Quattro ginecologi ai domicialiari, tra cui uno del policlinico di Bari. Diagnosticavano gravi malattie inesistenti alle aspiranti mamme per caricare sul servizio sanitario nazionale i costi dei medicinali e ofrrire prezzi vantaggiosi per la fecondazione assistita. Indagati altri tre medici e due pazienti
Prescrivevano farmaci per curare tumori al seno o altre gravi malattie alle stesse donne che tre settimane dopo si sottoponevano a fecondazione assistita. Un'anomalia possibile solo nel piano messo a punto dalla 'cricca' dei ginecologi pugliesi accessibili a prezzi concorrenziali, in virtù del fatto che i costi dei medicinali sommistrati in clinica venivano addebitati al Servizio sanitario nazionale. Quattro ginecologi sono stati arrestati dai carabinieri del Nas con le accuse di truffa aggravata ai danni dello Stato e diverse ipotesi di falso materiale e ideologico. I professionisti, due donne e due uomini, sono in servizio presso i centri per la cura dell'infertilità San Luca di Bari Pro Andros di Barletta, perquisizioni anche nell'Amalthea di Lecce; uno di loro è anche in servizio presso il Policlinico di Bari: Franco Causio. Con lui, nei guai, anche Simona Geusa e Teresa Leonetti che con lui operavano nel centro di procreazione assistita San Luca e nella Pro Andros di Barletta. L'altro arrestato è Edoardo Di Naro. Altri tre ginecologi pugliesi e loro due pazienti risultano indagati.
I fatti contestati si riferiscono agli anni compresi tra il 2008 e il 2011, nel corso dei quali i medici, secondo la ricostruzione effettuata dai militari dell'Arma, avrebbero effettuato una serie di diagnosi evidentemente non corrette, con tanto di certificati medici e piani terapeutici, per spingere le pazienti ad effettuare cure tramite costosi farmaci, che alle cliniche venivano poi rimborsati dal Servizio sanitario nazionale.
E se le diagnosi e le conseguenti cure erano del tutto false, veri risultavano invece i rimborsi agli istituti privati, che ammonterebbero a circa 200.000 euro. E' questa la cifra che i quattro operatori sanitari avrebbero indebitamente ottenuto a danno dello Stato. Nel corso delle indagini sono stati effettuati capillari controlli sulle aspiranti mamme, che negli anni sono state curate nelle tre cliniche, e sulle patologie ad esse diagnosticate, che hanno fatto emergere l'esistenza di un sistema truffaldino a detta degli investigatori ben collaudato. L'inchiesta è stata coordinata dal sostituto procuratore Michele Dentamaro, mentre l'applicazione delle misure cautelari è stata disposta dal gip Michele Parisi.
L'inchiesta della Procura di Bari, delegata ai carabinieri del Nas, nasce da una segnalazione di un dirigente della Asl Bt che evidenziava alcune anomalie relative alla prescrizione di un farmaco a pazienti alle quali veniva diagnosticata una grave malattia (tumore alla mammella, endometriosi, fibromi uterini...). In virtù della presenza di queste gravi diagnosi il medicinale era a totale carico del Servizio Sanitario nazionale. Poi, però, alle stesse pazienti dopo tre settimane, veniva prescritto un altro farmaco che invece, serve nella seconda fase della fecondazione assistita. Di qui i sospetti denunciati dal dirigente sanitario della Asl della Bat: donne affette da gravi malattie mai avrebbero potuto assumere il secondo farmaco a meno che il primo non fosse stato utilizzato per un altro scopo terapeutico: quale, appunto, la prima fase della fecondazione assistita.
Quindi le diagnosi che davano diritto alla prescrizione gratuita del costoso farmaco potevano essere false. In realtà, secondo l'accusa, servivano solo per la fecondazione assistita, ma in quel caso il costo sarebbe dovuto essere a carico del paziente o del Centro al quale si rivolgeva per iniziare un percorso di Procreazione medica assistita (Pma). Lo stesso dirigente denunciava anche che le maggiori prescrizioni anomale veniva effettuate da una precisa Clinica ginecologica del Policlinico di Bari. Gli accertamenti dei militari del Nas, coordinati dalla Procura, sono così risaliti a un vero e proprio "modus operandi" che permetteva agli arrestati non solo di essere concorrenziali rispetto ad altre Centri di procreazione assistita perchè il costo dei farmaci era sostenuto dalla Sanità pubblica, ma anche di truffare sul costo dei medicinali che in alcune occasioni veniva addebitato in fattura alla paziente. Da primi accertamenti risulta che sarebbero stati truffati almeno 200mila euro al Ssn.
In modo particolare i medici-ginecologi che operavano, come ricercatori al Policlinico di Bari, rilasciavano falsi certificati di diagnosi di gravi malattie a donne che in realtà si rivolgevano a loro solo con la speranza di diventare mamme. Queste donne poi venivano indirizzate nei Centri di Pma privati e qui iniziavano le procedure assumendo i suddetti e costosi farmaci forniti dagli stessi Centri che riuscivano a procurarseli a carico della Sanità pubblica, ma che venivano calcolati direttamente o indirettamente nel "pacchetto terapeutico" (composto di quattro fasi) che le donne acquistavano.
CHIARA SPAGNOLO
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