "Vogliamo che nei consensi informati ci sia scritto che alcune terapie sono a rischio sterilità - spiega Cristoforo De Stefano, coordinatore del progetto e direttore scientifico di Medicina della riproduzione dell'ospedale campano - e che i pazienti possano sapere che ci sono delle opzioni per conservarla. La maggior parte non è informata, e parliamo di malati giovani ai quali viene tolta la possibilità di avere figli". In un futuro non lontano, si tenterà con il congelamento di un intero ovaio: l'ha già fatto Patrizi con la sua équipe a Yale. I risultati sono stati buoni con le pecore. Adesso sono stati fatti prelievi su donne, le ovaie sono state congelate e scongelate, il risultato è "soddisfacente", ma "il passaggio successivo è il reimpianto per capire se la funzione si riattiva. Con il trapianto di ovaio fresco accade, crediamo che possa accadere anche con quello congelato".

ELVIRA NASELLI

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