Un’altra ordinanza l’accusa di violare la Costituzione. La Consulta ha fissato l’udienza pubblica il prossimo 4 novembre. L'intervista all'Avv. Maria Paola Costantini
di MONICA SOLDANO
A pochi giorni dalla partenza della prima settimana di campagna nazionale sui temi della prevenzione della salute riproduttiva, promossa dall’Istituto Superiore di Sanità e dal Ministero del Welfare, si riaccendono i riflettori sull’impianto della legge 40 e sulla sua costituzionalità.
Non più due, ma tre, le ordinanze dei tribunali, che partendo dall’esame su di un caso concreto, giungono alla stessa conclusione: la legge 40 non riga dritta, è chiaramente affetta dal virus dell’incostituzionalità. Attesi nelle prossime settimane nuovi provvedimenti in tal senso, dai tribunali di altre città italiane. Una pioggia di ricorsi a cui le principali associazioni di tutela delle coppie infertili stanno lavorando da mesi, incalzate dalle richieste pressanti di giustizia e legalità degli aspiranti genitori.
Cresce, così, il numero di casi e le relative carte che la Corte Costituzionale dovrà esaminare. La prima udienza pubblica è fissata per il prossimo 4 novembre sull’ordinanza di remissione sollevata dal TAR del Lazio, lo scorso gennaio, a meno che non si decida per riunire tutte e tre le ordinanze, come auspicato dagli avvocati delle associazioni e delle coppie.
Ieri, la notizia dell’ennesima, ma non ultima ordinanza, comunicata dalle associazioni Hera onlus di Catania e SoS Infertilità onlus di Milano, che hanno sostenuto il ricorso, questa volta di una coppia siciliana, “migrata” a Firenze, per poter usufruire delle tariffe convenzionate, stabilite dalla Regione Toscana, per i centri di fecondazione assistita, sia pubblici che privati. Una nuova ordinanza, dunque, ed ancora una volta dal Tribunale di Firenze, sulla base del ricorso di una coppia infertile e ad alto rischio genetico, con l’aspirante padre affetto da una forma di tumore, il retinoblastoma, trasmissibile al nascituro con una probabilità del 50%.
Una ordinanza dettagliata, che recupera tutte le precedenti osservazioni dei tribunali, ma che ha una sua specificità, interloquisce e cerca di parlare direttamente ai magistrati della Corte Costituzionale, come ci spiega l’avvocato Maria Paola Costantini, del Foro di Firenze, uno degli avvocati che ha curato la difesa della coppia siciliana.
Avv. Costantini, come valuta questa ordinanza e cosa c’è di nuovo, nell’ambito del ben più ampio “processo” alla legge 40?
In questo caso e, a differenza di quanto richiesto nei procedimenti precedenti da altre associazioni, noi siamo andati diritti sulla richiesta di una valutazione di incostituzionalità da proporre alla Corte. Ed il magistrato ci ha risposto, dopo una lettura molto approfondita sull’impianto generale della legge 40. Ha capito che, così com’ è congegnata, non lascia spazio ad alcuna interpretazione, ma presenta importanti rilievi di incostituzionalità.
Quali, ad esempio?
Tutte le violazioni del diritto alla salute della donna e di tutti i soggetti coinvolti, partono dall’art. 14, cioè dal divieto di congelare gli embrioni, ma soprattutto dall’obbligo di trasferire tutti gli embrioni prodotti, fino ad un massimo di tre. Il magistrato, consapevole del fatto che la Corte non potrà cancellare la legge, ma che potrà pronunciarsi su singole istanze, compie lo sforzo di riscrivere l’art. 14, modificandone alcuni punti.
Una sorta di mediazione?
Forse si, ma sul piano tecnico-giuridico. Indica una strada. Ad esempio lascia invariati i primi due commi dell’art. 14 della legge 40, eccetto che in un punto, dove suggerisce di cancellare il limite esplicito di tre embrioni da produrre, di fatto. Così, ripristina il principio del “caso per caso”, in base alla valutazione clinica del medico e alla salute psico-fisica della donna. Il ragionamento è aiutato anche da un paradosso.
Quale?
Per come è scritto oggi l’articolo 14, è permesso posticipare il trasferimento degli embrioni in utero, e dunque congelare, se la madre ha la febbre, ma non se la madre può subire il trauma di un bambino affetto da un tumore maligno (il retinoblastoma), che le offrirebbe come unica alternativa l’aborto, in corso di gravidanza.
Ne va del diritto alla salute della donna e della dignità della persona, in base all’art. 32 comma 2?
Si, ma anche della violazione dell’articolo 2 della Costituzione, laddove conoscere le condizioni della salute del nascituro, potendolo fare con la diagnosi genetica, ad esempio, ha a che fare anche con la dignità, la libertà e l’uguaglianza della persona, ovvero con la rimozione degli ostacoli al suo pieno sviluppo.
E l’annoso dibattito sull’eugenetica?
Il magistrato di Firenze ne parla nell’ordinanza e discute di eugenetica, dimostrando che è fuori luogo utilizzarla, come argomento di accusa, soprattutto verso i genitori. Se, infatti, questi utilizzassero la metodica della diagnosi genetica, in via preventiva, per conoscere legittimamente lo stato di salute del nascituro, lo farebbero solo in nome di quella dignità e di quella libertà di cui abbiamo detto prima.
Sul divieto di riduzione embrionaria, in caso di gravidanza plurima, art. 14, comma 4, il giudice di Firenze dice qualcosa di originale, che cosa?
Evidenzia la poca chiarezza e forse la contraddittorietà vera e propria del ragionamento. Non si capisce, se sia una norma sull’interruzione volontaria di gravidanza, cioè che impedirebbe, ex post, dopo l’impianto, la riduzione embrionaria o se, come si evincerebbe dall’inciso, si debba collegare al divieto di congelamento, che viene vissuto dalla legge come un tentativo di ridurre il numero di embrioni prima dell’impianto. Le conseguenze potrebbero essere molto diverse. Ricordiamo, inoltre, che la legge 194 non potrebbe discriminare la sua operatività, in base alle modalità del concepimento, se spontaneo o assistito.
L’ultimo punto, ma sostanziale è la “irrevocabilità del consenso”, dopo il concepimento e prima del trasferimento degli embrioni, l’art. 6, per intenderci.
Qui le violazioni costituzionali sono palesi, lo aveva scritto anche la precedente ordinanza. E’ la prima volta che in una legge si nega valore al consenso nelle diverse fasi del trattamento sanitario.
Il magistrato chiarisce bene la premessa, ossia che ormai la fecondazione assistita fa parte di una prassi medica, è routine. Se, dunque, è tale perché le si costruisce attorno una disciplina che la ostacola nell’efficacia e nella tutela dell’integrità psicofisica del paziente? Basta dimostrare che di questo si tratta per farne conseguire che senza il consenso della donna, la violazione è certa.
Come procederà, secondo lei, la Corte Costituzionale?
La Consulta ha diverse facoltà, tra cui rinviare l’udienza attesa per il 4 novembre sulla sola ordinanza del Tar del Lazio e riunire tutte le ordinanze. Dal mio punto di vista, anche noi, gli avvocati delle coppie, dovremmo fare istanza per chiedere questa procedura. Stiamo valutando il da farsi.
Vita di Donna - 26 settembre 2008
http://www.vitadidonna.org/politica/laici/fecondazione-assistita-la-legge-40-al-banco-degli-imputati.html
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