mercoledì 7 aprile 2010

Noi mamme dello stesso figlio

Repubblica — 06 aprile 2010 pagina 47 sezione: R2

Questo è il diario di una donna fuorilegge. Anna è un' italiana che ha chiesto l' anonimato per raccontare la sua esperienza di «maternità surrogata» negli Stati Uniti. La surrogazione di maternità è una tecnica di fecondazione assistita nella quale l' embrione concepito in provetta viene impiantato nell' utero di una «madre surrogata». La donna porta a termine la gravidanzae poi consegna il bambino alla coppia committente. In Italia, la legge 40 del 2004 punisce chiunque realizzi, organizzi o pubblicizzi la surrogazione di maternità. Chi trasgredisce può essere condannato a un' ammenda e alla reclusione fino a due anni. Barbara mi ha telefonato una sera: «Congratulazioni Anna! Sarai mamma!». Poi mi ha richiamata il giorno della prima ecografia per dirmi che andava tutto bene. Aveva visto nella sua pancia il cuoricino di mio figlio che pulsava. Ci chiamiamo solo nei momenti importanti, c' è il problema del fuso orario, ma comunichiamo sempre via email. È una lunga attesa. Lei mi racconta delle nausee, io le parlo della nostra trepidazione per ogni esame, per questa gravidanza, sua, nostra, che è un dono del cielo. Spesso, ci mandiamo le foto di famiglia, lei vuole sapere come dipingerò la cameretta, se ho pensato al nome che darò al mio bambino. Barbara è una donna americana di 24 anni. Nostro figlio è stato concepito in provetta e l' embrione è stato poi impiantato nel suo utero. È una «madre surrogata». Grazie a lei, tra qualche mese completeremo finalmente la nostra famiglia. Da tempo, io e mio marito cerchiamo un bambino. Ho una malattia degenerativa che mi ha reso arduo anche solo pensare di avere un figlio. Abbiamo tentato varie cure e fatto tentativi di fecondazione anche all' estero, tutti andati male. Con la mia situazione di salute, l' adozione era impensabile: un tribunale non mi avrebbe mai dato l' idoneità, neanche considerando che siamo capaci ed anche disposti ad avere un aiuto per accudire il bimbo. Passati i 40 anni stavo quasi per gettare la spugna quando ho scoperto la possibilità della maternità surrogata. Non è stato facile per noi arrivare a questa scelta. L' alternativa era rinunciare ad un figlio o insistere con tentativi che avrebbero sicuramente aggravato la mia situazione di salute, già compromessa dalle cure inutili precedenti, per di più senza certezza di esiti positivi. Per noi Barbara non è affatto una «incubatrice» o un «utero in affitto» come si dice orrendamente in Italia. Non soffro di gelosia, anzi le sono profondamente grata. Certo, mi addolora non poter essere io a nutrire e crescere il mio piccolo dentro di me, ma riconosco la necessità della situazione, la concreta possibilità di riuscita che altrimenti non avremmo mai. Lei è una bella persona, positiva, determinata. La prima volta che ci siamo incontrate eravamo entrambe spaventate ed emozionate. Ha già una bambina e non vuole avere altri figli. Quando le ho chiesto perché si era candidata a fare la «madre surrogata», mi ha risposto che voleva ricambiare la felicità che aveva avuto dalla vita: salute, una bella famiglia, sicurezza economica, un lavoro di soddisfazione, tanti amici. Non vuole niente di frivolo o strano per sé, il denaro servirà per gli studi della figlia. Nel paese di Barbara, gli Stati Uniti, le donne che si candidano a fare la «madre surrogata» se si rivolgono ad agenzie serie vengono sottoposte a screening severi: non devono avere precedenti penali, né debiti, né essere dedite a sostanze illecite, né essere a carico dei servizi sociali. Devono avere un lavoro, la casa di proprietà, un partner stabile e figli propri. Incontrano uno psicologo che poi la sottoporrà ad un test approfondito di personalità e la seguirà con sedute mensili di supporto ed analisi durante tutta la gravidanza. Pensare che lo faccia solo per soldi è come pensare che chi dona il sangue lo fa per avere la colazione gratis. La somma di denaro che le dobbiamo versare è pari a 20mila dollari, poco meno di 18mila euro. È un vantaggio, certo, ma non è assolutamente una somma che ti cambia la vita. Quello che costa sono le agenzie che fanno da intermediario (altri 25mila dollari), le spese mediche e legali (fino a 40mila dollari) e le assicurazioni sanitarie. Quando nostro figlio nascerà tra qualche mese sarà registrato con i nostri nomi su ordine di un Tribunale statunitense. Non ci sono contraffazioni, falsi o altri illeciti. In alcuni stati americani, come quello nel quale vive Barbara, è tutto legale. Lei ha un avvocato indipendente, diverso dal nostro, che la consiglia, rivede con lei le condizioni contrattuali e ne tutela gli interessi. Il legale gestisce il contratto ed il deposito della somme, quella necessaria per le spese vive e quella che spetta alla madre surrogata come rimborso e che deve essere depositata per intero e in anticipo. Abbiamo dovuto pagare ogni cosa. Dalle più ovvie come medicine, spostamenti, mancati guadagni di Barbara e suo marito, alle meno scontate, come la colf o baby sitter se sta male o deve restare a letto, i vestiti premaman, fino a dettagli ai quali onestamente non avrei mai pensato, tipo i massaggi per sgonfiare i piedi nelle ultime settimane. Ma mi sembra giusto: l' incomodo che Barbara sopporta è grande e non c' è somma che ripaghi un anno della propria vita o il dolore fisico, per non parlare dell' enorme regalo che ci fa. Mi ha detto che la sua gratificazione nasce dal rapporto di affetto e solidarietà che si crea con gli aspiranti genitori, e dal fatto di essere lei l' unica che realizza un sogno altrimenti impossibile. Negli Usa a fronte di un' organizzazione di tipo «commerciale» viene garantita la tutela legale, la libera scelta della «madre surrogata», il giusto clima culturale, anche perché prevede l' estraneità genetica con il bimbo che porta in grembo. Non posso azzardare niente per contesti e paesi differenti. So che esistono situazioni di miseria e privazione nei quali le «madri surrogate» sono costrette a prestare il proprio corpo non per libera scelta, senza neanche avere la giusta assistenza medica. Donne che vengono schiavizzate, sfruttando in un colpo solo due disperazioni: la loro e quella degli aspiranti genitori. Ho scelto il paese dove vive Barbara proprio perché mi offriva il rispetto della libertà individuale, dei diritti e della salute di tutti i partecipanti. Questo comporta problemi organizzativi enormi per noi, e costi esorbitanti. Per ora usiamo tutti i nostri risparmi, ci vendiamo la macchina ed abbiamo acceso un' ipoteca sulla casa, sperando che basti. Davvero siamo contenti così: so che è una scelta libera, consapevole e generosa, e che non ci sarà un distacco crudele e definitivo, niente da nascondere o di cui vergognarsi anche un domani con nostro figlio. Non potremmo vivere con noi stessi altrimenti. Abbiamo detto la verità solo ai nostri genitori e quei pochissimi fidatissimi amici che ci hanno appoggiato e sostenuto fin dall' inizio. Non temo il giudizio della gente, ma la «soffiata» malevola e diffamatoria è una possibilità. Su questo tema c' è un clima da caccia alle streghe e non voglio rischiare di ritrovarmi davanti a un tribunale italiano per decidere l' affidamento di mio figlio. Il ritorno in Italia con il bambinoè una grande fetta del problema. Prenderò un periodo di aspettativa e sparirò per un po' , magari dicendo che mi reco all' estero per motivi di studio o lavoro di mio marito. Si tratta di andar via per qualche mese dopo aver indossato abiti larghi ed essere ingrassata un po' . Non mentirò dicendo che sono incinta. Solo, non dissiperò l' equivoco. Partirò con largo anticipo, passerò l' ultimo mese della gravidanza nel luogo di residenza della «madre surrogata». Tornerò con nostro figlio quando il pediatra mi dirà che posso ripartire, immagino dopo un mese o due dalla nascita. Non sarà facile e ci saranno sicuramente tanti che avranno da ridire, ma sai che c' è? Da quando ho visto la prima ecografia non mi importa. Ci siamo innamorati di quel fagiolino, il resto non conta. Vorrei che fosse possibile fare tutto alla luce del sole e credimi, se non ci fossero rischi di beghe legali ed il problema fosse solo la mentalità corrente lo farei, sia perché sono serena e convinta e reputo di non dovermi vergognare di niente, sia perché per cambiare le cose si comincia dal far conoscere ed informare le persone, per il bene di tutti. Vorrei far capire che la maternità surrogata è una tecnica di riproduzione assistita che serve a curare una malattia, l' infertilità, e se regolata giuridicamente e ben applicata da professionisti seri offre una possibilità senza ledere la dignità e libertà di tutte le persone coinvolte. Barbara invece non deve nascondersi. Nel suo paese, quello che sta facendo è valutato alla stregua di un trapianto di rene da vivente od una donazione di midollo o di parte del fegato. Genitori, marito e amici la sostengono al massimo, solo una sua cugina ha fatto commenti poco carini, ma è stata la mosca bianca. Sua figlia ne parla sempre. Alla domanda «Cosa c' è nella pancia di mamma?», risponde «Un bel bambino per Anna e Luca!». Parla alla pancia in italiano, con quelle tre parole che ha imparato da noi quando ci siamo conosciuti perché così, dice, il piccolo si «abituerà». Racconterò la verità a mio figlio. Sto raccogliendo le foto del nostro primo incontro con Barbara, quelle con il medico e le infermiere della clinica alla quale ci siamo rivolti, le prime ecografie. Voglio fare un libro per mio figlio, dove ci saranno le cose che ha diritto di sapere sulla sua venuta al mondo. Non sarà sconvolto, perché la «zia» lontana sarà stata una presenza positiva, un affetto in più nella sua vita fin dalla culla. Gli spiegherò che è stato amato, desiderato e davvero immaginato prima nelle menti e nei cuori di tante persone e poi nato grazie alla forza di volontà ed all' amore di due famiglie. Saprà di essere frutto di un grande dono d' amore, e spero che questo gli insegni quanto è bella e preziosa la vita, anche quando ti pone davanti ostacoli e dolori come la malattia.


ANAIS GINORI

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