domenica 7 febbraio 2010

Fecondazione assistita iniqua e anticostituzionale

Liberazione - 7 febbraio 2010

La Consulta ha già bocciato gli articoli su diagnosi genetica ed embrioni congelati

Pronti dieci ricorsi di coppie colpite da infertilità grave che chiedono alla Corte costituzionale di pronunciarsi sulla incostituzionalità dell’articolo 4, che vieta l’eterologa

La fecondazione medicalmente assistita, per come l’hanno voluta i fondamentalisti del centrodestra (ed anche qualcuno del centrosinistra) non ha diritto di cittadinanza in Italia.
La legge 40 è una vera schifezza, parola della Corte Costituzionale, che su iniziative di famiglie, coppie, medici, avvocati e associazioni, ha cancellato alcuni dei divieti più clamorosi e ingiusti. I giudici della Consulta ritengono incostituzionale ad esempio la diagnosi genetica, l’obbligo di impianto di tutti gli embrioni, le norme sul loro congelamento.
Prossimo passaggio atteso: la dichiarazione di incostituzionalità anche dell’articolo che vieta la fecondazione eterologa, cioè il ricorso agli spermatozoi di un donatore terzo o agli ovociti di una donatrice terza, pena pesantissime sanzioni per quei genitori in pectore che a causa di malattie o malformazioni non possono dare o fecondare il seme omologo (omologo a che? omologato da chi?).

Se ci fosse un tale pronunciamento, da parte dei giudici della Consulta che si sono occupati di questa legge “esclusiva” e “punitiva”, saremmo di fronte alla cancellazione di fatto di una norma che ha fatto discutere e accapigliarsi in Parlamento - ma anche fuori dalle ovattate stanze in cui si decidono arbitrariamente le sorti anche più intime dei cittadini, chiamando in campo questioni filosofiche, etiche, religiose, ideologiche - e che alla fine, per la protervia della maggioranza di centrodestra e della parte più retriva della Chiesa cattolica, ha dato la stura al turismo a scopo di fecondazione artificiale e alle cosiddette rotte della fertilità, naturalmente solo per chi poteva e disponeva di risorse finanziarie in grado di ”pagare” un impianto all’estero, mentre alla gran parte delle famiglie e delle coppie italiane veniva negato il diritto al concepimento e alla procreazione assistita nelle strutture sanitarie nazionali, pubbliche e private.
Un business che in cinque anni ha riguardato 50 mila coppie e svariati milioni di euro esportati nelle cliniche di mezza Europa, dove una donazione di gameti va dai 4.000 euro di Cipro ai 10.000 della Spagna, secondo le cifre rese note, in un recente convegno tenuto ad Acireale, dal professor Nino Guglielmino, direttore di uno dei centri di alta specializzazione per la fecondazione assistita.
Adesso i medici, le associazioni e le coppie escluse dalla iniqua e anticostituzionale legge 40, stanno pensando ad una class action, supportati dal giudizio di fior di giuristi, degli scienziati
e degli esperti di diritto comunitario, perché solo in Italia c’è il divieto totale di fecondazione eterologa.
La campagna potrebbe partire in primavera e riguardare ad esempio decine di donne in menopausa precoce o uomini resi sterili da malattie, interventi o incidenti invalidanti.
«Vedo ogni giorno coppie discriminate perché non hanno i soldi per andare all’estero. Chi ha i soldi può pagarsi una clinica straniera e comprarsi un ovocita da un donatore terzo - ha detto
il professor Guglielmino - ma chi soldi non ne ha è costretto a rinunciare ad avere figli. Noi del Centro Hera di Catania facevamo centinaia di fecondazioni eterologhe, soprattutto maschili. Venivano da noi 800 copie all’anno. Poi abbiamo visto crescere quei bambini, amatissimi, perché la paternità e la maternità non sono legati solo alla genetica, ma all’amore e alla responsabilità».
I numeri del turismo della fecondazione fanno impressione: 25 mila coppie europee ogni anno si sposta per il concepimento assistito. Di queste, un terzo, circa 8 mila, sono coppie italiane. Soltanto l’82% delle coppie che si rivolgono ai centri stranieri sono regolarmente sposate. Vanno in Danimarca, Belgio, Francia, Svizzera, Grecia, Spagna, Slovenia e Repubblica Ceca.
Invece le coppie che si sono rivolte a strutture italiane sono state 43 mila nel 2005, 52 mila nel 2006, 55 mila nel 2007. Le gravidanze ottenute sono state 9.049 nel 2005, 10.608 nel 2006, 11.685 nel 2007. Il 45,7 per cento si è rivolto a strutture pubbliche o convenzionate con il servizio sanitario nazionale, mentre il 54,3 per cento si è rivolto alle circa 350 strutture private che operano sul territorio nazionale con soli interventi di fecondazione omologa.
L’avvocato Maria Paola Costantini, autrice in passato di molteplici ricorsi, alla fine di marzo ne presenterà uno, in dieci diversi tribunali italiani, per tutelare un gruppo di coppie che
chiedono di poter assoggettarsi alla fecondazione eterologa, unica possibilità per chi è colpito da forme di sterilità legate a malattie genetiche ed ereditarie.
«Sappiamo che non sarà una battaglia facile - ha dichiarato l’avvocato Costantini - perché il tema della fecondazione eterologa fa paura a molti, evoca lo spettro di mamme-nonne o altri eccessi. Invece le cinque coppie per le quali presenteremo ricorso hanno malattie serie, documentate».
Per quanto riguarda l’incostituzionalità, «le norme sulla fecondazione eterologa sono in contraddizione con l’articolo 3 della Costituzione, che sancisce il principio di uguaglianza
tra coppie infertili ammesse alle cure perché possono produrre gameti e quelle con infertilità più gravi escluse dalle terapie», insiste l’avvocato Costantini, ma a ci sono anche altre difformità costituzionali, «come la negazione del diritto costituzionale di formarsi una famiglia», e infine, «se la legge 40 disciplina le eventuali conseguenze di una fecondazione eterologa, ad esempio vietando il disconoscimento di paternità, è evidente che il legislatore ha messo in conto il turismo procreativo, ovvero interventi fatti all’estero: un paradosso su cui si profila un’evidente discriminazione economica».

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