Corriere della Sera - 4 ottobre 2010
Robert Edwards è stato pioniere di una tecnica che dal 1978, con l'arrivo della prima bambina in provetta, ha portato alla nascita di 4 milioni di persone nel mondo
MILANO - È Robert Geoffrey Edwards, "padre" della fecondazione in provetta, il vincitore del premio Nobel per la medicina. Il biologo ed embriologo inglese 85enne ha battuto a sorpresa quelli che erano considerati i favoriti: il giapponese Shinya Yamanaka, che ha ottenuto cellule staminali utilizzando del normale tessuto epidermico, i canadesi Ernest McCulloch e James Till, che negli anni Settanta identificarono le staminali, e il "guru" inglese della clonazione John Gurdon.
PIONIERE - Nella motivazione del riconoscimento viene ricordato che Edwards è stato pioniere di una tecnica che ha avuto fortissime ricadute nella società e che a partire dal 1978, anno di arrivo della prima bambina in provetta, Louise Brown, ha portato alla nascita di quattro milioni di persone nel mondo. Edwards ha ricevuto 10 milioni di corone svedesi, corrispondenti a 1,5 milioni di dollari. Insieme al chirurgo e ginecologo inglese Patrick Steptoe, morto nel 1988, ha sviluppato negli anni '60-'70 la tecnica IVF (in vitro fertilisation), che ha reso possibile la fecondazione degli ovuli in vitro, per poi essere reimpiantati nell’utero. «Le sue scoperte hanno reso possibile il trattamento della sterilità che colpisce un’ampia porzione dell’umanità e più del 10% delle coppie nel mondo» spiega il comunicato del Karolinska Institutet di Stoccolma. «È una notizia fantastica. Io e mia madre siamo davvero felici che a uno dei pionieri della riproduzione in vitro sia stato assegnato il riconoscimento che merita» ha detto Louise Brown, oggi 32enne e mamma di un bambino.
LA VITA - Oggi professore emerito all'università di Cambridge, Edwards è nato a Manchester nel 1925. Dopo aver combattuto nella Seconda guerra mondiale, ha studiato biologia prima negli Stati Uniti e poi in Scozia, dedicandosi agli studi di embriologia. Dal 1958 è ricercatore dell'Istituto nazionale per la ricerca medica di Londra, dove comincia le ricerche su processo di fecondazione. Nel 1968 riesce a ottenere la fertilizzazione di un ovulo umano in laboratorio. Dal 1963 prosegue il suo lavoro a Cambridge, prima all'università e poi nella clinica Bourn Hall. Qui, con Streptoe, ha fondato il primo centro al mondo per la fecondazione assistita, che ha poi diretto per molti anni. Una fama crescente porta Edwards a entrare, nel 2007, nella prestigiosa lista pubblicata dal Daily Telegraph dei cento più importanti geni viventi.
LA TECNICA - La svolta nelle ricerche del biologo è arrivata con l'inizio della collaborazione con Streptoe. Mentre Edwards affina le tecniche di fertilizzazione dell'embrione in laboratorio, l'illustre ginecologo usa la laparoscopia per ricavare ovociti da pazienti con infertilità dovuta alle tube. I loro esperimenti incontrano numerose critiche e opposizioni di tipo etico, ma la nascita di Louise Brown nell'Oldham General Hospital segna la storia della medicina, dando una nuova speranza a milioni di coppie infertili. La tecnica Fivet (fertilizzazione in vitro con embryo transfer) ha un principio relativamente semplice: si tratta di fecondare in vitro un ovulo estratto dalle tube della paziente con uno spermatozoo sano, per poi reimpiantare l'embrione così ottenuto nell'utero della donna entro 72 ore. Le possibilità di gravidanza sono pari al 18% dei cicli ovulatori femminili: tre quarti di queste gravidanze arrivano al parto. In Italia la procreazione medicalmente assistita è regolata dalla legge 40.
POLEMICHE - Recentemente si sono riaccese le polemiche sul fatto che negli anni '70 il Medical Research Council (Mrc) britannico decise di non finanziare la ricerca che portò alla nascita della "bimba del miracolo". In un recente studio pubblicato su Human Reproduction, i ricercatori dell'università di Cambridge hanno analizzato le ragioni del no ai finanziamenti pubblici per gli studi di Edwards e Steptoe nel 1971. Un lavoro sovvenzionato da finanziatori privati che, il 25 luglio 1978, portò appunto alla nascita della prima bimba in provetta. Ebbene, dall'analisi dei documenti dell'epoca, sono emersi una serie di "errori tattici" dei due ricercatori a caccia di finanziamenti. Ma anche il fatto che, per gli specialisti consultati dal Mrc prima di prendere una decisione in materia, fosse più importante limitare la crescita della popolazione britannica piuttosto che curare l'infertilità. Anche negli anni successivi Edwards ha dovuto spesso difendere la tecnica da lui messa a punto da attacchi e polemiche.
STAMINALI - Ma oltre a quella per la fecondazione in provetta, il neo Nobel ha partecipato anche ad altre battaglie importanti, come quella sulle cellule staminali. I dubbi e le polemiche non hanno mai fermato il suo lavoro. Intervenendo nel 2001 sulle pagine di una delle più prestigiose riviste scientifiche internazionali, Nature, Edwards ha sostenuto che la ricerca sulle cellule staminali va incoraggiata perché promette di riservare in futuro possibilità «sorprendenti» in molti campi della medicina. «Penso - aveva detto in occasione di una visita in Italia - che sia molto importante conoscere tutte le enormi potenzialità offerte dalle cellule staminali. Purtroppo molte persone non le capiscono e fra queste ci sono anche molti politici». Oltre che agli aspetti tecnici della fecondazione artificiale, Edwards è stato anche molto attento alle sue applicazioni e alle leggi che la regolano in ogni Paese. Per questo nel 2005 ha firmato il documento in cui la comunità scientifica internazionale esprimeva il suo giudizio negativo sulla legge italiana e che aveva come primo firmatario uno dei pionieri della fecondazione assistita in Italia, Carlo Flamigni.
«VITTORIA CONTRO PREGIUDIZI» - Per il ginecologo Severino Antinori, presidente dell'Associazione mondiale della medicina riproduttiva, il Nobel a Edwards è «una grande ingiustizia perché lo meritava 30 anni fa. In ogni caso è una vittoria contro tutti i pregiudizi etici e morali». Carlo Flamigni si congratula con il «padre scientifico di 4 milioni di bambini. A lui dobbiamo gratitudine per le intuizioni brillanti non solo di ordine biologico, ma anche genetico ed etico». Secondo Flamigni dopo le prime fasi di avvio delle tecniche che portarono alla nascita di Louise Brown, ora il percorso sembra rallentato: «Ogni anno aumentano le gravidanze nelle varie fasce di età dell'1%, tranne che fra le donne dopo i 40 anni, proprio quelle che hanno maggiori problemi. È su queste che bisogna concentrare gli sforzi».
«GRAVI INTERROGATIVI MORALI» - Diversa l'opinione di Roberto Colombo, docente della'università Cattolica di Milano e membro della Pontificia Accademia per la Vita e del Comitato nazionale di bioetica, che pur riconoscendo «l'importante scoperta scientifica» di Edwards, ricorda «che la fecondazione in vitro suscita gravi interrogativi morali quanto al rispetto della vita umana nascente e alla dignità della procreazione umana». «Non tutto ciò che è scientificamente brillante, clinicamente possibile e giuridicamente consentito è, per ciò stesso, esente da questioni etiche, familiari e sociali - aggiunge Colombo -. Mentre molti, in queste ore mettono in luce i successi delle tecniche di procreazione medicalmente assistita sviluppate a partire dal lavoro di Edwards, la loro diffusione in ogni parte del mondo e il gran numero di bambini nati attraverso di esse, senza nulla togliere al merito scientifico e clinico della scoperta premiata con il Nobel, non si può tuttavia dimenticare il numero ancor più grande di vite umane individuali, allo stadio di sviluppo embrionale, che sono state interrotte dalle condizioni sperimentali della loro coltura in vitro, dalla selezione operata su di esse, e dal mancato impianto in utero. Il primato della tutela e promozione della vita e della dignità della persona umana non sono commisurabili - conclude - con un progresso scientifico o tecnologico, anche di altissimo profilo».
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