Viene ribadito il divieto legale di distruggere più di 3.000 organismi
ROMA - No alla super banca per gli embrioni orfani. No alla loro distruzione. Sì invece alla possibilità di darli in adozione a genitori sterili. Sono alcune delle conclusioni della commissione nominata un anno fa dal ministro della Salute Ferruccio Fazio per dare indicazioni su come gestire i frutti del concepimento in sovrannumero congelati nei centri di fecondazione assistita. Il documento è stato inviato al ministro dal coordinatore dei lavori, Francesco D' Agostino. Si propone tra l' altro di modificare il decreto del 2004, firmato dall' ex ministro Girolamo Sirchia che istituì un' apposita struttura all' ospedale Maggiore di Milano dove le cliniche avrebbero dovuto inviare quegli embrioni abbandonati dai legittimi proprietari con dichiarazione scritta (circa 3600 secondo il censimento dell' Istituto Superiore di Sanità oltre ai 3 mila in attesa di essere utilizzati con le tecniche della provetta). Non solo. Il costo della crioconservazione non potrà essere addebitato alle coppie. E non si potrà parlare di embrioni orfani perché «l' eventuale rinuncia espressa o tacita al trasferimento in utero essendo sempre revocabile non consente di qualificarli in stato di abbandono definitivo». Viene ribadito il fermo divieto legale di distruggerli. Due infatti secondo gli esperti sono le condizioni in cui la crioconservazione può essere interrotta: quando si deve procedere all' impianto nell' utero della madre e di una donna disposta ad accoglierlo e quando sia possibile accertarne scientificamente la morte naturale o la definitiva perdita di vitalità. Ed è in questo contesto che la commissione traccia la strada dell' adozione (già condivisa nel 2007 dal Comitato nazionale di bioetica, presieduto anche allora da D' Agostino). non prevista dalla legge sulla procreazione medicalmente assistita. Così si potrebbero «risolvere molti problemi bioetici che nascono dal congelamento». Il testo è passato con due note di dissenso aggiunte da Carlo Alberto Redi e dal giurista Amedeo Santosuosso. Per quanto riguarda i tempi di conservazione, solo quando si potrà stabilire, grazie al progresso, con criteri scientifici la morte o la perdita di vitalità degli embrioni, si potrà «escludere una conservazione sine die. Si auspica pertanto un forte investimento nella ricerca», scrivono gli esperti.
Margherita De Bac
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