Il sole 24 ore - 02/04/2010
Il divieto assoluto di fecondazione eterologa in vitro non è compatibile con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. A dirlo, per la prima volta, è stata la Corte di Strasburgo che, in una sentenza depositata ieri nella causa S.H e altri contro Austria (n. 57813/00), destinata a produrre effetti anche in altri casi analoghi, ha riconosciuto che l`impossibilità totale di ricorrere alla fecondazione eterologa infrange il diritto alla vita familiare e il divieto di discriminazione. Alla Corte europea si erano rivolte due coppie con problemi di fertilità risolvibili solo ricorrendo alla fecondazione in vitro con donazione esterna di ovuli o sperma.
La legge austriaca, al pari di quella italiana (n. 40/2004), vieta la fecondazione eterologa. La stessa Corte costituzionale austriaca, investita della vicenda, aveva ritenuto il divieto compatibile con la Convenzione europea. Una conclusione del tutto ribaltata a Strasburgo che non solo ha condannato l`Austria, ma ha stabilito principi applicabili in casi analoghi, facendo pendere l`ago della bilancia a favore del diritto delle coppie ad avere un figlio. Prima di tutto, la Corte europea ha spazzato via ogni dubbio sull`applicabilità dell`articolo 8 della Convenzione, che riconosce il diritto al rispetto alla vita privata e familiare, ai casi di fecondazione assistita. Per i giudici internazionali, infatti, l`articolo 8 include anche il diritto di rispettare la volontà di un individuo a diventare genitore genetico e quindi di ricorrere alla fecondazione.
La Corte riconosce che gli Stati hanno un margine di discrezionalità in questa materia ma, nell`adozione della normativa interna, sono tenuti a rispettare la Convenzione europea come interpretata da Strasburgo. Nel settore della fecondazione medicalmente assistita - osservano i giudici - manca un approccio unitario degli Stati del Consiglio d`Europa, con la conseguenza che il margine di intervento delle autorità nazionali è ancora più ampio: in alcuni Stati ci sono divieti assoluti, in altri sono proibite alcune tecniche, mentre in altri ancora c`è ampia libertà. Una situazione a macchia di leopardo dovuta proprio a questioni etiche, alla base delle scelte dei diversi ordinamenti, che però non possono condurre a un trattamento discriminatorio tra coppie che hanno bisogno di ricorrere a tecniche di fecondazione.
È vero che gli Stati non hanno alcun obbligo di adottare una legislazione che permetta la fecondazione assistita, ma una volta che questa è consentita devono essere vietati trattamenti discriminatori. In pratica, per la Corte, persone che si trovano in una stessa situazione di infertilità non possono essere trattate diversamente solo in ragione della diversa tecnica di fecondazione utilizzata. Non giustificato, quindi, il divieto della fecondazione eterologa se è ammessa quella omologa. Sono proprio i divieti assoluti a non convincere Strasburgo: le stesse considerazioni di carattere morale richiamate a giustificazione del divieto dal Governo in causa «non sono in sé una giustificazione sufficiente per un totale divieto su una specifica tecnica di fecondazione come la donazione degli ovuli». Bocciate anche altre giustificazioni fondate sul rischio di utilizzo di tecniche selettive di riproduzione.
Le autorità nazionali, per evitare questo pericolo, possono avvalersi di misure proporzionali rispetto all`obiettivo conseguito come, per esempio, prevedere l`utilizzo di medici con particolare esperienza e legati al rispetto di rigorose regole deontologiche. Questo vuol dire che gli abusi potenziali, che possono verificarsi e che vanno combattuti, non sono una ragione sufficiente «a proibire una specifica tecnica di procreazione in modo assoluto» anche perché è possibile utilizzare misure di salvaguardia proporzionali, raggiungendo lo stesso obiettivo. Come vietare ogni forma di remunerazione per i donatori. Per quanto riguarda poi l`esigenza di salvaguardare la certezza nelle relazioni familiari, la Corte parte dalla constatazione che ormai i rapporti familiari inusuali, non fondati su un diretto legame biologico, fanno parte degli ordinamenti di diversi Stati: facile, quindi, far rientrare i rapporti derivanti dalla fecondazione eterologa nel diritto di famiglia.
Marina Castellaneta
Tribunale Bologna:"Eterologa è diritto"
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