giovedì 16 giugno 2011

Fecondazione assistita, mamme fino a 50 anni

Corriere del Veneto - 16 giugno 2011

Delibera della Regione: "Non così rari i casi Nannini". Medici in rivolta: "Si alimentano solo false illusioni"

VENEZIA — Musa ispiratrice è stata anche Gianna Nannini, diventata mamma a 50 anni. Un messaggio di speranza che piace alla Regione al punto da rilanciarlo concedendo la fecondazione assistita in regime di livelli essenziali di assistenza (cioè a carico del sistema sanitario nazionale, la paziente paga solo il ticket) alle signore fino a 50 anni. Una decisione clamorosa, sancita dalla delibera che disciplina la materia approvata all’unanimità martedì dalla giunta Zaia, la quale ha alzato d’imperio il limite di 43 anni proposto dal gruppo tecnico (medici specialisti) voluto proprio da Palazzo Balbi per muoversi in base a dati scientifici sicuri. Disatteso il più importante, sono rimasti invariati gli altri parametri fissati dai ginecologi Federica Nenzi (ospedale di Oderzo), Antonino Lorè (primario a Belluno), Franco Diani (Azienda ospedaliera di Verona), Gianni Nardelli (primario dell’Azienda ospedaliera di Padova), Giancarlo Stellin (ospedale di Trecenta), Emanuela Zandonà (clinica Pederzoli di Peschiera) e Andrea Baffoni (ospedale di Conegliano): e cioè il massimo di 65 anni per il futuro padre, il termine di 4 cicli di trattamento per il primo livello e di 3 per il secondo (Fivet e Icsi).

Nuove chance «Portare il limite d’età a 50 anni è stata una scelta condivisa, anche dal governatore Luca Zaia— spiega Luca Coletto, assessore alla Sanità —. Pur nel rispetto della letteratura scientifica, non possiamo non tener conto di un’aspettativa di vita in crescita e di casi, come quello di Gianna Nannini, che testimoniano la possibilità di procreare anche nella maturità. Abbiamo voluto andare incontro ai desideri della nostra gente e regalare un’opportunità alle pazienti più grandi. Non c’è niente di male». L’altra novità introdotta in delibera per «incoraggiare le aspettative », è il considerare sinonimi la sterilità e «l’incapacità di concepire e di procreare dopo un anno o più di rapporti sessuali non protetti». Il che consente di avviare subito gli opportuni accertamenti diagnostici, senza perdere tempo. Infine cambiano le prestazioni di fecondazione assistita (anche per «razionalizzare le risorse»), da garantire non più in regime di ricovero ma in ambulatorio, fatta eccezione per i casi a rischio. Le indicazioni citate, oltre all’obbligo di mantenere determinati requisiti, sono valide per i 17 centri pubblici e i 20 convenzionati autorizzati. Il privato continuerà a regolarsi sulla legge 40, che però non fissa limiti di età (anche se l’articolo 5 parla di «età potenzialmente fertile»).

Medici contro La «magnanimità» della Regione scatena le proteste dei medici, a partire dagli esperti del comitato tecnico. «In Italia non si registrano parti di donne sopra i 43 anni sottoposte a procreazione assistita — rivela la dottoressa Nenzi —. Ricorrere a tale tecnica per una cinquantenne significa ingolfare le liste d’attesa e sprecare soldi, che vengono sottratti a pazienti trentenni con tutte le carte in regola per diventare mamme. Perchè la Regione chiede il parere degli specialisti se poi non li ascolta?». «Non è condivisibile un limite d’età così avanzato—aggiunge il professor Nardelli — anche perchè aumentano i rischi di parto prematuro, di morte del feto e di eventi avversi per la gestante, che può incorrere in problemi cardiopolmonari, renali, di ipertensione e coagulazione. La Nannini? Una rondine non fa primavera. Certo, aumenta l’età delle donne che si rivolgono ai centri di procreazione assistita, ma gli insuccessi crescono proporzionalmente all’avanzare degli anni. Noi nel pubblico scoraggiamo le donne sopra i 43 anni, forse nel privato, dove conta anche l’interesse economico, non è sempre così. Ma ci chiediamo cosa è meglio per il bambino? Una donna di 50 anni ha l’energia per stare sveglia notti intere, per esempio?». Allibito anche Roberto Sposetti, presidente veneto della Sigo (Società italiana ginecologi e ostetrici), che nel 2001, prima dell’entrata in vigore della legge 40, praticò il cesareo a una mamma di 63 anni. «Alimentare le speranze di signore mature è una presa in giro — dice — e uno spreco di denaro pubblico. E comunque non è un bene per un bimbo avere una mamma-nonna». Il paradosso è che proprio ieri, mentre Coletto era a Roma, a pochi passi da lui si riunivano i referenti delle Regioni per la fecondazione assistita, guidati dal padovano Carlo Foresta. Su richiesta dell’Istituto superiore di Sanità, stanno redigendo un documento che fissa per tutta Italia il limite d’età della futura mamma tra i 42 e 43 anni. Se la commissione Salute, presieduta proprio da Coletto, lo recepirà con delibera sarà vigente anche in Veneto. Chi «sforerà» dovrà affrontare il trattamento in privato, pagandolo migliaia di euro di tasca propria. A questo punto la giunta Zaia non poteva rimandare l’approvazione del provvedimento? «Non è la prima volta che precorriamo i tempi— osserva Coletto—se il ministero ci chiederà di farlo, correggeremo il tiro».

Michela Nicolussi Moro

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