sabato 16 aprile 2011

Le famiglie dei figli in provetta? Più equilibrate e solide

Corriere della Sera - 16 aprile 2011 - Pagina 47

Fresca di laurea in biologia, sana, graziosissima è lei la più bella pubblicità alla fecondazione assistita. Nata nel 1983 a Napoli, Alessandra Abbisogno è il primo essere umano concepito fuori dal corpo della donna in Italia, cinque anni dopo il «miracolo» di Louise Brown, mitica figlia della provetta che ha valso cinquantadue anni dopo al suo artefice, Robert Edwards, il Nobel per la medicina. Lo scienziato, oggi ottantacinquenne, mantiene con la donna, adulta e madre a sua volta, un' affettuosa amicizia, analogamente a quanto avviene fra Alessandra e il ginecologo che l' ha fatta nascere, Vincenzo Abate. Ma sono casi «storici»; nella vita di ogni giorno l' essere venuti al mondo grazie alla tecnologia resta un segreto gelosamente custodito all' interno della coppia. È prassi corrente in Italia, come testimoniano gli operatori dei centri di procreazione assistita; tra questi Andrea Borini, direttore scientifico di Tecnobios, a Bologna: «Forse la mentalità sta lentamente cambiando, ma la scelta prevalente è ancora oggi quella del silenzio». In altri paesi le cose non vanno in modo diverso. Come testimonia il ginecologo Carlo Flamigni, uno dei maggiori scienziati italiani in questo ambito del quale è appena uscito per le Edizioni Pendragon, Figli del cielo, del ventre e del cuore: «Una ricerca condotta da uno psicologo dell' università di Londra e pubblicata su Human Reproduction nel 2006 ha studiato le famiglie di bambini nati con la fecondazione assistita che avevano raggiunto i dodici anni, scoprendo che nel 65 per cento dei casi i figli non sono a conoscenza della loro storia. Quando poi è in gioco una donazione di spermatozoi, il silenzio sfiora il 90 per cento». «E certamente in Italia, il divieto di quest' ultima esperienza con il conseguente turismo sanitario, oggi rivolto soprattutto alla Spagna e alla Grecia, non è stato di aiuto» aggiunge Claudia Livi, direttore del Centro Demetra di Firenze. D' altro canto, la stessa ricerca ha messo in evidenza che questi ragazzi sembrano tranquilli e sereni e le famiglie reggono nel tempo: i tassi di divorzio sono bassissimi. Questa della family stile Mulino Bianco è una storia ricorrente fra le coppie che l' hanno formata grazie al laboratorio e alle provette; emerge da ricerche condotte negli Stati Uniti (alcune, molto superficiali), ma anche dall' unica finanziata dalla Commissione europea che ha riguardato l' Italia insieme alla Gran Bretagna, l' Olanda e la Spagna. Lo studio si è articolato in due fasi: la prima ha coinvolto 400 famiglie con bambini fra i quattro e gli otto anni nati con il seme di un donatore, con la fecondazione omologa (spermatozoi e ovuli della coppia), adottati e concepiti naturalmente; la seconda ha testato di nuovo le stesse famiglie cinque anni dopo per vedere che cosa succede con la crescita dei figli. Il quadro più roseo, dove i legami affettivi risultano più solidi e equilibrati (emerso dal primo studio, confermato dal secondo) è quello delle famiglie dove c' è stata l' esperienza della fecondazione assistita. Anche quando il padre non è quello biologico e vive, inevitabilmente, il «fantasma» del donatore: sente il bisogno di diventare protagonista del rapporto col figlio e, di conseguenza, gli si dedica molto. «È un risarcimento - conferma Carla Facchini, che insegna sociologia della famiglia all' università di Milano-Bicocca -; l' equivalenza fra fertilità e virilità è un patrimonio interiorizzato dell' uomo di oggi; fare il superpapà è una sorta di battaglia contro questo. Peraltro siamo di fronte a realtà che pongono quesiti nuovi sulla genitorialità». «Forse certi fantasmi potrebbero essere meno ingombranti se cambiassero le parole per dirlo, la terminologia medica - aggiunge la sociologa Marina Mengarelli -; aver chiamato queste procedure tecniche di tipo eterologo, averle definite una sorta di adulterio legalizzato, è stato privo di conseguenze sul loro impatto sociale? Non si può più semplicemente parlare di donazione?». «Credo - conclude Flamigni - che il desiderio di avere un figlio trascenda l' ordine biologico, sia da riferire prima di tutto al mondo del simbolico. Se cominciamo a ragionare così, la biologia perde, finalmente, un po' della sua tirannia».

Porciani Franca

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