Corriere della Sera - 03 novembre 2011
In Italia nei prossimi giorni la Corte Costituzionale dovrà rispondere alle coppie che hanno presentato ricorso
ROMA – Era una sentenza molto attesa, e temuta, dalle associazioni che in Italia si battono a favore dell’eterologa, come viene impropriamente definita la fecondazione ottenuta col ricorso a gameti (ovociti e spermatozoi) appartenenti a terze persone, dunque non alla coppia. La Corte europea di Strasburgo per i diritti dell’uomo ha di fatto dato ragione al governo austriaco che ha vietato questa tecnica. «Non c’è violazione dell’articolo 8 – diritto al rispetto della vita privata – della Convenzione dei diritti dell’uomo», hanno stabilito i giudici della Grande Camera ribadendo però il rispetto dell’autonomia dei singoli Stati e la necessità che le leggi si adeguino ai cambiamenti tecnologici e culturali.
RICORSO - La decisione costituisce un punto di riferimento non solo per l’Austria. Riguarda indirettamente tutti e 47 gli Stati comunitari. In Italia il dibattito sull’eterologa è caldissimo. La nostra legge sulla procreazione medicalmente assistita la proibisce. Ma diverse coppie hanno presentato ricorso di incostituzionalità. La Corte Costituzionale dovrà esprimersi nelle prossime settimane e sul giudizio non potrà non pesare la sentenza di Strasburgo. L’associazione Hera, una delle due che hanno partecipato al procedimento europeo, non abbassa però la guardia: «Se oggetto della Corte fosse stata la nostra legge 40 probabilmente l’esito sarebbe stato diverso perché vieta in assoluto la donazione di gameti a differenza dell’Austria che consente la donazione di spermatozoi», osserva il ginecologo Nino Guglielmino.
LA LEGGE ITALIANA - Per il sottosegretario al ministero della Salute Eugenia Roccella la sentenza è al contrario «l’ennesima conferma di saggezza e lungimiranza della legge italiana. Il governo italiano si è voluto affiancare all’Austria nel ricorso per ribadire l’autonomia dei singoli Stati . La fecondazione eterologa dove viene praticata ha aperto gravi questioni». L’intervento della Grande Camera era stato chiesto da due coppie austriache alle quali è stato negato l’impiego di ovociti donati. Dopo essersi rivolti ai giudici del loro Paese con un ricorso di incostituzionalità, attraverso i loro legali hanno bussato alla porta della Grande Camera che si è riunita in udienza il 23 febbraio scorso. All’iniziativa si sono unite l’associazione Hera di Catania e Sos infertilità di Milano, col collegio di difesa composto dall’avvocato Maria Paola Costantini del Foro di Firenze e da Marilisa D’Amico, Milano.
IDENTITA' GENITORIALE - Già il 1 aprile la Corte aveva dichiarato la violazione degli articoli 8 e 14 della Convenzione europea da parte della legge austriaca (rispetto della vita familiare e privata e principio di non discriminazione). Ma la sentenza è rimasta inapplicata in seguito al ricorso in appello al quale hanno partecipato anche il governo italiano e quello tedesco. Ieri il cambiamento di rotta. Filomena Gallo, segretario dell’associazione Luca Coscioni è molto critica: «Una decisione lesiva della libertà di ogni individuo di costituirsi un nucleo familiare. Dov’è il rispetto del dovere genitoriale?» L’Associazione Scienza & Vita sottolinea la «prevalenza di un principio fondamentale del diritto, la certezza dell’identità genitoriale». Le coppie italiane che non possono utilizzare gameti propri cercano l’eterologa nei centri stranieri acquistando ovociti e spermatozoi di cosiddetti donatori. In realtà in questa pratica non c’è nulla di volontaristico, non ci sono buoni samaritani.
Margherita De Bac
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