venerdì 5 giugno 2009

I giudici: niente figlio dal marito in coma

Repubblica — 04 giugno 2009 pagina 21 sezione: CRONACA

VIGEVANO - Vuole un figlio dal marito in coma, con la fecondazione assistita. Ma il tribunale ha detto no alla 32enne di Vigevano: il padre del marito, nominato suo tutore, non può esprimere al suo posto il consenso alla procreazione medicalmente assistita, soprattutto per far nascere un figlio che crescerà senza padre. E resta da accertare l' infertilità della coppia, altra condizione necessaria secondo la legge 40. «Non mi arrendo: faremo appello - dice la donna - Per avere questo figlio andrò anche all' estero»: tentando l' inseminazione in un paese dove la legislazione sulla fecondazione assistita sia meno restrittiva che in Italia. Si apre dunque un nuovo caso ai confini tra la medicina, la bioetica e la coscienza. C' è, come nella vicenda di Eluana Englaro, un essere umano nella zona grigia tra la vita e la morte, c' è la sua volontà presunta, testimoniata in questo caso dai congiunti, la moglie, il padre, e c' è la sentenza di un giudice che dice no. Un nuovo caso destinato a dividere l' opinione pubblica, come fu per Eluana. Il no del Tribunale di Vigevano è arrivato ieri, dopo l' istanza presentata dalla moglie di un uomo di 35 anni che da metà gennaio è in coma per un tumore al cervello, ricoverato alla fondazione Maugeri di Pavia. Dopo un mese, la moglie aveva chiesto il prelievo del liquido seminale, effettuato dal ginecologo Severino Antinori che lo conserva nella sua clinica romana in attesa della fecondazione. Ma è necessario ricostruire la volontà di diventare padre del marito, che non la può esprimere direttamente. Con il suo avvocato Claudio Diani, la moglie ha presentato istanza al tribunale di Vigevano, perché appunto il suocero possa esprimere il consenso al posto del marito. Presentando anche una lista di sette testimoni pronti a confermare la volontà di avere figli. I testimoni non sono stati sentiti, ed è arrivato il verdetto negativo. Manca il «consenso informato»: ammettendo che volesse diventare padre, non è chiaro se l' uomo voleva esserlo anche ricorrendo all' aiuto della scienza medica, e soprattutto con la quasi certezza che il figlio resterà senza padre. La delusione è stata grande: la donna si aspettava dai giudici un parere positivo. Ma l' avvocato Diani ha fatto sapere che presenterà appello, sottolineando l' urgenza di un nuovo responso. Nel caso dei coniugi vigevanesi infatti si deve considerare anche il fattore tempo, poiché le condizioni del marito sono gravissime. «Conta la volontà della coppia di avere un figlio. E su questo non ci sono dubbi. La motivazione del decreto si incentra invece su un fattore di secondaria importanza». Il marito avrebbe voluto ricorrere alla fecondazione assistita? «Se una coppia vuole avere un figlio è logico tentare ogni strada. E comunque, quando era in buona salute non c' era motivo di considerare questa ipotesi, ma neanche di escluderla». «Una sentenza sconcertante, talebana e religiosa», commenta Severino Antinori. «È un volo pindarico del Tribunale, perché la sua volontà il paziente l' ha più volte manifestata, dicendolo più volte al padre, nonché nel periodo prima del coma, quando la coppia ha provato per due anni ad avere un figlio prima di rivolgersi a un medico perché non ci riusciva».

ANNA MANGIAROTTI

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