domenica 1 novembre 2009

Fecondazione assistita, pochi centri si adeguano a sentenza Corte Costituzionale

Nel maggio scorso la Corte Costituzionale ha parzialmente bocciato la legge che regola la procreazione assistita in Italia.
È stato, infatti, dichiarato incostituzionale l’obbligo a impiantare tre embrioni contemporaneamente: la legge obbliga ad impiantare tutti gli embrioni ottenuti con la fecondazione assistita, fino ad un massimo di tre, e ne vieta la crio-conservazione (a meno che non risulti impossibile impiantarli tutti a causa di gravi rischi per la salute della donna; in tal caso è obbligatorio procedere all’impianto non appena lo stato di salute della donna dovesse permetterlo).
Secondo la Corte, queste disposizioni violano un principio costituzionale fondamentale, sancito dall’articolo 3 della Costituzione, quello della donna ad avere pari diritti rispetto all’embrione.
È la prima volta, da quando la legge 40 è stata approvata e applicata, che il diritto alla salute della donna viene sottolineato e trova pari dignità alla stregua dei diritti dell’embrione.
Queste importanti modifiche permetterebbero al medico di decidere se impiantare i tre embrioni e quando farlo, crioconservandoli se necessario. Fin qui la teoria.
Se la Consulta cambia la legge, i centri che si occupano di fecondazione assistita dovrebbero adeguarsi.
Eppure una coppia che cerca di districarsi nel mare magnum dei centri che in Italia tengono conto di queste modifiche costituzionali può trovarsi in serie difficoltà. Nel corso di un recente convegno organizzato dall’Associazione Luca Coscioni, tra i promotori della richiesta di modifiche alla Corte Costituzionale, è emerso che l’Italia si colloca al primo posto della classifica dei Paesi dai quali si scappa per sottoporsi a interventi di fecondazione assistita (il 30% delle coppie si rivolge a centri in Spagna) e questo nonostante nel nostro Paese si registri un aumento costante del numero di coppie che scelgono di sottoporsi a Fivet con una percentuale di successo che varia tra il 22% e il 35% per ciclo.
Serpeggia la convinzione che la legge 40 allontani dall’Italia e dai centri nazionali le coppie che desiderano un bambino a causa di normative e vincoli che rendono sempre più difficile la fecondazione assistita sia per i medici che per le donne.
A rendere chiari i paradossi dell’applicazione della legge è il recente caso sollevato dall’ospedale Sant’Anna di Torino: già quattro donne che si erano sottoposte a fecondazione assistita hanno scelto di abortire uno dei tre embrioni che si erano impiantati.
La direzione dell’ospedale ricorda che da quando è entrata in vigore la legge 40 e il conseguente obbligo di impianto di tre embrioni contemporaneamente, sono aumentate esponenzialmente le gravidanze gemellari o trigemellari.
Una circostanza che ha aperto la strada a interventi di embrioriduzione per le donne che non se la sono sentita di portare avanti una gravidanza plurima.
Da un lato la legge 40, dall’altro la legge 194 che permette un’interruzione di gravidanza in caso di rischio clinico o psichiatrico per la madre.
Secondo la direttrice del Dipartimento di Ostetricia del Sant’Anna, Tullia Todros, non è sufficiente che la Consulta abbia modificato l’impianto della legge 40, ma è indispensabile che queste modifiche diventino al più presto linee-guida ufficiali e che al medico venga permesso, nel pieno rispetto legislativo, di decidere quanti embrioni impiantare.


paginemediche.it del 29 ottobre 2009

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