Sarebbe consentita invece a chi ha patologie infettive. Le disposizioni sono nel provvedimento inviato al Consiglio Superiore di sanità, il cui parere è obbligatorio
MILANO- I portatori di malattie genetiche non potranno fare ricorso alla fecondazione assistita. Le nuove linee guida del Ministero della Salute sulla legge 40, arrivate sul tavolo del Consiglio Superiore di Sanità che deve esprimere il parere obbligatorio, infatti non lo prevedono nonostante le sentenze dei tribunali di Salerno, Bologna e Firenze.
CONCESSO A CHI HA L'HIV - L'uso delle tecniche è concesso a chi è infertile ma anche a chi è fertile se portatore di malattie infettive come Hiv, Hbv e Hcv. Non si citano le malattie genetiche nonostante alcune sentenze abbiano riconosciuto questo diritto ad alcune coppie fertili che rischiavano di avere figli con grave malattie come la talassemia e la fibrosi cistica. L'atto aggiorna quello del 2008 firmato da ministro della Salute di allora Livia Turco.
LA LEGGE NON CAMBIA - Le linee guida non possono modificare una legge: il sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella spiega che il provvedimento che il governo uscente ha appena inviato al Consiglio Superiore di Sanità per il parere obbligatorio non contiene le modifiche introdotte per alcune coppie con sentenze in tribunale proprio perchè ogni modifica alla legge deve avvenire con un'altra legge. «Sono sentenze amministrative che riguardano singole coppie» spiega Roccella riferendosi alle decisioni nei tribunali che hanno consentito a coppie portatrici di malattie genetiche di utilizzare le tecniche di fecondazione assistita anche si si trattava di coppie che non soffrivano di sterilità. «Questo Governo - ha spiegato Roccella - ha difeso una legge giusta e saggia, che si è dimostrata buona ed efficace anche negli anni rispetto a quanto avviene negli altri paesi».
NESSUN TRASFERIMENTO PER GLI EMBRIONI- Fra le altre novità delle linee guida, ha spiegato il sottosegretario, c'è la norma che riguarda gli embrioni abbandonati, per i quali non è più previsto il trasferimento nella biobanca di Milano che costò 700 mila euro e che non è mai stata utilizzata. «Abbiamo verificato troppi problemi legati e tecnici. Il trasferimento al centro di Milano, che comunque potrà essere utilizzato per altri fini, non può avvenire per la responsabilità giuridica sugli embrioni che resta in capo ai centri dove sono stati lasciati».
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