Repubblica - 26 giugno 2010
Parla la prima donna che ha fatto la diagnosi preimpianto in Toscana
Dopo la sentenza della corte Costituzionale la tecnica non è più vietata
Una malattia del metabolismo che non lascia scampo ai figli maschi: muoiono entro un mese dalla nascita. Maria (il nome è inventato) ha scoperto di averla nel 2008, quando il suo primo bambino è vissuto solo pochi giorni. Da allora ha cercato una soluzione per diventare mamma, ha parlato con professionisti, spulciato internet per trovare strutture dove poter fare la diagnosi preimpianto. In Italia non c´erano: la pratica allora era vietata dalla legge 40 sulla procreazione assistita. Quel testo è stato scardinato nell´aprile del 2009 dalla corte Costituzionale proprio nella parte in cui vietava indagini sugli embrioni. «E ora grazie ad una struttura fiorentina ho una nuova speranza: sono incinta alla undicesima settimana. Aspetto una bimba sana». Maria si è rivolta al centro Demetra, convenzionato con il servizio pubblico, ed oggi è la prima donna ad aver concepito un figlio dopo aver fatto in Toscana il trattamento che evidenzia gli embrioni non malati.
Proprio dal centro Demetra, assistito dall´avvocato Gianni Baldini, era partito uno dei ricorsi che hanno spinto la Corte Costituzionale ad esprimersi sul tema della diagnosi preimpianto, rendendola possibile quando i genitori sono portatori di una grave patologia ereditaria e infertili. Il caso era quello di una coppia milanese che si era rivolta alla struttura fiorentina per chiarire se gli embrioni prodotti con le tecniche di fecondazione assistita fossero portatori della stessa grave malattia della madre. Venne fatto un primo ricorso al giudice civile di Firenze, che nel 2007 dette ragione alla coppia. Due anni dopo si è espressa la Suprema corte. Fino ad oggi, però, nessuna donna era rimasta incinta dopo la diagnosi in Toscana, o meglio a Demetra, l´unica struttura della nostra regione in grado di fare il trattamento.
Ci è riuscita Maria. «Sono felice - racconta - Ho scoperto il centro attraverso internet, lo ho contattato circa un mese e mezzo prima che fosse resa nota la sentenza della corte Costituzionale». La donna ha 31 anni e lavora come avvocato. Vive in Puglia. Oltre alla malattia del metabolismo, lei e il marito dopo aver fatto una bimba sana e dopo la morte del secondo figlio, hanno avuto problemi di fertilità. «Il 5 febbraio scorso sono stata visitata dalla dottoressa Livi. Ho fatto tutti gli esami, poi la stimolazione. Non è un cammino semplice, anzi dal punto di vista fisico è stato piuttosto pesante. Ma per un figlio queste cose si sopportano. E poi io volevo una bambina sana. Sono stata accolta in maniera stupenda, come una di famiglia». Ad analizzare le cellule degli embrioni, per scoprire se erano portatori della stessa malattia della madre, è stato il laboratorio Genoma di Roma. A dirigerlo è Francesco Fiorentino: «Voglio sottolineare che a differenza con altri centri con cui collaboriamo, quello fiorentino è convenzionato, cioè le coppie non pagano. Altrove il costo è anche di 7.500 euro. Finalmente possiamo fare la diagnosi sull´embrione. Non capisco chi è contrario: questa pratica è sempre meglio di un successivo aborto».
Il direttore sanitario di Demetra, Claudia Livi, chiarisce un punto: «Ad oggi la diagnosi preimpianto può essere richiesta solo dalle coppie che hanno problemi di infertilità, perché l´accesso alle tecniche di procreazione assistita è consentito solo a chi è sterile. Questo ce lo dice la legge ma le ultime sentenze, come quella pronunciata di recente a Salerno, dicono anche che la diagnosi preimpianto è indicata anche per coppie che non hanno problemi di fertilità ma di malattie genetiche ereditarie». Ma perché è un centro privato, anche se convenzionato, e non pubblico a fornire un servizio del genere in Toscana? «Noi siamo una équipe molto interessata alle nuove sfide, a tutto quello che ci fa crescere professionalmente ed è positivo per le pazienti. Siamo interessati e disponibili a imparare. Le nostre biologhe hanno imparato a fare il prelievo delle cellule degli embrioni e abbiamo potuto mettere a disposizione delle donne questa tecnica».
MICHELE BOCCI
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