mercoledì 27 gennaio 2010

Figli sani da sieropositivi, l' Imi rinuncia

Repubblica — 27 gennaio 2010 pagina 8 sezione: PALERMO

Veder nascere un figlio sano è un diritto, anche se a volte è difficile ottenerlo. Dopo dieci anni di lavoro c'è incertezza sul futuro del servizio di procreazione assistita per coppie colpite dall' Hiv, fin qui garantito dall' Istituto materno infantile. Che debba essere trasferito è cosa certa, e lo è anche la data: entro il 30 giugno. Quello che non si sa, invece, è dove verrà spostato. Il che fa dubitare gli operatori della reale volontà di mantenere in vita il servizio. Aperto nel 2000, il laboratorio è dedicato alle coppie in cui il partner maschile è affetto da Hiv: in questi casi è molto probabile che il bambino nasca infetto e che, durante il parto, contagi la malattia alla madre. Nel centro dell' Imi questo rischio viene annullato: con un particolare macchinario (Nasba) di biologia molecolare si effettua il washing degli spermatozoi, ossia viene ripulito il seme dal virus e con questo si effettua una fecondazione intra-uterina della donna. Che così avrà una gravidanza sicura e sarà certa di partorire un bambino immune dal contagio. Dal 2000 a oggi il reparto ha assistito 290 coppie, e sono 40 i bambini nati del tutto sani. Oltre che nel centro palermitano, un trattamento del genere è possibile soltanto a Milano, dove le liste d' attesa sono molto lunghe, o nei centri privati, dove tutto l' iter costa diverse migliaia di euro. «Vogliamo sapere che fine farà il laboratorio - dice Elena Rubino, responsabile del servizio - non possono dirmi che a giugno devo lasciare i locali e non spiegarmi dove pensano di trasferirci. Questo lavoro va fatto con ampia programmazione, ci sono le terapie da seguire e i macchinari da spostare: solo per il trasferimento delle macchine bisogna chiamare un tecnico specializzato da Firenze, se no lo strumento diventa inservibile. E tutto questo va pensato per tempo». I dubbi della responsabile dell' unità si basano anche su alcuni eventi degli ultimi mesi: «A marzo la biologa che avevamo in forza- racconta la Rubino - è stata trasferita al laboratorio del Policlinico, adesso hanno sostituito l' ecografo che avevo con uno che ha una sonda che non funziona. In questa fase avremmo dovuto stimolare venti pazienti, ma ho rimandato tutto a data da destinarsi: non possiamo cominciare un lavoro che non sappiamo se potremo portare a compimento». Dal Policlinico però smentiscono l' intenzione di chiudere il laboratorio: «Proprio domani (oggi, ndr) - dice Nino Perino, primario di Ginecologia e Ostetricia - devo incontrare il direttore sanitario per discutere anche di questo. L' unità di "Procreazione assistita per coppie discordanti per Hiv" mi sta molto a cuore perché è una specialità rara che va tenuta in grande considerazione. Riteniamo però che non abbia senso lasciarla isolata all' Imi, soprattutto ora che quasi tutte le branche sono state trasferite al Policlinico: la mia idea - spiega Perino - è di unirla al laboratorio di fecondazione in vitro che già abbiamo all' Istituto materno infantile. La centralizzazione di sicuro servirà a ottimizzare personale e macchinari». Nel frattempo restano senza certezze le coppie che erano in cura all' Imi e che ora non sanno cosa fare: «Ho 41 anni - dice B., tedesca che da tredici anni vive a Palermo, dove ha sposato un ragazzo sieropositivo - non possiamo permetterci di aspettare le liste d' attesa che ci sono a Milano per avere un figlio e non abbiamo i soldi per farlo privatamente. Mi sembra assurdo che un servizio che funziona debba essere interrotto». «Abbiamo già fatto un tentativo - racconta un aspirante papà - e questo sarebbe il secondo, ma questa interruzione è per noi un fulmine a ciel sereno. Ci tolgono il diritto ad avere una prospettiva e, ancora di più, ad avere un figlio sano».

SONIA PAPUZZA

Nessun commento: