Corriere della Sera - 29 giugno 2010
Il 78 per cento delle coppie rinuncia alle cure contro la sterilità: troppo costose e pesanti
ROMA – Costano cari i figli in provetta. Non solo sul piano economico ma soprattutto psicologico. Ecco perché il 78% delle coppie infertili non arrivano ai trattamenti di procreazione medicalmente assistista e il 50% di coloro che intraprendono le cure le interrompono ancor prima di verificarne l’esito. È uno dei dati più interessanti emersi dalla più vasta indagine mondiale finalizzata alla comprensione dei meccanismi che condizionano o impediscono la ricerca di un aiuto medico. Allo studio hanno partecipato 10 mila coppie con problemi di concepimento provenienti da 18 Paesi, tra cui l’Italia. «Sono risultati che impongono una seria riflessione da parte dei responsabili delle cliniche. Evidentemente abbiamo sbagliato qualcosa e occorre una rivoluzione anche nel nostro modo di accogliere queste persone e affrontare i loro problemi. C’è bisogno di umanizzazione. Forse siamo diventati troppo biotecnologici anche noi», commenta e fa autocritica Nino Guglielmino, responsabile del centro Hera di Catania.
LA RICERCA - La ricerca dal titolo «Starting Families» è stata presentata al congresso annuale della European Society of Human Reproduction and Embriology (Eshre) dall’azienda MerkSerono che l’ha realizzata con la collaborazione delle università di Cardiff e il sostegno di associazioni di consumatori. Guglielmino focalizza l’analisi sul fenomeno dell’accesso difficile alle terapie. Il 56% degli aspiranti genitori che non arrivano ai centri lo fanno anche dopo aver preso contatto con i medici. È indicativo il fatto che una buona parte di quelli che, superando gli ostacoli, cominciano un trattamento antisterilità, abbandonano il percorso anche quando l’assistenza viene rimborsata. È il caso dell’Australia dove 6 cicli di iperstimolazione ovarica e i successivi tentativi di fecondazione con le tecniche (Icsi e Fivet) sono a carico dello Stato. Eppure il 65% delle coppie si ritirano dopo il terzo ciclo. «Se vogliamo andare incontro ai pazienti – insiste Guglielmino – dobbiamo correggere il tiro. Innanzitutto occorrono aiuti economici. In secondo luogo bisogna ripensare i protocolli medici preferendo quelli meno aggressivi, chiamati mild, con farmaci per l’ipersimolazione, le gonadotropine, a bassi dosaggi e il trasferimento di un solo embrione. Sul piano delle gravidanze l’efficacia a un anno è uguale a quella dei protocolli tradizionali e le coppie ne traggono benefici psicologici. Meno stress per le donne». La ricerca Starting Families ha messo in luce alcune caratteristiche dell’Italia. Le coppie, assieme ai tedeschi, hanno il grado più basso di capacità di confidare i problemi di concepimento e sono meno propense a cercare soluzioni mediche. Donne e uomini italiani sono inoltre i meno consapevoli di cosa sia un trattamento antisterilità. Tra i dati raccolti nello studio MerkSerono i costi delle cure. Una fertilizzazione in provetta si aggira attorno ai 12.500 dollari per ciclo negli Usa mentre è di 3.900 dollari in Giappone. Dunque in questi Paesi un bambino costa mediamente 41.000 e 24.mila dollari. Gli Stati che prevedono forme di rimborso registrano la più bassa percentuale di gravidanze multiple e, di conseguenza, un minor ricorso a terapie costose associate a nascite premature e bambini sotto peso.
Margherita De Bac
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