Dopo la perdita di 94 embrioni nel centro di crioconservazione del San Filippo Neri, alcune delle persone danneggiate affermano di voler tentare di nuovo la fecondazione assistita. Intanto i vertici della struttura cercano di fare chiarezza
"Siamo desiderose di continuare, nonostante quanto accaduto. Riproveremo ad avere figli allo stesso modo". Non si danno per vinte alcune delle coppie danneggiate dalla vicenda del guasto al centro di procreazione assistita dell'ospedale San Filippo Neri, che ha causato la distruzione di 94 embrioni. Le reazioni non sono state tutte uguali, dunque, anche se la rabbia monta e non pochi potenziali genitori, specie quelli che non possono avere un'altra opportunità, sono pronti a richiedere i danni attraverso le vie legali.
Il direttore tecnico del centro, Francesco Timpano, fa sapere che sono state informate tutte e 34 le coppie coinvolte nella vicenda e che sono in corso i colloqui per raccogliere anche le impressioni dei pazienti. Incontri che riguardano anche le altre sei coppie che hanno congelato i 130 ovociti andati anch'essi persi insieme a sei campioni di liquido seminale.
"Nel nostro centro - spiega Timpano - abbiamo donne che arrivano anche a 42 anni di età ed è comprensibile il loro stato emotivo. Gli embrioni congelati sono biologicamente un entità costituita, nata dalla fusione di gameti femminili e maschili. L'embrione - continua il dirigente - è una potenziale vita, ma sono necessarie delle condizioni ben specifiche affinché una volta impiantati nell'utero, possano sopravvivere. La percentuale arriva al 23%".
Dal San FIlippo Neri, in ogni caso, fanno sapere che ancora non è arrivata la relazione tecnica da parte della
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