mercoledì 9 luglio 2008

La voce dei malati

Navigando in internet abbiamo trovato la lettera di Domenico Marchetti - Presidente di FamiglieSMA - scritta alcune settimane prima del referendum del 12-13 giugno 2005 al direttore di La Repubblica.

Vi invitiamo a leggerla.

CARO direttore,
nel dibattito in corso sui referendum del 12-13 giugno spicca l'assordante silenzio dei malati e dei loro familiari, la cui vita è toccata dalla legge in discussione. In tv e sui giornali, tranne poche eccezioni, non appaiono, non appariamo, mai. È anche colpa nostra; provo quindi a offrire il punto di vista di un'associazione di genitori di bambini affetti da una grave malattia genetica, al momento senza cura. Si chiama Atrofia muscolare spinale e nella forma più acuta è la più importante causa di morte d'origine genetica per bambini entro i 2 anni di età.

Risparmio al lettore il dolore di perdere un figlio, spesso in condizioni di assistenza gravemente insufficiente da parte dello Stato. Tengo invece a esprimere il nostro profondo disagio riguardo ad alcune forzature che sono emerse nel dibattito sui referendum. Innanzitutto vorremmo un'informazione più trasparente su alcuni fatti.

Un primo fatto inerente al primo quesito è che la ricerca con le cellule staminali embrionali potrebbe (probabilmente, ma nessuno lo sa con certezza) curare molte malattie attualmente devastanti. Lo stesso Bush ha ammesso pochi anni fa, quando ha comunicato al suo Paese la decisione di non finanziare con soldi pubblici questi studi, che la ricerca con le cellule staminali embrionali appare al momento più promettente di quella con le cellule staminali adulte. Quest'onestà intellettuale manca nel nostro Paese. È forte il nostro smarrimento rispetto alla scelta di non utilizzare per la ricerca neanche gli embrioni già creati e comunque destinati a perire (come, a esempio, è stato consentito negli Usa); capiamo le ragioni di principio addotte, ma, guardando negli occhi i nostri figli malati, ci riesce difficile interpretarla come una scelta a favore della vita.

Un secondo fatto che vorremmo ricordare affrontato dal secondo e terzo quesito è che oggi, in Italia, una coppia portatrice di malattie genetiche che faccia ricorso alla fecondazione assistita rischia che un embrione malato sia impiantato nell'utero della mamma: quello che il semplice buon senso richiederebbe, cioè assicurarsi che l'embrione sia sano prima di impiantarlo, da noi è proibito. In nessun altro paese occidentale si è arrivati a tanto. Chi di noi, dopo aver perso un figlio ne vorrebbe un altro senza rischiare l'ulteriore dramma di un aborto, è costretto ad andare all'estero; siamo in migliaia e stiamo intasando i centri di fecondazione assistita di mezza Europa.

Ci sono, inoltre, alcuni atteggiamenti riguardo al referendum che ci ispirano forte disagio. Perché un referendum così importante si svolgerà in estate, quando è più scomodo votare? Perché l'informazione televisiva sul referendum è assente o limitata alle fasce orarie di minore ascolto? Con che eticità il fronte contrario all'abrogazione si è indirizzato verso una scelta, l'astensione, che è certo legittima ma che ostacola un sereno e trasparente confronto democratico?

Ci sentiamo scippati del nostro diritto (morale, se non giuridico) a un confronto leale su un tema referendario cruciale per la nostra vita e quella dei nostri cari. Questo è il nostro j'accuse, in nome dei bambini malati che non ci sono più e di quelli che nasceranno domani. La questione chiave in discussione è che tipo di vita sia l'embrione e che tutela dargli. La (legittima) posizione della Chiesa cattolica italiana, in buona parte ripresa dalla legge, non è condivisa dalla altre chiese cristiane né dalle altre religioni monoteiste; l'attuale legge è sicuramente un'anomalia rispetto alle legislazioni degli altri Paesi. Quale occasione migliore di questo referendum per prendere una decisione su un tema così importante e controverso, dopo una campagna informativa che tutti avrebbero dovuto volere equilibrata e completa? Non è vero che la complessità delle problematiche in discussione sconsigli un referendum, con la sua scelta drastica tra "sì" e "no", e suggerisca invece di rinviare la questione alle sedi più appropriate, come sostengono gli astensionisti. In realtà le questioni importanti e controverse sono sempre complesse, e il referendum è la soluzione più adeguata quando c'è il rischio che una decisione presa nelle sedi "appropriate" non coincida con quella della maggioranza dei cittadini. Se le modifiche suggerite dai fautori del referendum non convincono, semplicemente si vota contro.

In conclusione, al di là dei complicati esercizi retorici per difenderla, l'astensione appare per quello che probabilmente è: il frutto di calcoli e il tentativo di salvare la legislazione vigente a tutti i costi. Una parte teme di risultare in minoranza e somma i suoi numeri alla percentuale di elettori che si disinteressano della cosa pubblica e non votano mai, rendendo così invalido il voto. Non dovrebbe sfuggire che questo è un uso improprio della soglia originariamente pensata dai costituenti per evitare che decisioni parlamentari venissero modificate da un numero esiguo di elettori.

È una forzatura: politicamente potrà forse risultare una scelta efficace, moralmente è il fine che giustifica i mezzi, a spese della democrazia sostanziale. È davvero paradossale che questa scelta venga da chi fa dell'etica una bandiera. Chiediamo a tutti gli elettori di assumersi le loro responsabilità il 12-13 giugno: innanzitutto consentendo un confronto leale e democratico su un tema così importante e poi, se credono, sostenendoci nella nostra battaglia per dare un futuro migliore ai nostri figli e permettendo così alla scienza di aiutarci.
(l'autore è presidente di Famiglie Atrofia muscolare spinale Onlus)

(25 maggio 2005)

http://www.repubblica.it/2005/e/sezioni/politica/dossifeconda/babref/babref.html

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