martedì 12 luglio 2011

Procreazione assistita, tra Sos età e riserva ovarica

Repubblica - 12 luglio 2011 — pagina 33 sezione: SALUTE

Il tre per cento dei bambini scandinavi - e forse non a caso l' Eshre, la società europea di riproduzione umana ed embriologia ha scelto Stoccolma come sede del suo ventisettesimo congresso internazionale - nasce con tecniche di procreazione assistita (Pma). Una percentuale elevata, se si pensa che negli altri Paesi europei la media oscilla tra l' 1,5 e l' 1,8 per cento. La strada seguita nei paesi nordici è quella delle gravidanze singole, con trasferimento di un singolo embrione. La Svezia, in particolare, ha il numero più elevato di trasferimenti singoli in Europa: il 95,3 per cento. E il Belgio non rimborsa i cicli con transfer multipli. In Italia, invece, il trasferimento di un singolo embrione non è certo maggioranza. Per vari motivi: l' età media delle donne che chiedono la Pma, 36 anni ma in molti casi anche 40, e i tempi di attesa che nei centri pubblici oscillano tra 1 e 2 anni. E infatti la Pma in Italia si fa molto nei centri privati (55% del totale) e nei privati accreditati (7,7%). Altro problema, che ha un riflesso sulle liste d' attesa, è il numero dei tentativi concessi alla coppia per arrivare ad una gravidanza, attualmente non stabilito. Per tutte queste ragioni - con l' obiettivo di riuscire ovviamente ad arrivare al cosiddetto bambino in braccio - i trasferimenti di singoli embrioni in cicli a fresco (senza cioè ricorrere a congelamenti) di Ivf (o Fivet) e Icsi in Italia sono soltanto il 19 per cento (dati ministero della Salute 2011), contro i 33,6 di quelli con due embrioni e addirittura il 44,8 per cento dei trasferimenti tripli. Hanno percentuali più alte solo Bulgaria (56,1), Turchia (64,5) e Grecia (68,9). E mentre nel resto del mondo la gravidanza multipla è considerata un fallimento della Pma, per mortalità e malattie correlate ai nati, in Italia quasi la si insegue per tentare una gravidanza in donne anziane (over 35). Ma se è vero che, sopra i 40 anni (vedi disegno) le percentuali di successo crollano drasticamente, è altrettanto vero che l' età anagrafica è un elemento importante ma generico. «La cosa più sensata - racconta Antonino Guglielmino, del centro Hera di Catania, 800 cicli l' anno in una regione in cui l' 87% dei cicli è in mano ai privati - è valutare la funzionalità delle ovaie e la riserva ovarica, perché ci sono donne che a 43 anni possono provarci e donne di 37 che non ha senso sottoporre a terapia. Non è logico il limite dei 50 anni posto dal Veneto, crea false aspettative. Utile invece quello che fa l' Aifa, che lega il rimborso dei farmaci per la stimolazione allo stato ormonale delle donne e non all' età: chi ha l' Fsh sopra 30 non avrà rimborso perché tentare una gravidanza è insensato. Il messaggio per le coppie è pensarci prima». E invece l' età delle donne che si avvicinano alla Pma è non solo alta ma in aumento: secondo l' ultima relazione del ministero della Salute è salita da 35,9 a 36,2. Altro discorso è quello legato al numero di tentativi concesso ad una coppia. Quando ci si deve fermare? E chi lo decide? «Lo decide il medico - chiarisce Francesco Fusi, che guida il Centro di fisiopatologia della riproduzione degli Ospedali Riuniti di Bergamo - anche se non è sempre facile dirlo alle coppie. Del resto continuare a oltranza non ha senso, soprattutto quando i parametri medici indicano chiaramente che le percentuali di gravidanza sono nulle». Questo non toglie, però, che coppie dissuase in un centro possano mettersi in lista d' attesa da un' altra parte, o affidarsi ai privati. Con un limite puramente economico. «Ci credo fino ad un certo punto- conclude Guglielmino - in Australia sono concessi gratis sei tentativi ma la maggior parte delle donne si ferma a 3,3. Perché non regge lo stress psicologico legato alle pratiche».

DAL NOSTRO INVIATO ELVIRA NASELLI STOCCOLMA

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