giovedì 8 maggio 2008

Procreazione assistita, via divieto diagnosi preimpianto

Nuove linee guida per la Legge 40, la norma che regola la procreazione medicalmente assistita. Sono tre novità introdotte dal decreto firmato dal ministro uscente della Salute, Livia Turco, lo scorso 11 aprile e pubblicato in Gazzetta Ufficiale. La novità più importante è che scompaiono le parti della legge che vietano la diagnosi pre-impianto. Le coppie che utilizzano la tecnica della fecondazione assistita hanno diritto all’assistenza psicologica. Possono ricorrere alla legge 40 anche quelle coppie in cui l’uomo sia portatore di malattie virali sessualmente trasmissibili, come il virus HIV e quelli dell’epatite B e C.

Rimangono inalterati i punti cardine della norma in vigore dal 2004: possono ricorrervi le coppie che hanno problemi di fertilità o di sterilità, non è ammessa la fecondazione eterologa, con ovuli o spermatozoi non appartenenti ai futuri genitori, si prevede che al massimo possano essere impiantati non più di tre embrioni. La legge vieta poi la sperimentazione sull’embrione e che questo sia conservato o distrutto.

L’iter del provvedimento. Il ministro uscente della Salute, si legge in una nota del ministero, ha aggiornato le linee guida seguendo proprio le indicazioni della legge. Questa infatti prevede che ogni tre anni vengano riviste le linee guida allo scopo di adeguare la norma all’evoluzione tecnico-scientifica. Ma le eventuali modifiche devono essere attuate avvalendosi dell’Istituto superiore di sanità (Iss) e del parere del Consiglio superiore di sanità. Proprio il Css ha rilevato, il 19 luglio 2007, che c’erano i presupposti tecnico-scientifici per l’aggiornamento delle linee guida, dando una serie d’indicazioni al ministro della Salute finalizzate al miglioramento di quelle vecchie. Qualche mese dopo, il 9 aprile scorso, il Css ha osservato come il documento elaborato dal ministero fosse coerente con il suo precedente parere. Solo a quel punto è stato firmato il decreto che ha introdotto le nuove linee guida, uno strumento di carattere tecnico, vincolante per le strutture autorizzate.

La diagnosi preimpianto. E’ stata eliminata dalla legge quelle parti che vietano la diagnosi preimpianto. Un atto che ha recepito le recenti sentenze dei diversi tribunali e, in particolare, quella del Tar del Lazio datata ottobre 2007. In pratica è accaduto che il Tribunale amministrativo ha annullato le vecchie linee guida laddove limitavano la possibilità di indagine sul feto solo al livello osservazionale, ritenendo tale limite non coerente con quella parte della Legge 40 che si occupa di tutelare la salute dell’embrione. È stato bocciato così il divieto di diagnosi preimpianto, che nelle nuove linee guida non viene più nominato, sebbene rimanga il divieto di farla con finalità eugenetica.

“Rimane però aperta una questione – spiega il professor Carlo Flamigni, ginecologo dell’università di Bologna e membro del Comitato Nazionale di Bioetica – con l’impianto di tre soli ovociti, così come prevede la legge, è praticamente impossibile fare una diagnosi preimpianto. Il numero di embrioni necessario per la diagnosi dipende dall’età della donna, in ogni caso è sempre superiore a tre”. Anche il Tar infatti ha sollevato la questione di legittimità costituzionale nel punto in cui la legge prevede che il numero degli embrioni da ottenere e da impiantare in utero non fossero più di tre. Secondo i giudici infatti imporre tale limite apriori, prescindendo da ogni valutazione medica, appare rivelarsi non in linea con quel bilanciamento di interessi (tutela dell’embrione-procreazione) che la legge 40 prevede. Adesso infatti si attende che in merito si pronunci la Consulta.

Le altre novità. Le nuove linee guida prevedono anche la possibilità di ricorrere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita anche alla coppia in cui sia l’uomo ad avere malattie virali sessualmente trasmissibili, come Aids ed epatite B e C. L’uomo affetto da tali disturbi è considerato infertile, perché avendo rapporti sessuali non protetti (quindi a scopo procreativo) rischierebbe di contagiare il partner. “Se però – continua Flamigni – possono ricorrevi gli uomini, rimangono ancora fuori dal provvedimento tutte quelle coppie portatrici sane di malattie genetiche. Così accade che due persone con disturbi genetici possono procreare (perché non hanno problemi di fertilità) soltanto correndo il rischio di trasmettere al feto la malattia. L’unica via d’uscita possibile per ricorrere alla procreazione medicalmente assistita è di farsi certificare o autocertificarsi una sterilità idiopatica, ovvero non riconducibile a nessuna causa evidente”.

Il terzo nodo affrontato dalle nuove linee guida firmate dalla Turco prevede che “ogni centro per la Procreazione medicalmente assistita debba assicurare la presenza di un adeguato sostegno psicologico alla coppia, predisponendo la consulenza da parte di uno psicologo adeguatamente formato nel settore”. Il percorso di chi ricorre alla procreazione assistita infatti è molto duro e spesso complicato anche da altre variabili. “Non è un caso – conclude Flamigni – che 4.500 donne nel 2005 siano andate all’estero per provare ad avere un figlio, cercando così di superare problemi di sterilità, infertilità e genetici”.

Adele Sarno
Kataweb Salute del 07 Maggio 2008

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